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CATTALINICH Francesco

Zara 04.10.1891 / Trieste 03.04.1976

1924. Canottaggio. MEDAGLIA DI BRONZO otto con

Nato[1] in territorio allora appartenente all’Impero Austro-Ungarico, poi passato all’Italia a seguito della Prima Guerra Mondiale. Gli istriani dopo il conflitto sono italiani a tutti gli effetti. La famiglia è originaria di Traù, cittadina sulla costa dalmata dove già a metà ‘800 i Katalinic, come allora si chiamano, costruiscono imbarcazioni per la pesca in un cantiere di loro proprietà. Con l’aggravarsi delle problematiche etniche nella zona, poco prima del 1900 la famiglia decide di trasferire armi e bagagli, cantiere compreso, a Zara, per essere più vicina a quell’Italia che tanto li attira. Francesco non ha un fisico possente, ma neppure da peso minimo: per l’epoca, basta ed avanza (1.76m x 73kg). Inizia a vogare sulla scia del fratello maggiore Simeone ed ovviamente si tessera per la “Diadora”, la squadra più popolare di Zara e di forte matrice irredentista: non a caso prende il nome dall’antica dizione latina della città. Francesco si mette in luce già al limite dei 18 anni: è difatti a bordo della “jole a 4” juniores della Diadora che vince a Trieste il 12 settembre 1909. Nel capoluogo giuliano si impone anche nella gara dell’otto, assieme al fratello maggiore. Dopo un’annata interlocutoria, Francesco si rivede nel 1911 a Como tra il 7 e 9 settembre: nella “jole a otto” per juniores la Diadora vince la regata che assegna il titolo nazionale ma il successo è annullato perchè nell’equipaggio sono presenti vogatori seniores[2]. Gli zaratini si consolano col successo nella prova internazionale della “jole a quattro” juniores dove Francesco brilla per continuità d’azione. Le problematiche geo-politiche dell’area giuliano-dalmata si inaspriscono ed è sempre più difficile per la Diadora gareggiare in Italia dove gli zaratini non ottengono più risultati di spicco. Lo scoppio della Prima Guerra Mondiale fa il resto: l’attività si blocca. Se ne riparla solo nel 1919 quando, finalmente, Zara è diventata italiana. Francesco ha ritrovato la forma vincente ed è sulla “jole a 4” che il 17 agosto 1919 vince il campionato giuliano a Pola: con lui anche il fratello Antonio[3].

L’anno seguente il clou è rappresentato dai tricolori di Como, nelle acque antistanti Villa Geno. Il 31 luglio la Diadora, con i tre fratelli Cattalinich, vince la gara della “jole a 8” juniores. Il giorno seguente si disputa la finale dell’“otto con”, con i tre fratelli di nuovo in gara. Alla Diadora si rompe un remo, continuano ma finiscono lontani. Vince la Lario che, poichè la gara serve come selezione olimpica, si guadagna il pass per Anversa. Ma, sorretta anche dall’opinione pubblica, la Diadora chiede di ripetere la prova oppure di svolgere uno scontro diretto con la Lario che viene sollecitata in proposito anche dalla Federazione. La Lario rifiuta, tra polemiche vivaci anche sui giornali. Alla fine la Federazione, salomonicamente, esclude tutti e non manda nessuno ai Giochi. La Diadora, con Francesco, si “vendica”, aggiudicandosi il 21 settembre ad Ancona “4con” ed “otto”. Nel 1921 per Francesco altri successi. Dapprima, a Zara il 17 luglio, il campionato giuliano nella “jole a quattro” e “jole a otto”. Quindi il titolo italiano della “jole a otto” a Pallanza il 21 agosto, sempre con Simeone e Francesco a bordo. Ormai gli zaratini sono ben noti e temuti a livello nazionale, pure un po’ invidiati, ed affrontano i tricolori del 1922 a Napoli da favoriti. Non deludono: il 19 agosto trionfano nella “jole a otto” ed il giorno seguente vincono nell’otto davanti ai piacentini della “Nino Bixio”. I tre fratelli sono sempre insieme e vi rimangono anche a Barcellona dove il 10 settembre è in palio il titolo europeo: la Diadora-Italia coglie un bell’argento, superata per 3” dalla Francia dopo una veemente partenza che aveva fatto ben sperare. Nel 1923 la storia si ripete: il 15 agosto l’otto della Diadora, con i tre Cattalinich, vince il campionato giuliano che è solo l’inizio di un fenomenale trittico. Il 26 agosto a Como la Diadora si conferma la migliore nei tricolori dell’otto ed il 2 settembre, nelle stesse acque, arriva anche il titolo europeo, resistendo per un soffio alla rimonta svizzera: con Francesco a bordo anche Simeone ma non Antonio, indisposto. Nel 1924, annata olimpica, la Diadora, sotto la guida del prof. Miller che per vari motivi (anche burocratici in relazione al suo lavoro a scuola) è costretto a non salire in barca, si prepara scrupolosamente per i Giochi. Francesco, con gli altri due fratelli, è a bordo dell’otto, battezzato “Per finire?”, che vince l’apposita selezione olimpica, disputata il 22 giugno a Sesto Calende, sulle acque del Lago Maggiore. La Diadora prevale nettamente, precedendo di 9” gli storici rivali della “Nino Bixio”, garantendosi così il diritto di rappresentare l’Italia ai Giochi. Per i Cattalinch si tratta di un’impresa storica: mai difatti altri tre fratelli hanno difeso contemporaneamente ed insieme i colori azzurri in una stessa edizione dei Giochi.

Le gare olimpiche si disputano sulla Senna ad Argenteuil, nel tratto di fiume immortalato dai celebri quadri degli Impressionisti, a nord-ovest di Parigi. Alla prova dell’“otto” prendono parte 10 nazioni. Con i Cattalinich anche Crivelli, Ivanov, Sorich, Toniatti, Gliubich ed il timoniere Galasso. Grande prova degli azzurri nella batteria, che in realtà è una semifinale, il 15 luglio: nettamente primi, col tempo di 6’06” e sei secondi di margine, davanti ad Australia e Spagna. Gli aussie non perdevano una gara da 4 anni! Tutto questo fa ben sperare per la finale, disputata il 17 luglio. In effetti, a parte gli stratosferici USA (tra i quali c’è pure Babe Rockefeller, rampollo della celebre dinastia di miliardari), la lotta per le piazze d’onore è accesa ed incerta. Il Canada guadagna l’argento ma il bronzo, a poca distanza, è azzurro davanti ad un armo importante come quello della Gran Bretagna. Grande prova dei nostri, con una condotta di gara giudiziosa e che, senza un’embardé che ha provocato un forte rallentamento a metà gara, avrebbe potuto essere anche migliore. Inoltre la medaglia è piena di significato anche “politico”, essendo l’otto costituito prevalentemente da elementi zaratini. Una bella prestazione che corona gli sforzi e la passione dell’intero movimento canottiero istriano, con grande soddisfazione anche in chiave propagandistica. Con le regate olimpiche termina in pratica il grande ciclo dei vogatori zaratini. I fratelli Cattalinich sono difatti costretti a rientrare velocemente a casa perchè un violento nubifragio estivo ha distrutto i capannoni del cantiere navale di famiglia e dunque bisogna impegnarsi a riparare i danni. La Diadora dunque non può più competere ad alti livelli nè ai tricolori nè soprattutto agli Europei di Zurigo dei primi di agosto. Data inoltre l’età di molti canottieri, alcuni ben oltre i 30 anni, il meglio era già stato fornito ed il bronzo olimpico rappresenta dunque l’acme della carriera non solo di Francesco ma in genere di tutta la Diadora. I fratelli chiudono dunque l’attività agonistica ma proseguono quella di costruzione barche. Subiscono però le problematiche geo-politiche connesse al loro territorio: nel 1929 italianizzano il loro cognome in Cattalini e dopo l’8 settembre 1943, Francesco fugge da quelle terre per rifugiarsi a Trieste. Si ricongiungerà ai fratelli solo dopo la guerra. La famiglia Cattalinich rappresenta un punto fermo nella storia non solo del nostro canottaggio ma del nostro sport in generale, anche se oggi pochi se ne ricordano.


[1] Nato come Franko Katalinic

[2] In quel tempo la Diadora, pur proveniente da territori dell’Impero Austro-Ungarico, e dunque stranieri, è ammessa a partecipare ai campionati italiani in quanto affiliata al Reale Rowing Club Italiano

[3] Gli altri componenti dell’equipaggio sono Miller, A. Toniatti ed il timoniere Galasso