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CATTALINICH Antonio

Zara 11.02.1895 / Milano 31.10.1981

1924. Canottaggio. MEDAGLIA DI BRONZO otto con

Nato[1] in territorio allora appartenente all’Impero Austro-Ungarico, poi passato all’Italia a seguito della Prima Guerra Mondiale. Gli istriani dopo il conflitto sono italiani a tutti gli effetti. La famiglia è originaria di Traù, cittadina sulla costa dalmata dove già a metà ‘800 i Katalinic, come allora si chiamano, costruiscono imbarcazioni per la pesca in un cantiere di loro proprietà. Con l’aggravarsi delle problematiche etniche nella zona, poco prima del 1900 la famiglia decide di trasferire armi e bagagli, cantiere compreso, a Zara, per essere più vicina a quell’Italia che tanto li attira. Antonio è il minore di tre fratelli il cui capostipite, Simeone, inizia a vogare già a 17 anni: evidente che gli altri lo seguono volentieri, tesserandosi per la “Diadora”, la compagine più popolare della città[2], di forte matrice irredentista, e che prende il nome dall’antica dizione latina di Zara. Complice la Prima Guerra Mondiale, che consegna Istria e parte della Dalmazia all’Italia, il primo risultato significativo di Antonio è il successo nella “jole a 4” ottenuto nelle regate di Pola del 17 agosto 1919 che vale il campionato giuliano: con lui anche il fratello Francesco[3]. L’anno seguente il clou è rappresentato dai tricolori di Como, nelle acque antistanti Villa Geno. Il 31 luglio la Diadora, con i tre fratelli Cattalinich, vince la gara della “jole a 8” juniores. Il giorno seguente si disputa la finale dell’“otto con”, con i tre fratelli di nuovo in gara. Alla Diadora si rompe un remo, continuano ma finiscono lontani. Vince la Lario che, poichè la gara serve come selezione olimpica, si guadagna il pass per Anversa. Ma, sorretta anche dall’opinione pubblica, la Diadora chiede di ripetere la prova oppure di svolgere uno scontro diretto con la Lario che viene sollecitata in proposito anche dalla Federazione. La Lario rifiuta, tra polemiche vivaci anche sui giornali. Alla fine la Federazione, salomonicamente e stanca della diatriba, esclude tutti e non manda nessuno ai Giochi.

La Diadora, con Antonio, si “vendica”, aggiudicandosi il 21 settembre ad Ancona “4con” ed “otto”. Nel 1921 per Antonio altri successi. Dapprima, a Zara il 17 luglio, il campionato giuliano nella “jole a quattro” e “jole a otto”. Quindi il titolo italiano della “jole a otto” a Pallanza il 21 agosto, sempre con Simeone e Francesco a bordo. Ormai gli zaratini sono ben noti e temuti a livello nazionale, pure un po’ invidiati, ed affrontano i tricolori del 1922 a Napoli da favoriti. Non deludono: il 19 agosto trionfano nella “jole a otto” ed il giorno seguente vincono nell’otto davanti ai piacentini della “Nino Bixio”. I tre fratelli sono sempre insieme e vi rimangono anche a Barcellona dove il 10 settembre è in palio il titolo europeo: la Diadora-Italia coglie un bell’argento, superata per 3” dalla Francia dopo una veemente partenza che aveva fatto ben sperare. Nel 1923 la storia si ripete: il 15 agosto l’otto della Diadora, con i tre Catalinich, vince il campionato giuliano. Ma Antonio ha un’improvvisa indisposizione, non è al meglio e deve rinunciare sia ai tricolori di Como del 26 agosto ed agli europei del 2 settembre, disputati di nuovo nelle acque lariane[4]: peccato perchè la Diadora comunque trionfa in entrambe le occasioni. Nel 1924, annata olimpica, la Diadora, sotto la guida del prof. Miller[5] che per vari motivi (anche burocratici in relazione al suo lavoro a scuola) è costretto a non salire in barca, si prepara scrupolosamente per i Giochi. Antonio ritrova il suo posto ed è a bordo dell’otto che, battezzato “Per finire?”, vince l’apposita selezione olimpica, disputata il 22 giugno a Sesto Calende, sulle acque del Lago Maggiore. La Diadora prevale nettamente, precedendo di 9” gli storici rivali della “Nino Bixio”, garantendosi così il diritto di rappresentare l’Italia ai Giochi. Per i Cattalinch si tratta di un’impresa storica: mai difatti altri tre fratelli hanno difeso contemporaneamente ed insieme i colori azzurri in una stessa edizione dei Giochi. Le gare olimpiche si disputano sulla Senna ad Argenteuil, nel tratto di fiume immortalato dai celebri quadri degli Impressionisti, a nord-ovest di Parigi.

Alla prova dell’“otto” prendono parte 10 nazioni. Con i tre Cattalinich anche Crivelli, Ivanov, Sorich, Toniatti, Gliubich ed il timoniere Galasso. Grande prova degli azzurri nella batteria, che in realtà è una semifinale, il 15 luglio: nettamente primi, col tempo di 6’06” e sei secondi di margine, davanti ad Australia e Spagna. Gli aussie non perdevano una gara da 4 anni! Tutto questo fa ben sperare per la finale, disputata il 17 luglio. In effetti, a parte gli stratosferici USA (tra i quali c’è pure Babe Rockefeller, rampollo della celebre dinastia di miliardari), la lotta per le piazze d’onore è accesa ed incerta. Il Canada guadagna l’argento ma il bronzo, a poca distanza, è azzurro davanti ad un armo importante come quello della Gran Bretagna. Grande prova dei nostri, con una condotta di gara giudiziosa e che, senza un’embardé che ha provocato un forte rallentamento a metà gara, avrebbe potuto essere anche migliore. Inoltre la medaglia è piena di significato anche “politico”, essendo l’otto costituito prevalentemente da elementi zaratini. Una bella prestazione che corona gli sforzi e la passione dell’intero movimento canottiero istriano, con grande soddisfazione anche in chiave propagandistica. Con le regate olimpiche termina in pratica il grande ciclo dei vogatori zaratini. I fratelli Cattalinich sono difatti costretti a rientrare velocemente a casa perchè un violento nubifragio estivo ha distrutto i capannoni del cantiere navale di famiglia e dunque bisogna impegnarsi a riparare i danni.

La Diadora dunque non può più competere ad alti livelli nè ai tricolori nè soprattutto agli Europei di Zurigo dei primi di agosto. Data inoltre l’età di molti canottieri, alcuni ben oltre i 30 anni, il meglio è già stato fornito ed il bronzo olimpico rappresenta dunque l’acme della carriera non solo di Antonio ma in genere di tutta la Diadora. I fratelli chiudono l’attività agonistica, ma proseguono quella di costruzione barche. Subiscono però le problematiche geo-politiche connesse al loro territorio: nel 1929 italianizzano il loro cognome in Cattalini e dopo l’8 settembre 1943, quando in molti fuggono da quelle terre, Antonio rimane al suo posto. Si rifiuta di arruolarsi nell’esercito titino e viene incarcerato a Lepoglava per tre lunghi anni. Liberato solo nel 1946, riesce a scampare alle rappresaglie contro gli italiani ed alle foibe: arriva a Milano e poi si ricongiunge ai fratelli. La famiglia Cattalinich rappresenta un punto fermo nella storia non solo del nostro canottaggio ma del nostro sport in generale, anche se oggi pochi se ne ricordano.


[1] Nato come Ante Katalinic

[2] La Diadora è stata fondata il 30 agosto 1898

[3] Gli altri componenti sono Miller, A. Toniatti ed il timoniere Galasso

[4] Il suo posto è preso da Giuseppe Crivelli

[5] Luigi Miller, guida e mentore dei canottieri zaratini. Capovoga esperto, ottiene importanti successi con la Diadora: tre titoli tricolori nella “jole a otto” (1920-1921-1922) e due nell’otto (1922-1923) ma anche un oro (Como 1923) ed un argento (Barcellona 1922) europei. Trasferitosi a Venezia, negli anni ’50 sarà DS e dirigente della Bucintoro. Il 30 marzo 1962 rifonderà la Diadora al Lido di Venezia e ne sarà presidente. Rappresenta una delle figure più importanti sotto il profilo tecnico ed organizzativo nella storia del canottaggio italiano