CARNIEL Dante
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Trieste 1890 / Trieste 1958
1924. Scherma. 4° Fioretto a Squadre
La sua attività schermistica su buoni livelli inizia solo dopo la Prima Guerra Mondiale, nella scia dei fratelli Nino e Lodovico. I tre gareggiano solo e sempre col fioretto. Proprio Lodovico, detto Icio, è il primo ad ottenere buoni risultati visto che nel dicembre 1920 vince il torneo di fioretto organizzato a Milano dal Veloce Club. L’anno seguente invece Lodovico è secondo nei tricolori di fioretto, battuto da Puliti. In questi due anni, 1920 e 1921, Dante si limita alla partecipazione ad alcune accademie organizzate a Trieste. I fratelli hanno appreso l’arte schermistica nell’ambiente della “Società Ginnastica Triestina”, sotto la guida dei maestri Vittorio Tagliapietra e Guido Gianese. Dante, alla fine, appare il più dotato dei tre anche se è Lodovico a vincere nell’aprile del 1922 il torneo di Abbazia dove lo stesso Dante chiude al terzo posto. Il 2 giugno Dante si rivela definitivamente, aggiudicandosi con maestria il torneo di Pallanza, ricevendo ottimi commenti dai tecnici. Ai tricolori di Cremona, conclusi il 18 giugno, chiude al quarto posto (vince l’esperto padrone di casa Belloni). Il 15 settembre Carniel è terzo nel torneo di Bellagio, superato da due vecchi marpioni come Bertinetti ed Allocchio. Quindi i due fratelli Carniel, un po’ avventatamente, si recano a Parigi, per confrontarsi coi più forti transalpini: perdono, senza demeritare, contro due mostri sacri come Gaudin e Ducret; frequentano numerose sale; acquisiscono esperienze importanti. Dante brilla “per la fulminea rapidità delle risposte”. Vengono tuttavia criticati per osannare troppo gli spocchiosi transalpini e dedicarsi con troppo fervore alla “scuola francese”. Dante ne paga le conseguenze nei tricolori di Bologna che si disputano nella palestra della “Virtus” il 7-8 giugno. Carniel difatti è accolto col dente avvelenato, gli avversari si coalizzano contro di lui: preso di mira dalle giurie, si ritiene danneggiato e polemizza. Si deconcentra, innervosito ed amareggiato, non riesce a tirare al meglio: viene eliminato in semifinale mentre il torneo è dominato dal grande Puliti. I tecnici più avveduti e meno partigiani lo rincuorano e lo rassicurano: è un ottimo schermidore, ma deve disciplinarsi. Vi riesce nel 1924 quando l’obiettivo di tutti è rappresentato dai Giochi di Parigi. A fine febbraio, nella prima selezione olimpica, disputata alla Scuola delle Farnesina di Roma, nel suo girone è battuto solo da Boni ed entra a vele spiegate nella lista dei 30 “probabili azzurri”. Si conferma nella seconda prova, a Bologna il 16 e 17 aprile. Tutto però si decide il 28 maggio, nelle sale della gloriosa “Società del Giardino” a Milano dove si tiene la selezione decisiva. Carniel, finalmente più tranquillo e determinato, chiude ottimo terzo, superato solo dall’imbattibile Puliti e dall’emergente Pessina. La maglia azzurra è sua, come confermato dal CT Flauto, anche se solo nella gara a squadre visto che nell’ulteriore girone per la composizione della spedizione è battuto da molti avversari, precludendosi l’accesso alla prova individuale. Il 5 giugno si difende nel torneo che si svolge a Cremona, nel Palazzo Affaitati: chiude quinto, ancora superato da diversi schermidori, primo fra tutti il vincitore Puliti. La scelta dunque di schierarlo solo nella prova a squadre sembra oculata.
Le gare olimpiche di scherma si svolgono al Vel d’Hiv, il famoso Velodromo d’Inverno della capitale francese, teatro di numerose competizioni ciclistiche di primo piano. Carniel gareggia nel fioretto a squadre cui prendono parte 12 nazioni. Esentati dal primo turno, i nostri scendono in pedana il 28 giugno nei quarti di finale ed è spettacolo: nella loro poule battono 16-0 l’Ungheria, 12-4 la Svizzera e 13-3 l’Austria. Carniel gareggia contro l’Ungheria, vincendo i suoi 4 incontri. Torna quindi in pedana il giorno seguente per la semifinale, quando gli azzurri se la devono vedere con Belgio e Danimarca. Ma poiché la Danimarca è sconfitta sia dai nostri che dal Belgio, l’incontro tra quest’ultimo e gli azzurri non viene disputato in quanto entrano in finale le prime due compagini. Carniel è nel quartetto che supera i danesi 12-4, con uno score personale di 3-1: perde solo con Osiier, nettamente, 5-1 ma vince con Munck (5-2), Sjoqvist (5-4) e Berthelsen (5-3). Quindi il 30 giugno è finale, ma Carniel è in panchina e non disputa incontri. L’ultimo turno è un girone a quattro, con Francia, Ungheria e lo stesso Belgio. La medaglia sembra praticamente scontata anche se la Francia fa paura. In effetti incontriamo subito proprio i transalpini e sono scintille. I nostri perdono diversi incontri e si va sull’1-3 quanto tocca a Boni contro Gaudin: i due arrivano sul 4-4 e succede il patatrac. Il giudice ungherese Kovacs attribuisce la stoccata decisiva a Gaudin. Boni non ci sta, inveisce e protesta, offende il giudice che chiede la traduzione delle sue parole a Italo Santelli, CT degli ungheresi. Segue la protesta ufficiale del giudice che chiede scuse immediate. Nasce un parapiglia, l’intera squadra italiana brontola ed urla a squarciagola, Boni si rifiuta di porgere le scuse, ben spalleggiato da tutti i nostri, dirigenti compresi. Alla fine, dopo un breve conciliabolo, gli azzurri decidono di abbandonare clamorosamente e lasciano lo stadio, cantando “Giovinezza”. Non possono che essere classificati che quarti. L’oro va alla Francia, probabilmente superiore tecnicamente ai nostri, argento per il Belgio, bronzo all’Ungheria. Abbiamo buttato al vento una medaglia, per orgoglio e spirito patriottico. Inoltre, per protesta, nessuno dei nostri disputa il torneo individuale di fioretto. La questione però ha pesanti strascichi. Santelli viene pesantemente accusato dalla stampa italiana ed il giornalista Cotronei è particolarmente attivo in questo senso al punto che tra i due si arriva alla sfida a duello. Italo, come consente il codice cavalleresco, si fa sostituire dal figlio Giorgio. Cotronei non può certo arretrare, ne va dell’onore non solo suo ma dell’Italia intera. La sede del duello è alquanto insolita: Abbazia, in Istria. La sfida dura ben poco, Giorgio è troppo più forte: Cotronei viene ferito al volto e tutto finisce lì. Rimane però una figura non proprio adamantina dei nostri: qualcuno ipotizza che abbiano preferito l’onore alla sconfitta sul campo. Carniel s’è trovato invischiato in una querelle che di sportivo ha ben poco, chiaro esempio di ingerenza politico nello sport e nei Giochi Olimpici in particolare. Ha comunque tirato bene quando è stato chiamato in causa e non ha niente da rimproverarsi.
Prosegue a gareggiare, rimanendo spesso con i migliori. Il 24 maggio 1925 è 3° nella “Coppa Belloni” a Cremona, sopravanzato da Terlizzi e Chiavacci il quale è l’unico a superarlo due giorni dopo nel prestigioso torneo internazionale disputato nella stessa sede. Con la sciabola non è altrettanto abile ed il 29 maggio, ancora a Cremona, chiude al nono posto il torneo vinto da De Vecchi. Buona annata il 1926: l’11 aprile vince il campionato giuliano di fioretto. Ai primi di giugno è a Cremona dove si disputa il “Trofeo del Littorio”: termina 7° nel fioretto dominato dal rampante Gaudini. Risultato simile il 27 giugno nell’Europeo di fioretto dominato da Chiavacci: Carniel chiude ottavo. Si riscatta nei tricolori di fioretto che si tengono a Venezia, nel teatro “La Fenice”, il 16 luglio: Carniel vince alla grande, superando pure Gaudini. Si rivede ai primi di dicembre a Roma, nel Campionato riservato agli ufficiali della MVSN: nel fioretto è secondo, battuto solo dal grande Puliti. Nel 1927 si mantiene ad alti livelli, ma gareggiando esclusivamente col fioretto. Il 10 febbraio vince il torneo di Vienna e finisce 4° a Praga il 13 marzo, nel torneo vinto da Pignotti. Il 3 luglio termina nono il torneo di Cremona vinto da Puliti. Nella stessa sede il 6 luglio è nella squadra italiana che vince il torneo di fioretto, con squillanti vittorie ai danni di Germania (16-0), Austria (10-6) ed Ungheria (12-4). Con lui Gaudini, Pessina e Pignotti. Il 17 agosto chiude quarto il tricolore di fioretto a Como, superato nell’ordine da Pignotti, Guaragna e Marzi. E quarto arriva anche dieci giorni dopo agli Europei di Vichy vinti da Puliti. Nel 1928, proprio in vista dei Giochi, inizia a perdere colpi. Il 26 febbraio partecipa alla preolimpica di fioretto a Firenze dove si affrontano due squadre “miste”: 2-4 il suo score tutt’altro che sensazionale. Il 3 giugno a Bologna chiude al settimo posto i tricolori di fioretto: la strada per Amsterdam è sempre più in salita. A dir la verità è anche sfortunato: un guaio muscolare lo blocca nell’ultima e decisiva preolimpica, il 22 giugno a Cremona. Viene comunque selezionato, ma è relegato al ruolo di riserva: ai Giochi non gareggia e forse avrebbe meritato di essere in pedana. Si rivede a dicembre, nella “Coppa Mussolini” a Roma, riservata agli ufficiali della Milizia: pur senza vincere, si disimpegna bene nelle tre armi. Chiude difatti terzo nel fioretto e nella sciabola mentre finisce settimo nella spada. Nel 1929 ottiene risultati altalenanti negli Europei di Napoli, a metà aprile: vince il fioretto a squadre, pur essendo in campo solo nel match con l’Ungheria (vinto 16-0), ma termina solo ottavo nel torneo individuale (primo Puliti). Rimane comunque tra i nostri migliori fiorettisti: il 25 aprile nel casinò di Merano supera 10-5 l’austriaco Eltinger ed il 20 maggio chiude al secondo posto i tricolori di Abbazia, superato solo da Guaragna. Pur non ottenendo risultati eclatanti, viene inserito nella lista (larga) dei “probabili olimpici” per i Giochi di Los Angeles, ma vi sono troppi schermidori a lui superiori. Dunque alla fine non entra tra gli azzurri ed in pratica la sua carriera ad alti livelli termina qui.