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CAPPELLI Giulio

La Spezia 04.03.1911 / Marina di Massa (MS) 16.12.1995

1936. Calcio. MEDAGLIA D’ORO

cappelli grande

Mancino naturale, viene schierato all’ala sinistra sin da ragazzino nella squadra della sua città natale, La Spezia, in Serie B. Vi rimane sino al 1933, totalizzando 109 presenze e 29 gol. Passa quindi al Livorno con cui esordisce nella massima serie: nel 1933-34 gioca 30 volte e segna due gol, ottenendo un buon ottavo posto. L’anno seguente, complice qualche infortunio, consegue una decina di presenze, con una rete: gli amaranto però retrocedono. Cappelli passa al Viareggio, ancora in Serie B, giocando un buon Campionato, realizzando 7 gol in 33 presenze. Lì lo scopre il CT Pozzo che, non senza difficoltà, sta allestendo la squadra per i Giochi dove devono essere scelti calciatori “dilettanti” (sulla carta perché i compensi vengono fatti passare per “rimborsi-spese”) e che non sono mai stati in Nazionale. Pozzo attinge a piene mani dagli Universitari tra i quali appunto figura pure Cappelli, titolare nella prima partita di preparazione, disputata a Venezia il 21 maggio 1936 contro l’Ungheria “dilettanti”. Sotto pioggia e vento, vinciamo 2-0 e la compagine, che gioca in maglia nera anziché azzurra, sembra già a buon punto. Cappelli, buon attaccante, figura così tra i convocati per il tradizionale ritiro collegiale preolimpico, tenuto a Merano dall’8 luglio. Pozzo, coadiuvato da Angelo Mattea, assembla col solito impeto gagliardo una squadra cui dà la sua impronta ferrea e determinata. Gli azzurri (o i neri...) segnano caterve di gol ad alcune squadre minori che fungono da sparring partner: 18-1 al Bolzano, 7-1 allo Spezia e 9-1 al “fascio italiano” di Berlino, raggiunta in treno con partenza da Verona il 27 luglio. I nostri sembrano pronti anche se molti, stampa compresa, appaiono piuttosto scettici alla vigilia. Il torneo olimpico di calcio si gioca interamente a Berlino, nei vari stadi della città. Al via 16 nazioni, con eliminazione diretta. L’Italia esordisce alle 17.30 del 3 agosto contro gli Stati Uniti, al “Poststadion”, situato nel sobborgo di Moabit, nella parte nord-occidentale della capitale tedesca. Arbitro il tedesco Weingartner, spettatori 9mila. La partita sembra scontata, ma gli azzurri la affrontano con poca determinazione e gli americani non sono poi così sprovveduti come si pensava. Così il primo tempo termina 0-0. La sfuriata di Pozzo negli spogliatoi sembra avere effetto ed i nostri tornano in campo grintosi e dinamici, ma al 53°, a seguito di un brutto fallo proprio di Piccini si genera un parapiglia generale. L’arbitro, un po’ a caso, espelle Rava che in questo modo stabilisce un record poco esemplare: è difatti il primo azzurro mai espulso in una gara internazionale. Sembra un brutto colpo per gli azzurri, ma passano appena due minuti e segna Frossi. Gli americani tentano inutilmente di realizzare il pareggio, i nostri controllano ed alla fine, soffrendo un po’ troppo, vinciamo 1-0. Mai visto Pozzo infuriato coi suoi giocatori come nei giorni che seguono quel primo match.

La strigliata però funziona. Il 7 agosto, al “Mommenstadion” di Grunewald (periferia occidentale di Berlino), affrontiamo il Giappone che a sorpresa ha eliminato i quotati svedesi (3-2). Di fronte ad 8mila spettatori e con arbitro proprio uno svedese, Olsson, stavolta non la prendiamo sottogamba e strapazziamo i nipponici 8-0. Biagi ne segna quattro (32°, 57°, 81° e 82°), Frossi tre (14°, 75° e 80°) mentre chiude il conto proprio Cappelli (89°) che poi si infortuna malamente ad un ginocchio causa l’inutile e proditorio fallo di un avversario. La botta è talmente forte che il torneo di Cappelli termina qui: difatti non giocherà più in Nazionale. Entriamo dunque nei quarti a vele spiegate. Il 10 agosto tocca alla Norvegia ed il gioco si fa duro: gli scandinavi difatti hanno portato in pratica la lora Nazionale maggiore. Si gioca all’Olympiastadion di fronte a ben 95mila spettatori, arbitra l’ungherese Hertzka. Cominciamo bene ed al 15° Negro ci porta in vantaggio. Il primo tempo si chiude 1-0, ma i norvegesi sono tosti e pareggiano con Brustad al 58°. Il risultato non cambia, si va ai supplementari ed al 96° decide tutto Frossi che si sta rivelando il nostro goleador. La difese regge l’assalto finale scandinavo e ci guadagniamo il passaggio del turno. Siamo già andati al di là di ogni aspettativa, ma Pozzo tiene sulla corda i nostri, cerca di gasarli psicologicamente, di non farli mollare. A sdrammatizzare l’attesa ci pensa niente meno che Jesse Owens, l’eroe afroamericano di quei Giochi con 4 medaglie d’oro (100, 200, 4x100 e lungo), il quale al Villaggio Olimpico è diventato amico degli azzurri con cui passa le serate a suonare la chitarra, cantare e ballare. La vigilia passa così senza troppo stress ed il 15 agosto i nostri sono pronti a giocarsi l’oro con la temibile Austria. Si rigioca ovviamente all’Olympiastadion, arbitra il tedesco Bauwens di fronte a 85mila spettatori. Incontro equilibrato e teso, non si sblocca: il primo tempo finisce 0-0. Ci pensa, guarda caso, ancora Frossi che al 70° porta in vantaggio l’Italia. Qualcuno pensa che sia fatta, ma l’Austria è forte, si riversa in attacco e pareggia dieci minuti dopo con Kainberger. Si va, di nuovo, ai supplementari. Pozzo rincuora i nostri da par suo, li stimola per l’ultima volta all’impresa: il morale è alto, nessuno trema, la “squadra” non molla. Si torna in campo col piglio vincente e dopo due minuti segna, ovviamente, Frossi. Poi è tempo solo di resistere e la difesa non tradisce. Il risultato non cambia: Italia-Austria 2-1, medaglia d’oro! Il bronzo va alla Norvegia che supera 3-2 la Polonia nella “finalina”. Il sogno s’è realizzato: una squadra di universitari, molti dei quali non avranno carriere eccezionali, ha vinto i Giochi. Il momento è talmente storico che...non si ripeterà più. Cappelli è stato sfortunato: partito titolare, ha dimostrato buone qualità e segnato pure un gol, ma l’infortunio gli ha fatto perdere il clou del torneo. Gli rimane comunque la medaglia d’oro al collo, e non è poco per un reduce dal Campionato di Serie B. L’esperienza, infortunio a parte, giova alla sua carriera: viene difatti ingaggiato dalla Lucchese con cui gioca due tornei di Serie A, come riserva, nei quali disputa sei gare sia nel 1936-37 (quando i rossoneri finiscono settimi) che l’anno seguente (14° posto). La sua carriera ai massimi livelli termina praticamente qui: nel 1938-39 gioca in Serie B con lo Spezia (peraltro retrocesso), quindi vivacchia due stagioni al Liguria (con una sola presenza!) per concludere l’attività agonistica in Serie C alla Massese nel 1942-43. Nel dopoguerra Cappelli tenta senza molta fortuna la strada dell’allenatore. Arriva comunque in Serie A: dal 1948 al 1950 è Direttore Tecnico dell’Inter, l’anno seguente al Genoa. Ma poi naviga tra serie B e C, in squadre di secondo piano (Como, Alessandria, Chieti). In sostanza una carriera non esaltante in cui rifulge esclusivamente la gemma olimpica.