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CAFFARATTI Ettore

Abbadia Alpina di Pinerolo (TO) 12.05.1886 / Milano 09.01.1969

1920. Equitazione. MEDAGLIA D’ARGENTO Concorso Completo a Squadre (c. Cacciandra e Spighi), MEDAGLIA DI BRONZO Concorso Completo Individuale, MEDAGLIA DI BRONZO Concorso ad Ostacoli a Squadre (c. Alvisi e Cacciandra) 

Intraprende prestissimo la carriera sotto le armi, al Collegio Militare di Roma, entrando in contatto con i grandi cavalieri Bolla ed Ubertalli che lo prendono in simpatia, impartendogli le prime lezioni e trattandolo amorevolmente, “come la chioccia con il pulcino” dirà qualcuno, intuendone subito le grandi potenzialità. Caffaratti comunque ci mette del suo: entra all’Accademia di Modena e ne esce nel 1906 col grado di sottotenente. Viene inviato al 19° Reggimento Cavalleggeri Guide. Passa poi alla scuola di Pinerolo, dove ritrova Bolla. Caffaratti assume i dettami della scuola e li fa propri, con intelligenza e caparbietà: capisce, meglio di altri, che lo scopo ultimo del cavaliere è la ricerca dell’equilibro col cavallo e del senso dell’armonia. Lo stesso Bolla, primattore riconosciuto, lo vuole con sè nella squadra che nel 1908 partecipa a Londra al grande concorso internazionale, antesignano della Coppa delle Nazioni. I nostri danno spettacolo, cogliendo diverse vittorie anche se Caffaratti è un po’ il “cucciolo” della compagnia e non brilla particolarmente. L’esperienza però gli è utilissima, anche per intessere rapporti interpersonali ad alto livello, tra feste e ricevimenti con nobili, ambasciatori, fuochi artificiali, garden party. La Coppa londinese rappresenta uno spartiacque importante: la “scuola italiana” inizia difatti ad essere universalmente apprezzata ed i successi seguono a ripetizione. Caffaratti è in costante ascesa: nel 1909 brilla (e vince) ai concorsi di Roma, Genova, Sanremo, Brescia, Gardone. La ciliegina sulla torta è il successo nel Campionato del Cavallo d’Arme, con Ornella, sulla scia del quale torna a Londra anche se non è inserito nella squadra principale per la Coppa delle Nazioni. Il suo prorompente progresso è improvvisamente bloccato da una caduta che gli procura ferite piuttosto gravi e lo costringe all’inattività per molto tempo, in pratica per l’intero 1910.

Nel 1911 riprende alla grande l’attività e gli viene affidato l’incarico di istruttore alla mitica Scuola di Applicazione di Cavalleria[1] situata proprio nella sua città natale, Pinerolo. Vi rimane in pratica sino allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, continuando nel frattempo anche a disimpegnarsi nei vari concorsi ippici (in particolare a Vienna nel 1914), dove però i nomi che più ricorrono ai vertici sono quelli di Bolla ed Ubertalli, maestri assoluti. Caffaratti è un gradino sotto, pur facendo parte di un’èlite, di un mondo a sè stante che viene letteralmente travolto dal conflitto bellico. Caffaratti lascia la cavalleria e, dopo un breve passaggio nei Lancieri di Novara, viene trasferito nello staff al comando del 5° Reggimento Alpini che combatte le due famose battaglie delle Melette, sull’Altopiano di Asiago, nel giugno 1916 ed alla fine del 1917, distinguendosi in particolare sul Monte Fior. Promosso al rango di Maggiore e denotando ottime capacità di sciatore, attività intrapresa fin da ragazzo, nel febbraio 1918 Caffaratti è promosso a comandante del battaglione (composto da tre compagnie di alpini-sciatori) che combatte intorno al Monte Ortel. Si distingue con onore, meritandosi una Croce di Guerra al Valor Militare per quanto compiuto sul Monte Mantello, nei pressi di San Matteo. Terminato il conflitto, ancora incorporato negli alpini, viene selezionato per i “Giochi Interalleati” di Parigi, prima grande manifestazione polisportiva internazionale dopo sette anni e riservata ai soldati degli eserciti vincitori la guerra. Le autorità militari fanno le cose per bene, organizzando al meglio la spedizione, supervisionata da Cesare Tifi, vecchio marpione dello sport italiano e portando in Francia ben 120 atleti. Il 3 luglio, sul campo equestre di Meudon, montando Nabucco, Caffaratti è secondo nella gara a coppie, assieme al Maggiore Ubertalli (su Ernani), superato per soli due punti (236 a 234) da altri due cavalieri italiani, Alvisi-Antonelli, per un netto trionfo della nostra equitazione sugli spocchiosi francesi che comunque si impongono nel concorso a squadre davanti a USA ed Italia. Due giorni dopo, ancora su Nabucco, Caffaratti giunge 4° nella prova individuale di salto, con l’oro che va ad Ubertalli. Caffaratti partecipa quindi a vari concorsi internazionali, montando ancora Nabucco, nei quali si conferma tra i migliori, a Gand come ad Anversa, a Deauville come a Bruxelles.

Il 1920 è annata olimpica e la nostra equitazione si prepara conscia di rappresentare un’eccellenza. Il 27 giugno Cafferatti vince il concorso ad ostacoli di Genova, organizzato sul campo di Marassi, candidandosi ad un ruolo da protagonista ad Anversa dove il caposquadra è Ubertalli che lo conosce bene e gli dà piena fiducia. Caffaratti lo ripaga alla grande. Esordisce in quello che oggi è definito “concorso completo” anche se all’epoca è diverso dall’attuale e viene chiamato “evento dei tre giorni”. Sono previste difatti tre gare: una cavalcata di 50 km in campagna di cui 5 km con 20 ostacoli, un cross di 20 km da percorrere in un’ora con aggiunta di 4 km di steeple-chase ed infine un concorso ad ostacoli. Le tre prove si tengono rispettivamente a Merksem, all’Hoogboom Country Club a KaPellèn ed all’Olympisch Stadion di Anversa. Al via si presentano 25 cavalieri di 8 nazioni. La prima prova, i 50 km, si svolge il 6 settembre, con partenza alle 8 di mattina. In sei vengono classificati primi a pari merito e tra loro figurano due italiani, Cacciandra e Spighi i quali totalizzano 900 punti. Caffaratti, in leggera difficoltà sugli ostacoli col suo cavallo Caniche, chiude 13° a pari merito, ma con un distacco contenuto dalla vetta, 38 punti, e che pare ancora rimediabile. Più lontano Asinari, 18° con 765 punti. Due giorni dopo, l’8 settembre, tocca alla seconda prova, i 20 km. Vince lo svedese Von Braun che totalizza 630 punti, ma Caffaratti dimostra di che pasta è fatto: chiude ottimo terzo, con 600 punti, battuto anche dal belga Lints che ne totalizza 615. Male gli altri azzurri: 10° Spighi, 13° p.m. Asinari e addirittura ultimo Cacciandra che perde ogni possibilità di ben figurare. Dopo le due prove di campagna al comando si trova Lints con 1515 punti mentre Caffaratti è risalito in quinta posizione, con 1462,5, a soli 7,50 punti dal bronzo dello statunitense West e lo svedese Lundstrom. Si può sperare, ma serve una grande prestazione tra gli ostacoli dove emerge la scuola italiana. Il 10 settembre Cacciandra si toglie la platonica soddisfazione di battere tutti nettamente (453,75 punti), con un risultato fondamentale per la classifica a squadre, e Caffaratti ottiene un brillante terzo posto (271,25) alle spalle dello svedese Helmer (320). Spighi è settimo (207,5) mentre Asinari incappa in una giornata-no e non termina la gara. I conteggi per la classifica finale sono presto eseguiti: oro a Helmer (1775 punti), argento all’altro svedese Lundstrom (1738,75), bronzo a Caffaratti (1733,75) che per cinque miseri punti (lo 0,3% del totale!) vede sfumare una medaglia ancor più lucente. Bene anche Spighi (quinto con 1647,5) mentre Cacciandra (14° con 1353,75) ed Asinari (19° e penultimo con 1245) pagano le loro controprestazioni di una giornata.

Si fanno i conti anche per la classifica a squadre: la Svezia porta a casa un altro oro (5057,5) ma l’Italia guadagna un grande argento (4735) davanti al Belgio (4560,5). I punti vengono difatti assegnati tramite la semplice addizione dei primi tre di ogni nazione. Fatti i complimenti agli svedesi, che confermano il primato del 1912, anche i nostri comunque escono con molto onore da una competizione complicata, difficile, estenuante, tra le più particolari ed affascinanti dell’intero programma olimpico. Due giorni dopo, il 12 settembre, è la volta del concorso ad ostacoli a squadre, all’Olympisch Stadion. Gareggiano 20 cavalieri di 5 nazioni e per la classifica generale sono considerati i tre punteggi migliori di ogni compagine. I punti vengono assegnati per penalità perciò vince chi totalizza il quoziente più basso. Oltre a Caffaratti, su Traditore, nome fin troppo scaramantico per un cavallo, per l’Italia gareggiano Alvisi (Raggio di Sole), Cacciandra (Fortunello) ed Asinari di San Marzano (Varone). Caffaratti realizza un exploit: è difatti il migliore di tutti, accusando solo 1,5 punti di penalità. Ma di nuovo i migliori risultano gli svedesi che si portano a casa un altro oro e si confermano ad otto anni di distanza. Alvisi chiude con 6,25 punti, Cacciandra con 11 ed Asinari (che non entra nel computo e non prende la medaglia) con 33. Il totale dei nostri risulta dunque 18,75 contro il 16,25 del Belgio ed il 14 della Svezia. Un buon risultato, ma comunque non eccezionale, legato ad un Cacciandra al di sotto delle sue potenzialità. Caffaratti comunque esce da questa edizione con un bel bottino, un argento e due bronzi, a conferma della sua grande classe di cavaliere. Chiusa la splendida esperienza olimpica, Caffaratti continua la sua carriera militare alternandola ai concorsi: direttore dell’equitazione alla Scuola di Guerra di Torino, nel 1920 brilla più volte nei cross, con Cinque Maggio.

Nei primi anni Venti vince tre volte consecutive la “Coppa delle Nazioni” a Nizza dove nel 1921 è primo anche nel GP Montboron (montando Fenomeno) e negli anni seguenti primeggia anche in gare di potenza. Ottiene quindi diversi successi di rilievo: il 28 maggio 1922, in sella ad Ulivo, vince a Genova la “Coppa delle Nazioni” assieme ad Ubertalli (su Pompon) e Moriggi (su Vo). L’anno seguente è primo nella “Coppa delle Nazioni” a Bruxelles e Roma. Gli impegni militari lo distolgono dall’essere selezionato per i Giochi di Parigi, ma continua comunque saltuariamente a gareggiare. Dal 1929 al 1933 è Comandante della Scuola di Tor di Quinto, portando i nostri cavalieri ad eccellere più volte nella “Coppa delle Nazioni”. Nel 1936 coglie il suo ultimo successo in un concorso, a Verona, in sella a Tordino. Diventato quindi Generale, si stabilisce a Milano con la famiglia. Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale gli viene affidato il comando della Divisione Coloniale in Etiopia (o Abissinia come si diceva allora), nell’area di Galla e Sidama, nella parte più occidentale dei nostri possedimenti. Assalito dagli Inglesi da Nord, dalla parte del Sudan, cerca di resistere con le sue truppe ma non vi riesce. Nell’aprile del 1941 viene catturato e, dopo l’onore delle armi, trasferito in India dove rimane prigioniero sino alla fine del conflitto. Rientra poi a Milano dove si spegne a 82 anni. La sua figura di cavaliere si staglia come una delle migliori nella prima metà del XX secolo, un interprete molto attento del “sistema naturale”, sempre rispettoso dei grandi maestri (Caprilli per primo ma anche Bolla ed Ubertalli) dai quali ha saputo trarre il meglio, sviluppando sempre un perfetto binomio col cavallo.


[1] La prima scuola di equitazione nel Regno di Sardegna viene istituita da Carlo Felice nel 1823 a Venaria Reale. Nel 1849 viene trasferita a Pinerolo e forma la grande maggioranza degli ufficiali che combatteranno le guerre risorgimentali nell’esercito piemontese. Inizialmente vi si adottano metodi standardizzati, antiquati e talora obsoleti. Poco a poco ci si evolve fino a sviluppare idee innovative, all’avanguardia, finanche rivoluzionarie grazie agli stimoli di Federico Caprilli, vero fuoriclasse. Nella prima decade del Novecento la Scuola di Applicazione di Cavalleria, come intanto è chiamata, diventa un’eccellenza, un punto di riferimento a livello mondiale. Non vi si insegnano solo le materie militari, si fa molta equitazione di campagna, vi si imparano altri sport come la scherma e conoscenze fondamentali nel rapporto col cavallo come veterinaria e mascalcia. Da questa scuola, e dal “distaccamento” di Tor di Quinto dove si predilige l’equitazione di campagna, escono i migliori cavalieri italiani degli anni ’10 e ’20


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