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BUTTI Carlo

Milano 01.09.1891 / Milano 14.03.1971

1920. Atletica Leggera. Ritirato Decathlon

Fin da adolescente pratica atletica leggera, cimentandosi nelle più svariate discipline: difatti rimane certamente tra gli atleti più polivalenti dei primi due decenni del XX secolo. Inizialmente tesserato per la “Voluntas” di Milano, ottiene i primi risultati significativi già intorno ai 18 anni, nel salto in alto: nel 1909, dopo un bel secondo posto a Busto Arsizio, vince la gara di un importante meeting all’Arena di Milano dove si aggiudica anche lo “sfratto[1]” individuale. Rivince in questa specialità nel concorso ginnico di Genova del 1910, organizzato per festeggiare il cinquantenario dei Mille e sorta di tricolori per la Federazione Ginnastica, dove è secondo nel Pentathlon Reale, battuto dal bolognese Pedrelli. Piazza d’onore anche nel giavellotto mentre è quinto nell’alto. Poi a Valenza salta 1,68m nell’alto, ma continua a gareggiare anche nei lanci, con risultati brillanti: il 21 agosto all’Arena ottiene 52,83m col giavellotto e 47,60 con la palla vibrata, miglior misura a livello nazionale mai ottenuta. Nel concorso ginnico di Novi Ligure vince alto e lungo, è secondo nel lancio della pietra. Comincia a capire di poter ambire a grandi traguardi nelle prove multiple, che stanno per essere codificate a livello internazionale proprio in quel periodo. Nel 1911 passa alla “Pro Morivione” e si conferma poliedrico. Nella prima gara dell’annata, organizzata dalla “Voluntas” nella palestra di Corso Porta Romana a Milano il 19 febbraio, si aggiudica difatti diverse prove, realizzando prestazioni di grande livello: alto (1,75m[2]), lungo (6,50m), asta (3,10m), 100, 1000. Nel concorso ginnico di Torino, disputato nel nuovissimo “Stadium[3]”, vince la prova di lancio della palla vibrata mentre è terzo nel getto della pietra e nel Pentathlon dietro due assi come Gardini e Masprone.

Poi realizza il nuovo primato italiano del disco, con 38,43m. A fine stagione, il 1 ottobre, in un meeting all’Arena vince nel lungo con 6,15m e trionfa nei campionati sociali, confermando la sua poliedricità, in 100, 400hs e lancio palla vibrata. Non si ferma. Nel 1912 coltiva il sogno olimpico: Pentathlon e Decathlon sono stati appena codificati e c’è spazio per tutti. Intanto Butti firma un bel successo sui 400hs sulla pista dell’US Milanese e l’8 aprile migliora il record italiano del disco con 38,82m. Il 5 maggio vince alto e lungo a Verona. E’ in forma, ma la sfortuna ci mette lo zampino: una tendinite al piede destro lo costringe a disertare le selezioni olimpiche di Roma. Guarito, chiede a gran voce di ripetere le prove da solo, per verificare la sua forma, ma la FGNI (salti e lanci sono ancora sotto l’egida della Federazione Ginnastica) è irremovibile e non lo consente. Scoppia una feroce polemica, con accuse e controaccuse sui giornali. La stampa è tutta a favore di Butti che passa come “vittima del sistema”. Alla fine la Federazione cede, ma non troppo: lo inserisce nella lista per Stoccolma ma, adducendo costi troppo elevati, non vuole pagargli la trasferta. Dopo altri giorni di tira e molla, che prostrano Butti psicologicamente, la “Pro Morivione” decide di accollarsi le spese, ma un infortunio dell’ultimo momento (diplomatico?) gli impedisce la partenza e chiude la questione. Con signorilità Butti va comunque a salutare i suoi colleghi alla stazione. Rientra in gara il 15 agosto nei campionati sociali della sua compagine, vincendo alto, lungo e la classifica a punti dei lanci. La rinuncia forzata ai Giochi lascia qualche rimpianto anche se, visti i risultati di Stoccolma, Butti non avrebbe certo potuto competere per una medaglia. Continua comunque a ben figurare: il 15 settembre vince il lancio del peso nella gara organizzata dalla “Costanza” a Milano e cinque giorni dopo si ripete, anche nel disco e nella palla vibrata. Il 29 settembre vince poi la staffetta 4x400 (tra i compagni anche il fratello Giuseppe) nel meeting organizzato dalla “Pro Morivione” sul proprio campo[4].

Passano altri sette giorni e Butti spopola nel concorso ginnico di Seregno: primo nel lungo, lancio della pietra, peso ed asta. Chiude l’annata a Udine in un pentathlon anomalo, a metà tra quello ginnico ed il “moderno” che ha appena fatto il suo esordio ai Giochi. Butti vince salto “misto” (alto+lungo), giavellotto e 100 mentre è secondo nell’asta. Avrebbe dominato la generale, ma nella quinta prova, il tiro a segno, non raggiunge il punteggio minimo e dunque viene escluso (vince il friulano Cicutti). Per lui sembra più opportuno limitarsi alle prove atletiche. Nel 1913 Butti vive i suoi momenti migliori l’11 e 12 maggio all’Arena di Milano, nel grande meeting internazionale organizzato dalla FISA, con buona partecipazione straniera e, per la prima volta, anche salti e lanci sotto la sua egida[5]. Il primo giorno Butti vince l’asta ed ottiene numerosi piazzamenti sul podio (2° nell’alto e nei 200, 3° nel disco e giavellotto) ed il giorno seguente fa ancora meglio, nell’esathlon federale a squadre, risultando il migliore a livello individuale: 1° nel salto “misto”, 2° sui 100 e triplo (vinto dal fratello Alfonso), 4° nel peso. La sua poliedricità, e non su bassi livelli, è ormai evidente a tutti. Il 18 maggio ad Alessandria altro show: vince alto, disco, peso e staffetta, giunge 2° in lungo e giavellotto, sia pure su un campo di partenti ridotto. Quattro giorni dopo, si cimenta a Milano nel Pentathlon Reale all’interno del concorso ginnico federale, una sorta di campionato italiano, e viene battuto solo da Gardini, più forte di lui fisicamente e nella lotta, ultima gara del programma. La prova del Pentathlon Reale, proprio perchè la lotta vi gioca un ruolo troppo preponderante a scapito delle gare atletiche, ha però ormai i giorni contati. Nello stesso concorso Butti non manca comunque l’appuntamento col successo nelle gare atletiche che la Federazione Ginnastica si ostina a far svolgere nonostante proprio dal 1913 la FISA faccia altrettanto: primo nel lungo (con 6,40m), nell’alto (1,70m) e perfino nei 100, è secondo nel disco e nell’asta, battuto dal grande specialista Legat. A metà giugno Butti domina alto e lungo nel meeting di Forli dove è terzo nell’asta. Si ripete il 6 luglio a Conegliano dove, sotto la pioggia, vince salto “misto” e 200, arriva 2° nell’asta (dietro lo specialista Legat) e 3° nel giavellotto, dominando l’apposita classifica del pentathlon: non c’è competizione atletica in cui non possa piazzarsi tra i primi anche se non eccelle in nessuna disciplina.

Il 13 luglio regala una grossa sorpresa: a Bologna sui 400 Butti batte difatti niente meno che il grande Lunghi il quale gli ha lasciato troppo spazio in partenza, non riuscendo a recuperare lo svantaggio. Butti si rivede il 31 agosto nei tricolori organizzati dalla Federazione Ginnastica: vince il lancio della palla vibrata, alto, lungo e pure gli 80hs a cronometro mentre è secondo nel disco, nel giavellotto, nell’asta (battuto dal fratello Alfonso) e negli 80. Indubbiamente è l’atleta più completo d’Italia, capace pure di aggiudicarsi il titolo di campione lombardo nella staffetta olimpionica, correndo i 200. Ma, forse per aver stressato troppo il suo fisico, in settembre è costretto a fermarsi per un forte dolore al ginocchio sinistro che lo costringe a recarsi ad Acqui per sviluppare una terapia a base di fanghi termali. Rientra alle gare solo nel maggio 1914, nel Pentathlon Reale al grande concorso ginnico di Genova. Non è al meglio, ma si batte bene e solo l’ultima prova di lotta, certo non la sua migliore specialità, lo esclude dal podio: chiude difatti quarto. Il ginocchio dà ancora qualche problema e per tutta l’estate gareggia poco, senza risultati di spicco. Si ripresenta ai tricolori di fine settembre, sul campo dell’US Milanese dove ritrova la sua forza e la classe di atleta a tutto tondo. Emerge soprattutto nei salti senza rincorsa, prove già anacronistiche e che verranno depennate anche dal programma olimpico: vince l’alto, è secondo nel lungo e nel triplo. Guadagna l’argento anche nel lancio della pietra, battuto solo dal fortissimo Tugnoli ed è terzo nel giavellotto “libero”. Si conferma dunque capace di ottenere buoni risultati in più specialità. Il 1915, causa anche l’entrata in guerra del nostro paese, è annata-no per Butti: le gare sono poche e quelle riservate agli specialisti delle prove multiple ancora meno. Di Butti non si sente più parlare. Qualcosa cambia nel 1916 quando l’attività riprende parzialmente: il 24 settembre la FISA organizza le “Gare Atletiche Nazionali” sul campo dell’US Milanese, una sorta di tricolori non ufficiali. Butti è presente in più gare: si ritira nella finale dei 400 quando ormai non ha più speranze ed è terzo nei tre lanci cui partecipa (giavellotto, peso e pietra). Non eccelle in nessuna disciplina, ma è discretamente valido dappertutto, proprio come un buon decathleta. Il 1917, oberato dagli obblighi militari, non lo vede praticamente mai in gara e nel febbraio del 1918 si sposa: qualcuno, ironicamente, lo crede perduto per lo sport.

In effetti gareggia poco e si rivede in pista solo il 1 settembre, battuto da Garimoldi in un Pentathlon organizzato dalla “Pro Milano”. La guerra finalmente termina e nel 1919 si tenta il ritorno alla normalità. Butti, tesserato per lo SC Italia, torna alle gare il 6 aprile al Velodromo Sempione: confermando la sua poliedricità, giunge 3° nel giavellotto, alle spalle di Costa e Castiglioni, ma vince la staffetta olimpionica dove corre i 200. Il 13 aprile a Genova giunge secondo sui 400, dietro Vigani. Butti si rivede il 12 giugno, allo “Stadium” di Roma, dove partecipa ad un pentathlon, un po’ anomalo visto che tra le prove figura anche il sollevamento pesi ad un braccio: proprio in quest’ultima gara Butti, che vince il getto del peso, perde molti punti e chiude secondo la generale alle spalle di Lorenzetti. Il 3 agosto è poi a Mantova dove termina al terzo posto nell’alto e nel lungo. 14 giorni dopo, gareggia al “Sempione”: vince il lancio della palla vibrata e la staffetta olimpionica, confermando di aver ritrovato la sua versatilità. Difatti il 24 agosto vince un pentathlon a Laveno e sette giorni dopo partecipa a diverse gare nel meeting di Brescia, vincendo solo nella staffetta olimpionica (dove corre i 200), ma giungendo secondo in alto e disco, terzo nel lungo e quarto nel giavellotto. Un mese dopo, ancora a Brescia, il 28 settembre vince il Campionato Lombardo nel disco e coglie altri buoni piazzamenti (2° nel giavellotto e 3° nel lungo). Dopo pochi giorni Butti è a Napoli, dove è di stanza come militare, per partecipare ai Campionati del “X Corpo d’Armata” partenopeo sul campo del poligono di Bagnoli. Sbaraglia letteralmente il campo: è primo nel lungo, peso, giavellotto, disco e perfino nei 110hs. Prove che rappresentano il miglior viatico per i tricolori dell’11 e 12 ottobre, disputati a Milano, sul campo di Via Goldoni (dove l’Inter gioca le sue partite casalinghe): Butti vince il titolo nel lancio della palla vibrata, superando due forti lanciatori come Tugnoli e Lenzi, dopo essere giunto terzo nel lancio della pietra (dietro Tugnoli e Tirelli).

Poi, ai primi di novembre, è la volta dei Campionati Italiani Militari a Roma: Butti vince alto, disco ed asta oltre a classificarsi secondo nel peso dietro Bottura, terzo nel lancio della bomba e nei 110hs. Butti si presenta nel 1920, cruciale stagione olimpica, come il più poliedrico tra i nostri atleti e le sue aspirazioni ad essere inserito nella lista per Anversa sembrano più che legittime. Alla fine di maggio gareggia a Venezia nel grande Concorso Ginnastico Nazionale, disputato allo stadio S. Elena: Butti vince il lancio della palla vibrata ed è secondo nel Pentathlon Reale, battuto solo da Testoni, nettamente più forte di lui nella lotta che ancora incide notevolmente sul risultato finale. Inoltre chiude terzo nel getto della pietra. Sembra comunque tonico e ben preparato. In estate si allena intensamente nelle varie specialità, confermando le sue qualità nelle prove di selezione per i Giochi anche se non vince mai: il 18 luglio a Busto Arsizio è terzo sui 110hs, alle spalle di Colbachini e Bramani. Ottiene altri piazzamenti anche nei lanci ed alla fine il CT Adams lo inserisce nella lista degli azzurri per il decathlon. Ad Anversa le prove di atletica si svolgono nell’Olympisch Stadion. Al decathlon, che in un primo momento non era stato inserito tra le discipline di questa edizione, prendono parte 23 atleti di 11 nazioni. Butti esordisce il 20 agosto, ma i suoi risultati sono tutt’altro che eccezionali: 12”6 sui 100; 5,74 m nel lungo; 10,61 nel peso; 1,55 nell’alto; 58” nei 400 e 19” nei 110hs. Valori di medio-basso livello, spesso pure lontani dai suoi personali e che lo demoralizzano. Un infortunio fa il resto e Butti si ritira, non disputando le ultime quattro prove. Peccato perchè aveva certamente le potenzialità per ottenere un risultato complessivo migliore. Difatti il 3 ottobre ai tricolori di Milano, disputati sul campo dello SC Italia, zona Baggina, vince nel lancio della palla vibrata ed è terzo nel martello che proprio in questa occasione assegna il primo titolo nazionale della storia. Butti inoltre trionfa pure nella palla vibrata a squadre, detta anche “sfratto”, in una compagine nella quale sono presenti i suoi fratelli Alfonso e Giuseppe. L’anno seguente gareggia poco, ma il 4 settembre, sul campo dello SC Italia a Milano, vince il campionato lombardo nel disco e nel peso. Quindi si presenta ai tricolori di Bologna e guadagna tre titoli, sia pure in specialità non olimpiche ma allora ancora in voga: lancio di palla vibrata e pietra oltre alla palla vibrata a squadre (col “Maglificio Butti”, compagine di famiglia, in cui gareggiano pure i fratelli). Nel 1922, a Busto, si ripete: tricolore nel lancio della pietra e della palla vibrata, specialità anacronistiche ma di cui Butti è stato un ottimo interprete. L’anno seguente gareggia pochissimo: il 15 luglio a Milano vince nel peso ed è battuto da Zemi nel disco. Rallenta ulteriormente la sua attività finchè abbandona completamente le gare. Sarà poi attivo segretario della FIDAL nei primi anni Trenta.


[1] Detto anche “palla a sfratto”. Sport nato alla fine dell’800 in Germania come schleuderball, letteralmente “palla catapulta”. Si gioca con un pallone pesante 1,5 kg dotato di un’impugnatura tramite la quale viene lanciato. Il pallone è chiamato “palla vibrata” che in certi casi è anche il nome del gioco. Si realizza un punto quando il pallone viene lanciato oltre la linea di fondo campo della squadra avversaria che deve cercare di intercettarlo al volo, per poi rilanciarlo dalla parte opposta del campo. La linea di fondo campo è detta “linea di sfratto” da cui prende nome lo sport, ancora oggi praticato in Germania

[2] Si tratta del primato italiano eqguagliato

[3] Appena inaugurato, è lo stadio più grande d’Italia. Progettato dall’architetto Ballatore di Rosana, viene realizzato in prossimità dell’antica Piazza d’Armi, nel quartiere Crocetta, nella zona dove oggi sorge il Politecnico. Impianto polifunzionale e moderno, è il primo stadio sportivo italiano dotato di illuminazione elettrica e realizzato in cemento armato. Sarà demolito nel 1946

[4] Lo stadio si trovava nella zona di Vigentino. La pista era lunga 264 m, costituita da terra, carbone e pirite

[5] In precedenza difatti salti e lanci venivano gestiti, non senza polemiche, dalla Federazione Ginnastica. Proprio dal 1913 la FISA, futura FIDAL, raccoglie tutte le specialità atletiche