BRAGLIA Alberto
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Campogalliano (MO) 23.04.1883 / Modena 05.02.1954
1908. Ginnastica. MEDAGLIA D’ORO Concorso Individuale
1912. Portabandiera
1912. Ginnastica. MEDAGLIA D’ORO Concorso Individuale, MEDAGLIA D’ORO Concorso a Squadre
Nasce in un casolare della campagna modenese, in una famiglia umile, penultimo di sei fratelli: il padre è un modesto manovale e muratore. Sembra un predestinato, con la ginnastica unico suo scopo nella vita, anche se la sua prima gara sportiva di cui si ha traccia è una prova di...corsa podistica: il 13 giugno 1900 giunge difatti 4° nella Modena-Castelfranco-Modena. Peraltro è nota anche la sua passione per il football da lui giocato ripetutamente. Timido e di poche parole, anche perché balbuziente, Braglia viene presto inviato a lavorare come garzone da un fornaio ma, non si sa come e perché, si appassiona alla ginnastica al punto da costruirsi alcuni attrezzi “di fortuna” ed allenarsi costantemente da autodidatta. Dopo un rapido passaggio nella palestra (all’aperto) della “Fratellanza”, a 17 anni entra alla “Panaro”, la principale società modenese, dove trova un maestro attento ed intelligente, l’ex ginnasta ed astista Carlo Frascaroli[1], che ne intuisce subito l’enorme potenziale. Il maestro lo plasma, gli insegna movimenti e trucchi, lo “costruisce”, ne fa un campioncino che si segnala già al concorso ginnico di Bologna del 1901, quando ottiene un premio “di terzo grado”. E’ ancora uno dei tanti, ma cresce in fretta. Nel 1902 guadagna una medaglia d’argento al concorso di Milano e dall’anno seguente inizia un crescendo senza fine. La “Panaro”, nata nel 1870, emerge a livello europeo, ottenendo una vittoria di spicco a Marsiglia nel 1903, guidata proprio da Frascaroli in panchina e Braglia sul campo, capace anche di destreggiarsi bene con l’asta, superando la misura di 3,0m[2]. Il primo grande show di Braglia si sviluppa comunque a Teramo in quello stesso 1903, quando vince il concorso generale e la prova atletica. Applaudito con standing ovation, a furor di popolo ripete diversi esercizi agli attrezzi. Inizia ad essere famoso e si conferma presto come tra i più forti ginnasti italiani: nel concorso federale di Firenze nel 1904 fa sua la corona d’alloro, simbolo destinato ai primattori.
Nello stesso anno la “Panaro” trionfa anche a Mons, in Belgio, ottenendo 157 punti su 160, con Braglia però soltanto quarto nell’individuale. Dunque, per quanto si sia specializzato nel chiudere l’esercizio rimanendo immobile come una statua, aspetto fondamentale per colpire i sempre severi giudici, Braglia non è ancora imbattibile. Il 1905 è annata di forzata transizione: Braglia espleta infatti il servizio militare a Savona, ma continua ad allenarsi. Con la “Fratellanza Savonese” partecipa infatti al concorso di Vercelli, pur senza brillare, complice una preparazione sommaria. Braglia si ripresenta ad alti livelli nel 1906. Alle selezioni di Roma per i Giochi “intermedi” di Atene viene battuto per pochi centesimi di punto dal genovese Cybeo, che però rinuncia alla trasferta. Braglia dunque viene selezionato e compie il primo grande exploit: ad Atene conquista difatti due argenti, superato in entrambi i casi dal francese Payssé, per un punto nel concorso generale e per due punti nel pentathlon[3]. E’ la svolta della sua vita. Tornato in Italia, è acclamato come un eroe: a Modena viene portato in trionfo con una festa enorme per le vie della città, il Re Vittorio Emanuele III lo riceve e lo ringrazia a nome della nazione, gli viene pure trovato un lavoro nella Manifattura Tabacchi modenese. Ha così modo di vivere una tranquilla quotidianità e di migliorare ulteriormente la sua tecnica, con allenamenti metodici e votati ad esaltare le sue qualità. Ha l’intelligenza e l’umiltà di apprendere dagli avversari: dal tedesco Weber[4], ad esempio, assimila il cosiddetto “cambiamento di fronte” alle parallele, facendone uno dei suoi cavalli di battaglia. Misantropo ed ascetico, Braglia non ama la ribalta, preferendo allenarsi ore ed ore, teso alla perfezione del gesto, ma attento anche a proporre qualche innovazione stilistica. Alto 1,67m, è un ginnasta forte ma elegante, potente ma armonico, anche acrobatico ai limiti del funambolismo. A volte nessuno è in grado di ripetere i suoi esercizi, come per il famoso salto mortale ad arco che esegue alle parallele, tornando nella stessa posizione di partenza senza il minimo tentennamento. In ogni attrezzo, in ogni esercizio, si rivela il migliore, non ha punti deboli se non, forse, alla sbarra, dove comunque si impegnerà a fondo per migliorare, riuscendovi. Nel cavallo con maniglie, grazie ad una sua particolare tecnica, detta “presa digitale”, con la mano estesa “a ragno” e con dita che sembrano artigli di ferro, viene addirittura considerato tra i migliori di tutti i tempi, con prove definite “perfette” da più di un giudice. Dopo i Giochi ateniesi, i concorsi ginnici di Milano e Carpi lo confermano il migliore di tutti.
L’anno seguente esce dalla ribalta, ma continua a prepararsi al meglio per l’avventura olimpica: non è un caso che vinca l’apposita selezione per scegliere i ginnasti da inviare a Londra, dove si presenta da favorito anche se gli avversari sono agguerriti, a cominciare dai francesi. Il concorso è impegnativo, sulla falsariga di quello di Atene due anni prima: gareggiano 96 concorrenti di 12 nazioni nel nuovissimo stadio di White City, realizzato appositamente per i Giochi. Cinque sono gli attrezzi in cui cimentarsi: parallele, cavallo con maniglie, salita sulla fune, sbarra ed anelli, con gli ultimi due che prevedono due diversi esercizi di stile. Sette prove in totale, quindi, e per questo la gara è definita anche Heptathlon. Braglia viene giudicato il migliore in tutte le prove anche se il suo dominio, per quanto netto, non è schiacciante, a conferma di un campo qualitativamente importante: con 317 punti totali supera il britannico Tysall di 5 punti ed il francese Segura di 20. A 26 anni può essere considerato, e lo è, il più grande ginnasta del mondo, con un indiscutibile oro al collo. Ma a questo punto la sua parabola vira pericolosamente verso il basso. Nel 1909 è il migliore al concorso ginnico di Firenze (dove ottiene 100 punti su 100!) e nell’eliminatoria individuale per scegliere la nazionale da inviare in Lussemburgo, per il concorso internazionale pomposamento definito “mondiale”, dove però i nostri chiudono solo terzi, sia pure per una ventina di punti, alle spalle di Francia e Boemia. Il piazzamento, in verità deludente, si spiega con una deficitaria performance degli azzurri (che gareggiano in maglia bianca...) nelle prove atletiche, da noi sempre sottovalutate in ambito ginnico. Braglia è comunque il ginnasta più famoso d’Italia: in quello stesso 1909 suscita ammirazione generale, strappando applausi a scena aperta, in un’apposita esibizione all’Arena di Verona. Ma, improvvisamente, con una decisione che lascia molti stupefatti, Braglia lascia il lavoro ai Tabacchi ed inizia ad esibirsi come acrobata, per le piazze, nei teatri e nei circhi con la famiglia Panciroli. Ricevendo compensi, viene considerato professionista e squalificato dalla Federazione Ginnastica. Prosegue la sua attività di funambolo, sul trapezio e con esercizi sempre più rischiosi (come “la torpedine umana”) finché, proprio nel teatro della sua città, il 23 aprile 1910 cade rovinosamente, si frattura una spalla ed alcune coste. Costretto all’inattività, gli capita pure la tragedia della morte del figlioletto di 4 anni. Tutto sembra finito: cade in una profonda quanto comprensibile depressione, ma nella sua mente trova le stesse energie che possiede nel suo fisico.
Il 1911 passa senza che si abbiano notizie su di lui. Riqualificato dilettante e lasciato l’ambiente circense, ritrovata la fiducia della Federazione, Braglia riprende ad allenarsi con continuità sugli attrezzi e torna ad essere il migliore. Nel maggio 1912 trionfa al concorso di Savona sia nell’individuale artistico che nella prova atletica. Nelle selezioni per scegliere i ginnasti da inviare ai Giochi di Stoccolma, pensa solo a mantenere un elevato livello di rendimento, senza strafare. Nella gara artistica decisiva di selezione, disputata il 9 giugno a Bologna, nei locali della Virtus, chiude al 4° posto, a 55/100 di punto dal vincitore Romano, complice qualche piccola sbavatura, ma ovviamente è selezionato per i Giochi. La nostra Nazionale è guidata dal “caposquadra” Cornelio Cavalli, una sorta di Direttore Tecnico e da Cesare Tifi, presidente della Commissione Tecnica della Federazione. A coadiuvare i due il noto maestro Giacomo Fumis, bresciano d’adozione. E proprio a Brescia si tiene il ritiro collegiale pre-olimpico, una novità non indifferente per l’epoca, al termine del quale viene organizzata un’apposita ed ulteriore gara per scegliere i sei ginnasti che dovranno rappresentare l’Italia nella prova individuale. Stavolta Braglia, che fa le prove generali per Stoccolma, stravince, con 1,65 punti di margine su Zampori, dimostrandosi perfettamente a punto. Designato capitano della nostra rappresentativa ginnica, Braglia ha l’onore di portare la bandiera italiana durante la sfilata d’apertura dei Giochi. In Svezia per i nostri ginnasti è un trionfo totale. Il concorso a squadre si svolge l’11 luglio nel nuovissimo Olympiastadion. I ginnasti si esibiscono a gruppi di 4 su altrettanti attrezzi dello stesso tipo: anelli, cavallo con maniglie, parallele e sbarra. In gergo tecnico questa prova viene chiamata “quadriglia” ed è fondamentale l’armonia degli esercizi unita al sincronismo tra i vari ginnasti. Sono previsti poi esercizi in piedi e liberi, anche con clavette. Tempo massimo della performance, un’ora. I punteggi vanno da 0 a 12 per i 4 attrezzi e da 0 a 10 (per i “liberi”); cinque i giudici. Punteggio massimo 58. Partecipano solo 5 nazioni, assenti gli scandinavi, che amano poco gli attrezzi, preferendo col loro “metodo” una ginnastica più marziale, di gruppo, coreografica, artistica nel senso letterale del termine. L’Italia domina la prova, realizzando 53,15 punti ovvero il 91% dei punti ottenibili! Seconda è l’Ungheria con 45,45 e terza la Gran Bretagna con 36,90. Un grande trionfo per i nostri, il primo tra l’altro della storia olimpica italiana per una squadra, guidati dal fenomenale Braglia, che si ripete il giorno seguente, 12 luglio. Anche il concorso individuale presenta i soliti 4 attrezzi: sbarra, parallele, anelli e cavallo con maniglie. Ogni attrezzo prevede tre esercizi, tra obbligatori e liberi, con punteggi che vanno da 0 a 12: massimo totale ottenibile dunque è 144. Le medaglie sono attribuite solo nel computo globale e non per ogni singolo attrezzo (e questo penalizzerà di molto i nostri). Diverse polemiche hanno preceduto le gare: mancano tedeschi, norvegesi e svedesi, contrari questi ultimi al metodo di gara. Il campo dunque è ridotto, in sostanza, ai soli italiani e francesi, che monopolizzano difatti le prime undici posizioni (con 5 azzurri nei primi 6!). Partecipano comunque 44 ginnasti di 9 nazioni. Si gareggia l’intera giornata, in due sessioni: dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 14 alle 17. Braglia è nettamente il migliore alla sbarra (un tempo il suo tallone d’Achille!), dove scava un solco importante rispetto ai suoi avversari. E’ primo anche al cavallo (a pari merito) e 2° agli anelli (superato solo dal francese Segura per mezzo punto), ma solo settimo alle parallele: comunque vince l’oro, il suo secondo individuale, con 135 punti, 2,5 di margine sull’ostico francese Segura[5], suo rivale storico in due edizioni olimpiche. Il bronzo va all’altro italiano Mazzarocchi. Non ci sono più dubbi: Braglia viene già definito il più grande ginnasta mai esistito e, a livello nazionale, lo rimarrà fino ai nostri giorni.
Al rientro in patria, grandi feste per tutti. Il 28 luglio Braglia è applauditissimo in una serata di beneficenza che si tiene al Teatro Garisenda di Bologna, dove dà una dimostrazione pratica degli esercizi con cui i nostri hanno vinto a Stoccolma. Con lui altri primattori dell’oro tra cui Tunesi e Mazzarocchi. Applausi a scena aperta e grandi ovazioni per tutti, ma in particolare per il fuoriclasse modenese. Ma Braglia, non è il primo (vedi Dorando Pietri) e non sarà l’ultimo, vuole giustamente monetizzare la sua fama. Dopo l’ennesimo trionfo, ottenuto al concorso di Milano del maggio 1913 davanti ad un pubblico entusiasta, si dà al teatro, rappresentando i suoi esercizi, sempre più acrobatici ed appassionanti, ma scoppia la Prima Guerra Mondiale, che interrompe tutto. Braglia, anche perchè ben noto, se la cava venendo impiegato come addetto alla sussistenza. Quando torna al teatro, nel 1918, Braglia inventa uno spettacolo particolare, coadiuvato dal fratello Giovanni e da un bambino (talora sostituito da un nano): il titolo dello show è “Fortunello e Cirillino”, riprendendo i nomi di due noti personaggi dei fumetti del “Corriere dei Piccoli”, disegnati dal celebre Sergio Tofano. Braglia si esibisce in varie acrobazie ed esercizi ginnici, con coreografie a metà tra un balletto ed un’esibizione: il successo è grande al punto che la troupe giunge fino in America e davanti ai Re di Inghilterra e Belgio. Braglia diventa ricco. Ma per poco: rovesci finanziari ne minano il patrimonio velocemente al punto che già nel 1928, a 45 anni suonati, tenta di essere riqualificato dilettante per provare un’altra avventura olimpica. Non gli viene concesso. Si dedica quindi all’insegnamento e nel 1930 ottiene la qualifica di istruttore della Nazionale che, sotto la sua guida, trionfa ai Giochi di Los Angeles, cogliendo 4 ori. Braglia diventa “cavaliere ufficiale per meriti sportivi”. Quindi prova l’avventura di oste, a Bologna, ma gli va male. Trova lavoro come bidello. La Seconda Guerra Mondiale, con i bombardamenti che distruggono alcune sue proprietà, lo getta definitivamente sul lastrico. Torna a Londra, alle Olimpiadi del 1948, come “accompagnatore” degli azzurri, più per gratitudine del CONI che per meriti propri. Ma la sua curva ormai volge al termine. Il Comune di Modena gli offre il posto di custode nella palestra che porta il suo nome, ma le sue condizioni di salute peggiorano costantemente finché spira nel 1954 a seguito di una trombosi cerebrale. L’intera città gli dedica il giusto omaggio al suo funerale. Oggi, dopo apposito plebiscito del 1958, lo stadio di Modena porta il suo nome, il nome di uno dei più grandi ginnasti di tutti i tempi.
[1] Frascaroli con l’asta supera più volte i 3 m e vince nel 1904 ai concorsi ginnici di Firenze e Mons
[2] In quel tempo si salta con un’asta di faggio lunga circa 3 m e con una tecnica particolare detta “arrampicata”: l’atleta in pratica, una volta piantato l’attrezzo a terra, “sale” con le mani sull’asta come se stesse salendo la pertica, con un avanzamento di presa e forte trazione delle braccia. Inoltre passa l’asticella (allora una semplice cordicella) “a bandiera” ovvero in orizzontale e non con lo stile “avvolgente” di oggi
[3] Il concorso generale prevede 6 prove: parallele, cavallo, anelli, sbarra, volteggio ed una gara combinata di salti in alto e lungo. Nel pentathlon sono le stesse gare tranne il volteggio
[4] Wilhelm Weber, nato a Berlino nel 1880, ai Giochi di St. Louis del 1904 guadagna un argento nel concorso individuale ed un bronzo nella gara dei “tre eventi”. Ad Atene nel 1906 giunge 6° nel concorso individuale ed è lì che Braglia lo vede, assimilandone la tecnica
[5] Louis Segura Bretons, nato in Algeria, a Sidi Bel Abbes, il 23.07.1889, da genitori spagnoli e poi naturalizzato francese, già bronzo nel concorso individuale ai Giochi del 1908