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BOZZA Tullio

Napoli 03.02.1891 / Napoli 13.02.1922

1920. Scherma. MEDAGLIA D’ORO Spada a Squadre, Eliminato Quarti di Finale Spada Individuale

Il suo apprendistato si sviluppa fin dall’adolescenza nella gloriosa Accademia Nazionale di Scherma partenopea[1] dove si segnala come uno dei migliori allievi. Fin dall’età di vent’anni ottiene buoni risultati nei tornei locali di spada e coglie il primo importante successo nell’ottobre del 1913 nel torneo di Agnano. La guerra, inevitabilmente, blocca la sua ascesa. In quel periodo Bozza fa parlare molto di sé, non solo a Napoli e non tanto per le sue qualità schermistiche. Giovane, bello, atletico come un dio greco, non è certo insensibile al fascino femminile, ma rimane quasi “stregato” da una donna più anziana di lui, famosa e chiacchierata: la scrittrice Sibilla Aleramo[2]. Con lei intesse una profonda relazione amorosa e spirituale, ma che non inficia affatto le sue prestazioni sportive. Difatti il 12 settembre 1919 Bozza chiude secondo, battuto solo da Basletta, il torneo di spada a Venezia, lanciandosi ai vertici della scherma nazionale. Risulta tra i nostri migliori specialisti della spada, arma sempre poco amata dagli italiani. Per questo Bozza viene seguito attentamente da Nedo Nadi, grandissimo asso e già oro olimpico nel 1912 con il fioretto, che diviene capitano della nostra Nazionale ma anche selezionatore occulto: in pratica non si entra in squadra senza il suo consenso. Ma Nadi è anche persona molto intelligente e, soprattutto, capisce di scherma come pochi: Bozza può rappresentare un ottimo elemento di supporto, magari un gregario di lusso, nella nostra squadra di spada. Dunque ad inizio 1920 il suo nome viene inserito nella lista degli schermidori azzurri e si guadagna il viaggio ad Anversa, raggiunta in treno via Modena e Parigi. Bozza esordisce il 20 agosto nel torneo di spada a squadre che si svolge al Floralien, il padiglione dei fiori, nel Middelheim Park, nella parte meridionale di Anversa, al confine con il sobborgo di Wilrijk. Partecipano 11 nazioni. Non siamo favoriti: la Francia è fortissima, Portogallo e Belgio temibili. Commettiamo probabilmente un’imprudenza, certamente dettata dal cercare il risparmio di energie e dovuta anche alle imperfette condizioni di Nedo Nadi che ha qualche linea di febbre. Fatto sta che affrontiamo la poule eliminatoria schierando molte seconde linee tra cui anche Bozza che gareggia senza infamia e senza lode. Non a caso fatichiamo parecchio a centrare la qualificazione. Perdiamo 7-8 con il Portogallo, strappiamo un faticoso 6-6 alla Svezia, domiamo a fatica i Paesi Bassi 7-6, evento che, alla fine, si rivelerà il passo decisivo. Unico spunto importante il successo 8-4 sul Belgio. Lo score di 3-1 ci consente comunque, a fatica, di approdare in finale. E qui le cose cambiano perché entrano i tre “titolari fissi”, i fratelli Nadi ed Olivier. Bozza rimane in panchina, è un buon gregario, non certo un campionissimo. Ha fatto il suo dovere ed assiste moralmente i compagni negli scontri conclusivi. I nostri danno spettacolo: la Svizzera (con Urbani quarto uomo) è domata 8-7, il Portogallo (con Thaon di Revel) è schiantato 12-3, la Francia 9-7 ed il Belgio 10-6. Negli ultimi due match il quarto uomo è l’ottimo Costantino. E’ matematicamente fatta, manca solo l’incontro con gli USA che finisce in un abbraccio collettivo dopo che Nedo ha infilzato Lyon, raggiungendo così il computo delle stoccate che matematicamente ci mette al riparo da qualsiasi sorpresa. Prima l’Italia, secondo il Belgio con il famoso Boin, solo terza la Francia. Un altro oro e nella specialità storicamente meno amata dai nostri. Grandissima prova di squadra anche se poteva certamente essere gestito meglio l’inizio. Bozza si è comportato onorevolmente anche se, in definitiva, è stato impiegato solo nelle eliminatorie, ma ha comunque contribuito ad un successo storico per l’intero nostro movimento, importante anche sotto l’aspetto tecnico e psicologico.

Bozza ci riprova nel torneo individuale che è iniziato quello stesso 20 agosto, ancora al Floralien. Partecipano ben 80 schermidori di 13 nazioni. Gli italiani sembrano avere buone chance anche se i fratelli Nadi, esausti per le vittoriose battaglie dei giorni precedenti, danno forfait ed i francesi hanno il dente avvelenato per la clamorosa sconfitta patita dagli azzurri nella prova a squadre. Ogni assalto si decide alla prima stoccata vincente. Bozza va alla grande, nella sua poule iniziale perde solo un incontro, con il francese Buchard (poi bronzo), e vince gli altri sei: con l’olandese Wijnoldy, il danese Bernsten, lo statunitense Russell, lo svedese Enell, il belga Tom ed il britannico Burt. Secondo classificato del girone, passa il turno. Il 22 agosto tocca ai quarti di finale e qui qualcosa per Bozza si inceppa: il suo score di 5 vittorie e 5 sconfitte lo relega al 7° posto a pari merito nella classifica in cui si impone il francese Trombert e ciò gli preclude il turno successivo. Il torneo si trasforma in un grande trionfo dei francesi che si portano a casa le tre medaglie: oro a Massard, argento a Lippmann e bronzo a Buchard, con il solo Olivier (sesto) a salvare parzialmente l’onore azzurro. Bozza termina comunque la sua avventura olimpica con un bell’oro, che non è poco, ma stavolta la storia non ha un lieto fine. Tornato a Napoli, dalla sua adorata Sibilla, dopo pochi mesi Bozza si ammala ed i segnali sono inequivocabili. Purtroppo soffre di tisi che lo porta alla tragica morte, a soli 31 anni di età[3].

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Anversa 1920. La Nazionale che vince l’oro nella spada a squadre: presente anche Bozza, primo a destra ed evidenziato dal tondo


[1] Fondata nel 1861, ancora oggi è tra le poche istituzioni autorizzate a rilasciare il diploma di “maestro di scherma”

[2] Pseudonimo di Marta Felicina Faccio detta Rina, nata ad Alessandria il 14.08.1876: dunque ha 15 anni più di Bozza. Tra le figure femminili intellettuali più interessanti e discusse del primo Novecento. Femminista, pacifista, emancipata, anticonformista, libera anche sessualmente (ama pure donne). Il suo romanzo d’esordio, l’autobiografico “Una donna”, pubblicato nel 1906, sarà un grande successo. Per tutta la vita, ma anche dopo la sua morte, rappresenterà un riferimento fondamentale per l’emancipazione della donna nel nostro paese

[3] La Aleramo, a perenne ricordo, gli dedicherà il poema “Endimione” che però non sarà molto apprezzato dal pubblico italiano in quanto giudicato troppo artificioso ed ampolloso: sarà sonoramente fischiato in diversi teatri