BOSSI Guglielmo
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Milano 08.09.1901 / Milano 16.05.1953
1924. Ciclismo. Eliminato Semifinale Velocità
Milanese purosangue, è uno dei tanti “figli del Sempione”, il Velodromo inaugurato il 27 aprile 1914, con la pista in cemento ed impianto polifunzionale nel quale possono tenersi manifestazioni di vari sport, atletica e calcio compresi (vi gioca alcune partite anche la Nazionale). Bossi è uno dei tanti adolescenti che, sin dalla metà degli anni ‘10, si recano costantemente sulla pista, centro di aggregazione principale del ciclismo meneghino, ma italiano più in generale, durante il conflitto bellico. Il “Sempione”, in quegli anni difficili, è una fucina di talenti e molti futuri assi, tra cui i componenti del quartetto di inseguimento oro nel 1920 ad Anversa, vi imparano i segreti della pista. Bossi è nella scia di questo gruppo vincente e si segnala intorno ai vent’anni di età anche se riesce raramente a piazzare la propria ruota davanti agli altri. Il suo primo successo rilevante data 1923: il Campionato Sociale dello “SC Genova 1913”. In quell’inverno però per Bossi si sviluppa la prima svolta della carriera: viene difatti scritturato per alcune riunioni al neonato Palazzo dello Sport[1] di Milano, accanto ai più forti corridori del momento. Partecipa, è vero, alle prove di contorno riservate ai dilettanti però entra in contatto con la “crema” del ciclismo italiano ed accumula esperienze fondamentali. Il 2 marzo vince un individuale a punti ed è 4° nella prova di velocità appannaggio di Cattaneo. Sette giorni dopo, nella riunione di chiusura, brilla nello scratch.
Inizia dunque a farsi vedere ed i tecnici hanno un occhio di riguardo per lui. Difatti viene inviato appositamente dall’UVI[2] a Colonia dove il 18 aprile si tiene una prestigiosa riunione internazionale: Bossi vince la prova di velocità davanti ai più forti sprinters tedeschi. Rientra velocemente in Italia e già due giorni dopo, al “Sempione”, è bruciato dal possente Del Grosso nella finale del “GP Pasqua”. Il 27 aprile si svolge, nello stesso velodromo meneghino, la prima “pre-olimpionica” (all’epoca sono chiamate così): Bossi vince bene su Boiocchi nella velocità. Il 18 maggio Bossi torna in Germania, a Krefeld, ma stavolta con risultati minori: nel torneo di velocità, vinto dall’altro italiano Del Grosso, chiude quinto. Sette giorni dopo, nel solito “Sempione”, tocca ai tricolori di velocità: Bossi è terzo, alle spalle di De Martini e Del Grosso. I tre sono i più accreditati a vestire la maglia azzurra ai Giochi. Bossi tra l’altro continua anche a distinguersi a livello internazionale: l’8 giugno a Colonia giunge secondo, dietro allo stesso De Martini, in uno scratch, di fronte ai più forti pistard tedeschi e svizzeri. Sette giorni dopo, è a Varsavia dove coglie un’altra piazza d’onore, stavolta nella velocità ed ancora dietro ad un connazionale, Del Grosso. Vince però lo scratch. Ha acquisito importante esperienza e rimane tra i più forti velocisti italiani. Cosi, il 29 giugno, il Consiglio Direttivo dell’UVI lo inserisce ufficialmente nella lista degli azzurri per i Giochi, anche se inizialmente nel ruolo di riserva viaggiante riguardo alla velocità. Dimostra però di essere in forma: proprio quello stesso 29 giugno vince al “Sempione” il “GP Johnson”. Nello stesso velodromo meneghino si conferma tra i migliori nell’apposito ritiro collegiale preolimpico, che inizia il 6 luglio. A Parigi i tecnici, cui danno una mano Mori[3] ed il maneggione Borella[4], due che a Parigi sono di casa, rimescolano le carte, complice anche il non trascurabile giudizio di Geo Davidson, Presidente UVI: De Martini è dirottato nel quartetto dell’inseguimento (scelta azzeccata perchè i nostri vinceranno l’oro) e lascia spazio a Bossi nel torneo di velocità. Tra l’altro Bossi negli ultimi allenamenti appare in gran spolvero, capace di ripetuti tempi di valore assoluto negli ultimi 200 m, spesso inferiori ai 13”.
Le gare olimpiche si svolgono sulla mitica pista della “Cipale” a Vincennes. Alla prova di velocità partecipano 31 corridori di 17 nazioni. Bossi esordisce il 26 luglio, vincendo la sua batteria davanti all’ungherese Grimm ed al ceco Cervinka, dimostrando un’ottima condizione. Il giorno seguente disputa il quarto di finale dove però, ostacolato nettamente dall’australiano Coppins, cade rovinosamente. La Giuria decide di far ripetere la prova. Bossi, malconcio e medicate le ferite alla meglio, viene superato dal britannico Fuller, ma prevale comunque su Coppins. Ottiene così di passare nei “recuperi”, detti in gergo repechage, una sorta di turno suppletivo di ripescaggio, i cui vincitori sono ammessi al turno successivo. In effetti Bossi, non senza sorpresa date le sue condizioni precarie ma sorretto da una determinazione enorme e da una grande condizione, vince, sopravanzando nell’ordine il ceco Knobloch, l’olandese Peeters (oro nel 1920) ed il quotato danese Falck Hansen. Lo stesso giorno, dopo poche ore, corre la semifinale, dove però è stanco e compie un grave errore tattico, lanciando lo sprint per primo e troppo da lontano: viene rimontato e battuto dal forte francese Michard e dallo stesso Fuller. Interrompe quindi la sua cavalcata olimpica, comunque più che sufficiente, data anche la caduta e le relative conseguenze: non si ragiona col senno di poi, ma senza il capitombolo se non altro Bossi avrebbe potuto giocare più liberamente le sue carte. L’oro va allo stesso Michard davanti all’olandese Meijer ed all’altro francese Cugnot. Bossi cerca la rivincita ai Mondiali, disputati ancora in Francia ma è di nuovo sfortunato: negli ottavi incontra il forte francese Faucheux (poi argento) e viene eliminato. Passa quindi professionista. Pur non eccellendo, nella categoria maggiore rimane un ottimo pistard: vince due titoli italiani (1927-1928) nella categoria “professionisti juniores”, sorta di cuscinetto tra dilettanti e “pro” veri e propri ed è secondo nel tricolore professionisti 1930, battuto da Mario Bergamini. Per un lustro gareggia in molte riunioni, talora primeggiando e rimanendo comunque tra i nostri migliori pistards.
[1] Inaugurato nell’aprile 1923, nella zona poi divenuta Fiera
[2] Acronimo di Unione Velocipedistica Italiana, la federazione italiana del ciclismo
[3] Arturo Mori, più noto come Palmiro, nato a Sabbioneta il 26.03.1893. Buon pistard, dalla carriera lunghissima, in Nazionale ai Mondiali già nel 1911, capace di destreggiarsi sulle piste di tutto il mondo. Cinque volte secondo ai tricolori di velocità, coglie il suo più grande successo nel GP UVI 1922. Cinque volte in Nazionale ai Mondiali, con ben 17 anni di differenza tra la prima e l’ultima partecipazione (1911-1928)
[4] Aldo Borella, giornalista della “Gazzetta” e corrispondente da Parigi, factotum della gloriosa “Automoto” per la quale “scopre” Bottecchia, portandolo personalmente in Francia dove vincerà due “Tour de France” nonostante lo scetticismo iniziale. Stabilitosi nella capitale francese, con vari incarichi nel mondo ciclistico, sarà poi fortemente coinvolto col regime fascista, diventando membro attivo della famigerata OVRA