BONI Aldo
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Castelfranco Emilia (BO) 11.03.1895 / Vescovato (CR) 1982
1920. Scherma. Eliminato Primo Turno Spada Individuale
1924. Scherma. 4° Fioretto a Squadre
Bolognese d’adozione, si tessera presto per la gloriosa “Virtus”, trovando una valente guida nel maestro Salvatore Arista. Non fa in tempo ad ottenere buoni risultati: la guerra interrompe la sua attività prima che possa esibirsi ad alti livelli. Si riparte al termine del conflitto e dimostra di aver acquisito ulteriore smalto e sicurezza: il 10 settembre 1919 arriva secondo nel torneo di fioretto a Venezia, battuto dal padrone di casa Macerata. Nel 1920 si fa notare in più d’un torneo ed è tra i migliori nelle selezioni bolognesi. Poichè nel fioretto abbondiamo di ottimi elementi, è nella spada che emerge. Il capitano della nostra Nazionale è il grande Nedo Nadi, già oro nel 1912 a Stoccolma, che è pure una sorta di selezionatore occulto: non si entra in azzurro senza il suo consenso. Boni comunque è bravo, sa destreggiarsi bene anche a livello diplomatico ed alla fine viene inserito nella lista degli schermidori che si guadagnano il viaggio ad Anversa, raggiunta in treno via Modane e Parigi. Le sessioni di rifinitura hanno tolto ogni dubbio a Nadi: Boni potrà giocarsi le sue carte nell’individuale ma non nella prova a squadre, dove l’asso livornese preferisce inserire elementi più esperti. Così Boni gareggia la mattina del 20 agosto nel torneo di spada individuale che si tiene al Floralien, il padiglione dei fiori, nel Middelheim Park, nella parte meridionale di Anversa, al confine col sobborgo di Wilrijk. Partecipano ben 80 schermidori di 13 nazioni. Gli italiani sembrano avere buone chances anche se i fratelli Nadi, esausti per le vittoriose battaglie dei giorni precedenti, danno forfait ed i francesi hanno il dente avvelenato per la clamorosa sconfitta patita dagli azzurri nella prova a squadre. Ogni assalto si decide alla prima stoccata vincente. Boni non va molto bene: vince tre incontri ma ne perde cinque, giungendo 6° a pari merito nel suo girone, vinto dallo statunitense Breckenridge, e venendo quindi subito eliminato. Il torneo si trasforma in un grande trionfo dei francesi, che si portano a casa le tre medaglie: oro a Massard, argento a Lippmann e bronzo a Buchard, con il solo Olivier (sesto) a salvare parzialmente l’onore azzurro. Boni ha pagato lo scotto dell’esordio e di una certa inesperienza a livello internazionale, ma non molla.
Passa al fioretto: il 18 giugno 1922 è 8° nei tricolori di Cremona. L’anno seguente il titolo nazionale viene aggiudicato nella palestra della bolognese “Virtus”: Boni è terzo nel fioretto vinto da Puliti. I tecnici sono concordi: lo vedono in progresso ed in crescita costante, uno schermidore solido. Il 1924 è annata olimpica ed a 29 anni Boni ha la maturità giusta per ritentare la strada dei Giochi. Teme pochi confronti: a fine febbraio, nella prima selezione olimpica che si tiene alla Scuola della Farnesina a Roma, vince il suo girone di fioretto ed entra a vele spiegate nella lista dei trenta probabili azzurri. Nella Commissione Tecnica, tra l’altro, vi sono due grandi personaggi come Nadi ed Ollivier, che lo conoscono bene e lo apprezzano. Boni non vuole sconti, non ne ha bisogno: il 28 maggio, nelle sale della “Società del Giardino” a Milano si tiene la prova decisiva di fioretto. Boni chiude terzo, superato solo dall’imbattibile Puliti e dall’emergente Pessina. La maglia azzurra è sua, con pieno merito, come comunicato dal CT Flauto. Le gare olimpiche di scherma si svolgono al Vel d’Hiv, il famoso Velodromo d’Inverno della capitale francese, teatro di numerose competizioni ciclistiche di primo piano. Boni esordisce nel fioretto a squadre, cui prendono parte 12 nazioni. Esentati dal primo turno, i nostri scendono in pedana il 28 giugno nei quarti di finale ed è spettacolo: nella loro poule battono 16-0 l’Ungheria, 12-4 la Svizzera e 13-3 l’Austria. Boni gareggia contro Ungheria ed Austria, con grandissimo merito: otto vittorie e zero sconfitte. Fatica solo con l’ungherese Tersztyanszky, l’unico a costringerlo al 5-4. Il 29 giugno tocca alla semifinale e gli azzurri se la devono vedere con Belgio e Danimarca. Ma poichè la Danimarca è sconfitta sia dai nostri che dal Belgio, l’incontro tra quest’ultimo e gli azzurri non viene disputato in quanto entrano in finale le prime due compagini. Boni riposa un turno e non scende in pedana contro i danesi, superati 12-4. Il 30 luglio è finale, in un girone a quattro, con Francia, Ungheria e lo stesso Belgio. La medaglia sembra praticamente scontata anche se la Francia fa paura. In effetti incontriamo subito proprio i transalpini e sono scintille. Boni perde con Cattiau 5-2, i francesi sono forti e si portano sul 3-1. Tocca di nuovo a Boni contro Gaudin: i due arrivano sul 4-4 e succede il patatrac. Il giudice ungherese Kovacs attribuisce la stoccata decisiva a Gaudin. Boni non ci sta, inveisce e protesta, offende il giudice, che chiede la traduzione delle sue poule a Italo Santelli, CT degli ungheresi. Segue la protesta ufficiale del giudice, che chiede scuse immediate. Nasce un parapiglia, l’intera squadra italiana brontola ed urla a squarciagola, Boni si rifiuta di porgere le scuse, ben spalleggiato da tutti i nostri, dirigenti compresi. Alla fine, dopo un breve conciliabolo, gli azzurri decidono di abbandonare clamorosamente e lasciano lo stadio, cantando “Giovinezza”. Non possono che essere classificati come quarti. L’oro va alla Francia, probabilmente superiore tecnicamente ai nostri, argento per il Belgio, bronzo all’Ungheria. Abbiamo buttato al vento una medaglia, per orgoglio e spirito patriottico. Inoltre, per protesta, nessuno dei nostri disputa il torneo di fioretto individuale. La questione però ha pesanti strascichi. Santelli viene pesantemente accusato dalla stampa italiana ed il giornalista Cotronei è particolarmente attivo in questo senso, al punto che tra i due si arriva alla sfida a duello. Italo, come consente il codice cavalleresco, si fa sostituire dal figlio Giorgio. Cotronei non può certo arretrare, ne va dell’onore non solo suo ma dell’Italia intera. La sede del duello è alquanto insolita: Abbazia, in Istria. La sfida dura ben poco, Giorgio è troppo più forte: Cotronei viene ferito al volto e tutto finisce lì. Rimane però una figura non proprio adamantina dei nostri: qualcuno ipotizza che abbiano preferito l’onore alla sconfitta sul campo. Boni è affranto, avviluppato probabilmente in un gioco più grande di lui. Rimane talmente sconcertato ed amareggiato da non risalire in pedana per diversi mesi. Il suo “caso” rimane nella storia, olimpica e non, come paradigma del potere delle giurie e, soprattutto, di quanto la politica possa influenzare lo sport.
Nel 1925 Boni ci riprova, ma inizia la sua decadenza. Il 24 maggio chiude solo 11° la “Coppa Belloni” di fioretto a Cremona, vinta da Terlizzi. Ha un sussulto ai tricolori di Ancona: il 4 gennaio 1926 termina terzo nel fioretto, sopravanzato dal giovane Guaragna e Pignotti. Nel 1926 stessa storia. Il 25 aprile a Bologna si aggiudica il campionato emiliano di fioretto, ma ai primi di giugno a Cremona, nel prestigioso “Trofeo del Littorio”, con la stessa arma termina solo decimo. L’anno seguente continua a tirare di fioretto, ma i risultati sono altalenanti. Il 5 giugno vince a Ferrara il campionato emiliano, ma il 3 luglio a Cremona chiude decimo il torneo vinto da Puliti. In vista dei Giochi ci riprova. Il 26 febbraio partecipa alla preolimpica di fioretto a Firenze, dove si affrontano due squadre “miste”, ma è un patatrac: 0-6 il suo pessimo score, che certo non induce all’ottimismo. Il 1 aprile riguadagna comunque il titolo regionale di fioretto nelle sale della “Panaro” di Modena. Il 3 giugno a Bologna chiude al sesto posto i tricolori di fioretto vinti da Guaragna: troppi avversari gli sono davanti, la maglia azzurra pare una chimera. Difatti il 22 giugno, nell’ultima e decisiva preolimpica di Cremona, il suo score di 1-5 parla fin troppo chiaro: non viene selezionato. Però non molla ed a livello locale è sempre tra i migliori: nel 1929 si aggiudica il campionato regionale in fioretto e sciabola. Sulla scia di questi successi si comporta bene anche ai tricolori di Abbazia, disputati a maggio: 4° nel fioretto ed 8° nella sciabola, prove vinte rispettivamente dagli olimpionici Guaragna ed Anselmi. Si rivede il 12 maggio 1930 ai tricolori di fioretto a Napoli: chiude al 5° posto (vince l’outsider Girace). Non demorde: il 15 febbraio 1931 termina quarto il torneo di sciabola a Venezia vinto da De Martino ed il 5 maggio a Venezia si piazza settimo nei tricolori di fioretto vinti da Guaragna. Ad ottobre ha la bella sorpresa di essere selezionato tra i “probabili olmipici”, ma nelle preolimpiche non va molto lontano ed il CT Nadi lo esclude dalla lista degli azzurri per Los Angeles. Termina in pratica qui la sua carriera ad alti livelli.