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BONACOSSA Alberto

Vigevano (PV) 24.08.1883 / Milano 30.01.1953

1920. Tennis. Eliminato Primo Turno

Conte e rampollo di una nota famiglia imprenditoriale che ha fatto fortuna con i setifici in tutta la Lomellina, a partire dalla metà dell’Ottocento. Originari di Dorno, i Bonacossa hanno impiantato numerose filande, impiegando fino ad un migliaio di operai, soprattutto donne, portando l’eccellenza della seta italiana a trionfare in tutto il mondo. Ricchi ma benefattori, con numerose opere filantropiche a Vigevano (dove poi si sono installati) e dintorni. Cesare, padre di Alberto, nel 1913 viene nominato conte proprio per i suoi meriti sociali. Sin da bambino, Alberto è attratto dallo sport: il padre è un grande appassionato di scherma e spesso duella amichevolmente con Felice Cavallotti[1], amico fidato. Alberto vive un’infanzia dorata, costellata da insegnamenti rigidi e formali ma anche da vacanze nel Verbano ed a Macugnaga, dove impara ad amare la montagna e la sana vita sportiva all’aria aperta. Studia a Milano, poi a Genova, dove entra nella “Colombo”, ma più che la ginnastica, pratica il sollevamento pesi, che irrobustisce notevolmente il suo fisico, alto e slanciato al punto da essere definito “il lungo” anche per le gambe affusolate e possenti. Prova pure i 100m e risulta abbastanza veloce al punto che, nel 1900, diventa campione vigevanese della specialità. Nel 1901 Bonacossa è a Torino per gli studi liceali: rimane attratto dal Valentino e dalla sua pista di pattinaggio[2] dove si esercita a lungo, addirittura la mattina presto, prima di andare a scuola. Intanto prosegue le sue escursioni in montagna, con scalate vere e proprie nella zona del Moncenisio. Nel primo lustro del Novecento la sua “palestra alpina” preferita è comunque rappresentata dalla zona intorno a Macugnaga. Inevitabile per un simile appassionato l’iscrizione al CAI di cui sarà un fedele socio e dirigente. Nel 1904 Bonacossa si trasferisce a Zurigo per studiare al famoso Politecnico e qui pratica altri sport, in un crescendo continuo ed estenuante: il compagno di studi Gerolamo Radice[3] lo introduce ai segreti del calcio e si tessera per il Grasshoppers[4]. Il vicino lago lo attira: compie la traversata a nuoto del bacino (aveva imparato a nuotare nel Ticino), con un trudgeon niente male, e diventa un canottiere provetto. Ma l’incontro fatale è quello con un altro compagno di studi, Gilberto Porro Lambertenghi[5] il quale lo instrada verso altre due passioni, che diverranno quasi ragioni di vita: la moto ed il tennis, sport al quale inizialmente Alberto si avvicina controvoglia, ritenendolo una sorta di passatempo per annoiati dandies ma in cui, fin da subito e grazie alla sua fisicità atletica, dimostra buone attitudini.

Superato brillantemente anche il Politecnico, Bonacossa si reca in Germania, a Karlsruhe, per studiare nella locale Università. Studia, ma soprattutto pratica sport, apprendendo pure i rudimenti del judo da alcuni studenti giapponesi. La sua brama di sport è così forte che ogni disciplina sembra attrarlo. Con la sua fida moto scorrazza fino a Baden-Baden, dove continua a praticare tennis, poi in montagna a sciare e pattinare. La laurea in ingegneria chimica-industriale, con tesi sugli esplosivi, appare solo un ammennicolo, trovato quasi per caso tra uno sport e l’altro. Sembra di essere di fronte ad un super-eroe capace di tutto e di più. Espletato il servizio militare come artigliere a cavallo (dunque pure lo sport dell’equitazione!) e provato perfino il salto con l’asta, nei primi anni ’10 Bonacossa si sposa e si stabilisce a Milano, ma non molla certo la sua attività sportiva, anche da dirigente dell’ACI e come Presidente della Federazione Motociclistica. A livello agonistico insiste col pattinaggio su ghiaccio: il 31 gennaio 1912 vince a Engelbergg, in Svizzera, il concorso internazionale, con figure obbligatorie, davanti all’inglese Alexander ed al francese Foy. Ma pratica soprattutto il tennis di cui ormai è uno tra i più forti giocatori italiani: a fine settembre vince il torneo di doppio a Stresa, assieme a Colombo, battendo i forti fratelli Fender. Gioca, con un certo successo, anche a Varese, Como, Firenze oltre che ovviamente a Milano, sui campi della Cagnola. In inverno torna allo sci, dove il fratello minore Aldo[6] è il più forte dei due, ed al pattinaggio, pure di velocità: il 20 febbraio 1913 Alberto è difatti primo sui 1000m del Campionato del Cantone di Uri, in Svizzera, bissando il successo nella prova artistica. Nella Confederazione si cimenta anche nel tennis: il 30 marzo vince il singolare del torneo di Locarno dopo un’appassionante lotta di tre ore con lo svizzero Trotter: 4-6, 8-6, 9-7 il punteggio finale. A Locarno vince anche il doppio, con Bellani, contro gli zurighesi Nathan-Aesriel per 6-1, 6-3. Non va altrettanto bene a fine maggio ai tricolori disputati al TC Milano, alla Cagnola. Bonacossa viene eliminato subito al primo turno dal genovese Croce dopo una lunghissima battaglia, 9-7 al quinto set. Nel doppio gareggia assieme a Prouse[7] ma in finale cedono ai forti Suzzi-Colombo: dopo aver vinto il primo set 6-4, perdono gli altri tre seguenti 7-5, 6-4, 6-3. In inverno Bonacossa dà spettacolo sul ghiaccio: il 18 gennaio 1914 vince il primo Campionato Italiano ufficiale mai disputato di Pattinaggio Atistico, sul piccolo e pittoresco lago ghiacciato di Ghirla. Ottiene 162 punti contro i 145 del torinese Candellero, terzo è il milanese Bellani e quarto il fratello Aldo, che continua a disimpegnarsi meglio con gli sci. I due Bonacossa sono fra i principali promotori degli sport invernali in Italia, veri precursori di tutte le specialità della neve. Cinque giorni dopo, rivincita per tutti nel Campionato Milanese, sulla pista della “Società Milanese dei Pattinatori” a Porta Magenta: rivince Bonacossa e secondo è Bellani che si consola col successo nella gara di...valzer assieme a Maddalena Frua. Infine il 25 gennaio ecco il Campionato Lombardo di pattinaggio a Brunate: di nuovo primo Alberto su Bellani ed Aldo.

Alberto è comunque soprattutto un ottimo giocatore di tennis, di cui è un vero e proprio cultore: nel 1914, oltre a scrivere articoli sulla “Gazzetta”, pubblica un libro assieme all’amico Porro Lambertenghi, un dettagliato manuale dal semplice titolo di “Il tennis”, suscitando molta attenzione e contribuendo non poco allo sviluppo di questo sport, ancora legato però alle classi elitarie della società e giocato a Milano, sui campi che dalla Cagnola si sono spostati in Via Domodossola. In inverno, nonostante la guerra alle porte, Bonacossa è di nuovo sul ghiaccio: il 27 gennaio è primo a Ponte di Legno ed i critici entusiasti lo definiscono “un gran virtuoso”. Quattro giorni dopo, al Valentino di Torino, proprio laddove aveva iniziato a pattinare, si laurea di nuovo tricolore di figure, “con stile elegante a naturale”, davanti a Candellero e Bellani. Bonacossa totalizza 100 punti contro i 73.2 e 72.4 degli altri, scavando un abisso a dimostrazione della sua superiorità. Ma il fatidico 24 maggio anche il nostro paese entra in guerra. Dopo un breve passaggio in artiglieria, dove non manca di far valere le sue competenze in fatto di esplosivi, Bonacossa passa al Genio e poi al Comando Supremo. Per sua volontà, dopo Caporetto rientra in prima linea, coordinando la costruzione delle difese nella zona compresa tra Sile e Piave, in mezzo a trincee, argini e caposaldi. Si trova direttamente agli ordini del Generale Ceccherini, ex schermidore e medaglia d’argento ai Giochi del 1908, che lo prende a ben volere, anche per la comunanza sportiva. Bonacossa si distingue, e non poco. Ai primi di luglio del 1918, mentre continua a dirigere lavori di zappatori e genieri sotto il fuoco nemico, nella zona di Cortellazzo, viene ferito alle gambe da alcune schegge di shrapnel. Medicato alla meglio, zoppo e dolorante, rimane al suo posto per diverse ore, a difesa del presidio, quindi cede stremato. Per il suo ardimento riceve una Medaglia d’Argento al Valor Militare. Terminata finalmente la guerra, la sua compagnia viene subito trasferita in Libia dove la situazione non è tranquilla ed il Genio è necessario per scavare e riattivare pozzi d’acqua. Bonacossa rimane in Africa qualche mese, infine rientra a Milano nell’estate del 1919. Riprende la vita consueta, tra sport ed incarichi dirigenziali, sovraintendendo la ripresa motociclistica a livello agonistico e tornando al suo amato tennis: diventa difatti Presidente del TC Milano. Come inizia l’inverno, riprende anche a pattinare, in particolare alla Cascina Caccialepore i cui prati tendono a ghiacciare, soprattutto all’alba: Bonacossa si alza in piena notte per essere pronto a calzare i pattini ed esercitarsi con le prime luci del giorno. Trova anche il tempo di recarsi a St. Moritz dove, sulla pista del Palace Hotel, riceve lezioni ed esegue acrobazie sui pattini sotto la guida del noto maestro svedese Meyer[8].

Mette a frutto questi insegnamenti: l’8 febbraio 1920 Bonacossa stravince il Campionato Italiano di pattinaggio su ghiaccio, specialità figure, ottenendo il massimo dei punti (66) e distanziando nettamente il secondo classificato (Santagostino, 38 punti). Non contento, si aggiudica anche il campionato di “danza a coppie” con la moglie Marisa. In primavera torna sui campi da tennis: l’8 maggio vince a Firenze, al circolo delle Cascine, il torneo di doppio, assieme a Colombo, battendo in finale la coppia Merciai-Fovra per 6-2, 3-6, 6-4. In effetti Bonacossa è un grande doppista: accoppiato al neozelandese Prouse, a fine maggio vince anche il torneo del TC Valentino di Torino, battendo in finale il duo di casa Pellegrini-Ferro per 6-1, 6-2, 6-1. Un risultato che non ammette discussioni. A luglio, già sicuro della convocazione olimpica[9], Bonacossa organizza il torneo di S. Pellegrino, dove è sconfitto in finale nel doppio, sia maschile che misto: nel primo caso, in coppia con Clerici, perde 6-3, 7-5, 3-6, 6-4 da Colombo-Suzzi; nel secondo, insieme a Egidia Conelli, è battuto dai coniugi Colombo 2-6, 6-2, 10-8. Vince invece il doppio misto ad handicap, assieme a Rota, superando 6-4, 6-3 Gagliardi-Balbi. Poi si va ad Anversa dove i tennisti, unici tra tutti gli azzurri, non dormono nelle camerate di “Casa Italia”, una scuola riadattata a sorta di ostello, ma bensì in hotel: a loro parziale scusante, la presenza tra loro dell’unica donna della spedizione, Rosetta Gagliardi. I tornei olimpici di tennis si giocano al Royal Berschoot Tennis&Hockey Club, nei pressi dell’Olympisch Stadion. Al torneo di singolare maschile partecipano 41 giocatori di 14 nazioni ma il livello qualitativo non è eccelso: mancano americani ed australiani, impegnati nel concomitante, e ben più importante, US Open a Forest Hills. Bonacossa esordisce il 16 agosto ed è il primo tennista italiano in assoluto a giocare un incontro olimpico. Non va bene: viene battuto in 4 set dallo svedese Von Braun che si impone 4-6, 6-1, 7-5, 6-2. Bonacossa dunque è subito eliminato. L’oro va al sudafricano Raymond sul giapponese Kumagae, bronzo all’altro sudafricano Winslow. Termina così in fretta l’ esperienza olimpica da atleta di Bonacossa, ma non certo la sua carriera agonistica nè tanto meno la sua attività nel mondo olimpico internazionale. Intanto il 30 gennaio 1921 riconquista il titolo italiano di pattinaggio artistico, figure, superando Reinach e bissando il titolo anche nella gara a coppie con la moglie Marisa, stavolta davanti al fratello Aldo in coppia con Rosetta Gagliardi. Il 4 giugno vince il torneo di doppio a Trieste, in coppia con Chiesa[10]: nel capoluogo giuliano Bonacossa si impone anche nella gara ad handicap di cui rimane un maestro. In inverno torna sul ghiaccio: il 26 gennaio rivince il titolo tricolore di figure, sul campo meneghino di Baggio, trionfando con 75 punti contro i 45 di Colombo. Assieme alla moglie Marisa (prima nella prova riservata alle donne) si aggiudica anche il titolo delle coppie.

Bonacossa il 4 marzo 1922 viene eletto Presidente del TC Milano è si dà un gran daffare per edificare la nuova sede, moderna ed efficiente, dotata di ottimi campi, che sarà realizzata in Via Arimondi su progetto di Giovanni Muzio. Bonacossa si avvia alla fatidica soglia dei 40 anni e se non abbandona lo sport attivo, amplia comunque il suo campo d’azione all’organizzazione ed all’olimpismo. Non lascia soprattutto il tennis: a metà giugno vince il singolare del torneo di Brescia, superando in finale il coriaceo Torri 8-6, 6-2, 7-5. Solito discorso in inverno: il 28 gennaio 1923 Bonacossa vince il titolo italiano di pattinaggio di figura, al Valentino di Torino. Domina la prova, dall’alto dei suoi 184,5 punti contro i 153 di Candellero. Tra le donne primeggia ancora la moglie Marisa, ma i coniugi Bonacossa disertano la prova a coppie, probabilmente in un rigurgito di sportività teso a lasciare spazio agli altri concorrenti. Nel 1923 Bonacossa corona i suoi sforzi ed un altro grande sogno della sua vita: il 12 maggio difatti viene inaugurata, con la giusta solennità e pompa magna, la nuova sede del TC Milano, struttura all’avanguardia nonchè coacervo di stile e mondanità. Bonacossa non si ferma: il 26 settembre 1923 vince il torneo di Stresa, detto anche Campionato del Verbano, battendo in finale De Swirsky che però, assieme a Spasciani, si prende la rivincita nel doppio dove Bonacossa gareggia con Tornielli. A dicembre Bonacossa diventa presidente della federazione internazionale di motociclismo. Si dà un gran da fare per l’organizzazione della spedizione azzurra ai Giochi di Chamonix, i primi Invernali della storia. Crea dal niente le squadre di bob, prendendo da una parte i migliori di Vipiteno, culla della specialità, e dall’altra coinvolgendo alcuni sportsmen e gentlemen suoi amici. Già membro della federazione internazionale di hockey, lo diventa anche di quella del bob. A Chamonix in pratica Bonacossa è il capo-delegazione della nostra spedizione. Fa tutto lui, consiglia, dirige, sorveglia, supervisiona, gestisce pubbliche relazioni: sempre in prima fila, lo conoscono tutti, ammirato ed ammirevole, personaggio sportivo nel più alto senso del termine. Terminati i Giochi, dove i nostri non hanno certo brillato, tenendo comunque un comportamento dignitoso, Bonacossa torna all’antico amore del pattinaggio: il 9 marzo al neonato Palazzo del Ghiaccio di Milano[11] rivince il titolo di figure, con oltre 100 punti di margine sul secondo, Colombo. Successo tra l’altro bissato di nuovo anche dalla moglie Marisa nella gara femminile[12]. Ai Giochi di Parigi, Bonacossa ripete quanto fatto a Chamonix: se non è il capo-delegazione ufficiale, poco ci manca. Interviene più volte in questioni diplomatico-sportive, soprattutto nella scherma dove non mancano discussioni e squalifiche causa giurie troppo avverse ai nostri rappresentanti. Bonacossa è onnipresente, a “Casa Italia”, gestita con acume da Giuseppe Corbari, come sui campi di gara, a tifare per gli azzurri, a rincuorarli, a gioire con loro, ad assisterli sempre e comunque.

La sua figura, imponente e magnetica, è un punto di riferimento fondamentale per chiunque voglia interfacciarsi coi nostri atleti, giornalisti e dirigenti CIO compresi. Anche Bonacossa comunque, nonostante i 40 anni suonati, rimane un atleta. Il 6 e 7 settembre, nel “suo” TC Milano, scende in campo nell’incontro di tennis Italia-Svizzera. Perdiamo 13-11 ma Bonacossa, con Gaslini[13], vince i suoi due matches di doppio, battendo Turrettini-De Grenus (7-9, 10-8, 6-2, 6-3) e Raisin-Syz (3-6, 9-7, 6-3, 9-7). In inverno Bonacossa torna al primo amore, il pattinaggio ed il 18 gennaio 1925 rivince, a Torino, il tricolore di “figura”, nettamente: ottiene 122,5 punti contro i 76,25 di Mangiagalli, secondo. Nello stesso anno consegue il suo successo più importante: entra infatti ufficialmente nel CIO di cui sarà per decenni figura preminente. Ormai, a 42 anni suonati, è più dirigente che atleta ma nel 1926 vince ancora, guadagnando un altro titolo nel pattinaggio di figura, il 24 marzo al Palazzo del Ghiaccio di Milano[14]: il successo fa di nuovo il paio con quello della moglie Marisa nella prova femminile. Continua anche a giocare a tennis, e non solo per divertimento: il 5 settembre si aggiudica il torneo di Carezza, disputato sui campi dell’esclusivo Hotel Karersee. Torneo in cui si impone pure l’anno seguente, battendo in finale Covi 6-2, 6-3, 6-2. In quest’occasione vince pure il doppio, assieme a De Swirsky. Nel 1928, il 22 gennaio, sulla pista del Grand Hotel Savoia di Cortina, rivince il titolo nel pattinaggio di figura (e la moglie si impone tra le donne). Nel 1929 acquista “La Gazzetta dello Sport” di cui rimarrà a lungo proprietario. Continua a gareggiare, divertendosi: l’ultimo suo successo sportivo avviene nel tanto amato tennis, nel torneo di Como del 1931 quando si aggiudica doppio e doppio misto, rispettivamente con Gaslini e Valerio. Tra le varie cariche, Bonacossa diventa pure Presidente dell’ACI e segue numerose edizioni dei Giochi, recandosi pure a Los Angeles nel 1932. Nel 1936 partecipa alla campagna d’Etiopia col Genio. Rimane a lungo un grande personaggio e dirigente del mondo sportivo. Nell’agosto del 1943 viene nominato Presidente/Commissario del CONI, ma solo per un mese, poi dopo l’8 settembre sparisce di scena, ritirandosi nella sua residenza di Brunate e dedicandosi alla filatelia, altra sua grande passione. Nel dopoguerra torna agli incarichi dirigenziali sportivi, sviluppando con Onesti, Presidente del CONI, grande sinergia fino a farsi promotore dei Giochi di Cortina del 1956. Purtroppo non ne vede l’esito: scompare a 69 anni per un collasso cardiocircolatorio, a Milano nella sua casa di Piazza S. Maria delle Grazie. La sua figura si staglia nell’olimpismo mondiale ad un livello assoluto, come atleta e soprattutto come dirigente illuminato cui non è mai mancato entusiasmo, sagacia, lungimiranza e perfino un certo aspetto visionario. Lo sviluppo dello sport italiano nella prima metà del XX secolo deve molto al suo indefesso impegno, non sempre oggi ricordato a dovere.


[1] Nato a Milano il 6 ottobre 1842. Grande politico e letterato, fervente garibaldino, massimo esponente dell’etstrema Sinistra, combatte molte battaglie sociali al punto da essere definito il “bardo della democrazia”. Parlamentare per molte legislature, muore a Roma durante un celebre duello alla sciabola con Ferruccio Macola, trafitto alla carotide, il 6 marzo 1898

[2] Mancando, ovviamente, un moderno impianto di refrigerazione nel sottosuolo, il ghiaccio viene prodotto dal congelamento per le basse temperature dell’acqua spruzzata dall’alto tramite un ingegnoso impianto ottenuto con le attrezzature dei pompieri

[3] Nato a Milano l’11.11.1883. Portiere, al Milan dal 1902, gioca a lungo nella squadra riserve con cui vince l’apposito Campionato nel 1906. Poi entra in prima squadra e conquista il titolo assoluto nel 1907. Gioca fino al 1909, poi diventa arbitro e dirigente del Milan stesso. Nella Prima Guerra Mondiale, volontario sottotenente di Fanteria, guadagna una Medaglia d’Argento al Valor Militare

[4] Fondato nel 1886 dall’inglese Griffith, è la prima squadra di calcio elvetica ad essere nata, tra le prime anche a livello continentale. Colori sociali bianco-blu dall’emblema del Cantone di Zurigo. Il nome, inglese, significa cavallette che difatti rappresentano il simbolo del club, una polisportiva con branche di hockey, tennis, basket. Al suo attivo 27 Campionati Svizzeri (record), compreso il primo torneo ufficiale a livello nazionale della Confederazione (1897-98)

[5] All’anagrafe Giberto, nato a Milano il 18.10.1883. Marchese. Appartenente ad una nota famiglia aristocratica le cui origini note risalgono al XIII secolo, proveniente dal comasco e con personaggi risorgimentali di spicco come i patrioti illuminati Luigi e Giulio. Giberto è tra i primi giocatori di tennis in Italia, anche calciatore del Milan sia pure soltanto in alcune amichevoli tra gli anni 1905 e 1908. Appassionato dirigente e vice-presidente del Milan, perde la vita in combattimento durante la Prima Guerra Mondiale: sottotenente di Cavalleria, viene ferito a morte sulla Bainsizza il 27.08.1917

[6] Nato a Vigevano il 07.08.1885. Grande alpinista ed ottimo sciatore con all’attivo diverse vittorie in discesa libera. Esploratore, geografo e fotografo, realizza numerose prime ascensioni, perfino nelle Ande. Nel 1923 compie la prima ascensione del Corno Grande sul Gran Sasso, scendendo poi con gli sci. Presidente del CAI e tra i fondatori della FIS (futura FISI), ha dato un forte impulso, organizzativo e dirigenziale, agli sport della neve nella loro fase primordiale

[7] George Stanley Prouse, classe 1883, nato in Nuova Zelanda ma trasferitosi presto in Europa e stabilitosi a Milano dove studia canto e giurisprudenza. Classico gentleman di stampo anglosassone, grande sportivo, ottimo tennista dei primordi. Nel 1913 vince il Campionato del Verbano a Stresa. Rimane in Italia, diviene agente della Slazenger e della Dunlop, sposa la tennista milanese Rosetta Gagliardi, olimpionica del 1920. Infine nel 1936 fonda la “Maxima”, una tra le principali aziende italiane produttrici di racchette da tennis

[8] Bror Meyer, nato a Stoccolma il 12.02.1885, nel 1906 ottiene il bronzo ai Campionati Mondiali di Monaco. Tra i pattinatori artistici più importanti dei primordi, nel 1921 pubblicherà il libro “Skating with Bror Meyer”, una bibbia per gli appassionati

[9] La lista per i Giochi è stata stilata direttamente dal consiglio della FIT presieduto da Beppe Croce

[10] Alberto Chiesa. Vince il torneo di St. Moritz nel 1923, singolare e doppio misto con la spagnola Alvarez

[11] Situato in Via Piranesi, zona Porta Vittoria, è stato inaugurato il 28 dicembre 1923 e Bonacossa è stato l’artefice principale della sua realizzazione. Dopo una profonda ristrutturazione, l’edificio è attivo ancora oggi, trasformato in un moderno spazio polifunzionale

[12] La signora Marisa, sportiva e filantropa, nella scia del marito sarà anche valida scalatrice, compiendo diverse ascensioni dolomitiche sotto la guida del mitico Tita Piaz

[13] Placido Gaslini, milanese, di famiglia benestante. Avvocato ed imprenditore, tra i migliori giocatori italiani degli anni Venti, ottimo doppista. Nel 1924 vince i tornei di Premeno, Stresa e Montecarlo. Nel 1925 si aggiudica il titolo italiano indoor, a Torino, in singolare e doppio (con Balbi); i tornei di Alassio, Torino, Genova, Stresa e Premeno oltre al campionato italiano universitari. Nel 1926 vince al TC Juventus di Torino, a Premeno ed a Stresa; nel 1927 a Viareggio, nel 1928 ad Alassio, Milano ed in doppio a Cannes (con Von Kherling). Nel 1929 e 1930 primeggia a Genova. Nel 1931 vince il titolo italiano di doppio, con Sertorio, e doppio misto, con Valerio assieme alla quale vincerà il tricolore anche l’anno seguente. In Coppa Davis costituisce un ottimo doppio con De Morpurgo anche se il suo score generale in questo prestigioso torneo è di 8 vittorie (7 in doppio!) e 9 sconfitte. Famoso anche per essere stato, per un certo periodo, il compagno della mitica Suzanne Lenglen

[14] Bonacossa ottiene 76,68 punti contro i 65,5 del secondo, Bonfiglio


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