BIANCHI Bianco
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Quarrata (PT) 06.04.1917 / Livorno 17.07.1997
1936. Ciclismo. MEDAGLIA D’ARGENTO Inseguimento a Squadre
Nasce in una famiglia di grandi tradizioni sportive: lo zio è Ubaldo Bianchi[1]. Ragazzone alto (1,83m) e prestante, sale in bicicletta giovanissimo e comincia a mietere successi già tra gli Allievi, nel 1933: il 21 aprile vince una gara a Nave di Rovezzano, nove giorni dopo primeggia nella “Coppa Mezzana”. L’11 giugno si aggiudica il “GP Capostrada”, il 2 luglio si impone nella “Corsa del Fascio” a Pistoia. Il 15 agosto vince il circuito di Seano. Il 24 settembre primeggia a Fucecchio. L’8 e 9 ottobre coglie due vittorie in due giorni: “GP Peretola” e “Coppa Fascio” a Pistoia. Il 15 ottobre batte tutti nella “Coppa Nesti” a Bottegone. S’è già fatto un nome in Toscana, pare tra i giovani più promettenti della regione. Nel 1934, ancora Allievo, ricomincia da dove aveva finito. Il 4 marzo si aggiudica il “Criterium d’Apertura” a Pistoia e sette giorni dopo coglie il successo nella prima prova del campionato toscano, disputata a Forcoli. Si dedica anche alla pista dove, dotato di un buon spunto veloce, sembra avere le giuste caratteristiche per emergere. L’8 luglio, al Velodromo Appio di Roma, termina terzo nel tricolore di velocità per la categoria Allievi, superato dall’altro futuro olimpionico Loatti e Toccaceli. Il 28 luglio a Pistoia vince la velocità mentre nell’eliminazione è battuto dal “solito” Loatti, il suo avversario più pericoloso. Il 15 agosto a Pistoia Bianchi vince la “Coppa Monfardini” e dodici giorni dopo si aggiudica il “GP S. Piero a Ponti”. Si confronta poi anche con i più grandi, continuando a convincere: il 16 settembre vince a Pistoia il “GP Tariffi” per “Giovani Fascisti”. Nella stessa città toscana si aggiudica pure la “Coppa Betti” il 2 ottobre. Cinque giorni dopo, è a Roma, dove supera tutti nel “GP Meoni”. Tra i battuti futuri personaggi di spicco come Toccaceli[2] e soprattutto Leoni[3], secondo e terzo. Inizia il 1935 ancora Allievo, vincendo il 14 aprile il “GP Monti” a Roma. Compiuti i 18 anni, passa dilettante, ma la musica non cambia molto. Il 14 luglio a Firenze vince la “Coppa Ugolini”, superando in volata un certo Cinelli[4]. Il 3 settembre Bianchi primeggia nel “Circuito del Montalbano” a Prato. Il 29 settembre finisce quarto nel “Trofeo Acerbo” a Montesilvano, vinto da Bizzi[5]. Il 6 ottobre è battuto solo da Del Cancia[6] nella “Coppa Pasini” a Forlì. Sette giorni dopo, chiude al terzo posto la “Coppa Grappolini” a Firenze, superato da Giotto Cinelli[7] e Bizzi. In inverno si dedica al ciclocross: l’8 dicembre vince a Firenze davanti al professionista Cimatti. Bianchi inizia il 1936 alla grande: il 19 marzo vince la “Coppa Tempora” a Bettolle, tre giorni dopo primeggia nel “Medaglione Vassura” a Forlì, il 29 marzo si aggiudica la “Coppa Bozzi” a Pistoia ed il 5 aprile svetta nel “GP Olimpia” a Bologna! Molto atteso, delude il 12 aprile nel “GP Pasqua” a Roma, finendo lontano dai primi con qualche attenuante (forature e vari incidenti meccanici). Rimane nella capitale ed al Velodromo Appio si dedica alla pista: il 26 aprile vince un inseguimento contro Saponetti, dimostrando anche buone attitudini di passista. I tecnici azzurri iniziano a seguirlo con attenzione. Tant’è vero che lo invitano alle preolimpiche dove si comporta bene: il 10 maggio al “Vigorelli” vince l’inseguimento a squadre, dove viene inserito subito tra i “possibili olimpici”. Nella stessa riunione vince l’eliminazione ed è terzo nel km da fermo, alle spalle di Pasotta e Latini. Ha preso alla svelta dimestichezza con la pista. 14 giorni dopo però, sullo stesso anello, schierato con tre compagni forse non alla sua altezza (Pedretti, Tosi e Marini), viene battuto da una compagine che viaggia ad oltre 50 di media[8]. I tecnici però hanno apprezzato la sua prova e lo tengono ancora nella lista per Berlino. Nella stessa riunione, accoppiato a Del Bino, Bianchi finisce terzo nell’americana vinta da Loatti-Ardizzoni.
Poi, a metà giugno, Bianchi si reca a Torino per il collegiale azzurro, sotto la guida del CT Verri. Vengono eseguiti vari test e Bianchi, possente e pimpante, si assicura la chiamata per il ritiro preolimpico azzurro con sede a Castegandolfo ed allenamenti quotidiani al Velodromo Appio. Quando, il 27 luglio, si parte per Berlino, in treno da Verona, la compagine del quartetto azzurro non è ancora definita: sembra però che Saponetti sia favorito rispetto a Bianchi. Arrivati in Germania, Saponetti palesa qualche difficoltà di troppo, anche fisica, ed alla fine Bianchi diventa titolare. Le gare di ciclismo su pista dei Giochi di Berlino si tengono al Velodromo Olimpico. La prova di inseguimento a squadre vede al via 13 nazioni. Il 6 agosto i nostri stravincono il primo turno, con sei secondi di margine sul Canada ed il nuovo record olimpico (4’49”6). Due giorni dopo, nei quarti di finale, si ripetono contro la Gran Bretagna che, per lo strambo regolamento[9], si ritrovano di fronte in semifinale nel giro di due ore. Rivincono, ma con un vantaggio più limitato (8/10 invece di 3”6). Si tratta di un piccolo segnale d’allarme, che viene confermato nella finale, disputata praticamente di seguito contro la Francia. Il match all’inizio pare equilibrato, ma nella seconda metà di gara escono alla grande i transalpini, che si aggiudicano l’oro con sei secondi di margine (4’45” contro 4’51”). I nostri peggiorano il tempo del primo turno e ciò testimonia come qualcosa non abbia funzionato a dovere. Gli azzurri dunque interrompono la serie di ori consecutivi, che durava in questa disciplina dal 1920. L’argento, pur se lascia l’amaro in bocca, non è assolutamente da disprezzare ed i nostri meritano comunque un bel voto, anche perchè la Francia è una signora squadra: non a caso due componenti del quartetto vincente, Charpentier e Lapebie, guadagneranno due giorni dopo oro ed argento nella prova individuale su strada. Il podio è completato dalla Gran Bretagna. Dopo i Giochi, Bianchi prosegue la carriera, ma senza risultati brillanti. L’unico successo ottenuto da professionista lo consegue in una corsa minore, il “GP Malaguti” a Bologna del 1938, anno in cui si piazza secondo nel promiscuo “Giro dell’Emilia” alle spalle dell’altro olimpionico Ardizzoni. Non trova ingaggi in squadre importanti e la Seconda Guerra Mondiale spezza la sua attività senza che sia riuscito ad esprimersi al meglio. Rientra alle competizioni nel 1946, cogliendo però solo piazzamenti in gare di secondo piano. Abbandona così le corse, lasciando negli addetti ai lavori il senso di non essere riuscito ad ottenere il massimo delle sue potenzialità.
[1] Nato a Pistoia il 29.05.1890. Inizia la sua carriera sportiva come giavellottista: il 21 settembre 1913 a Milano guadagna il titolo italiano nello stile “impugnato”, col record italiano (36,56m). Poi passa alla greco-romana ed è tra i nostri più grandi lottatori di tutti i tempi. Vince tre titoli tra i “medi “ (1911-1912-1913) e tre “assoluti” (1911-1912-1914), superando anche atleti più pesanti di lui. Rimane a lungo imbattuto e le sue sconfitte negli anni ‘10 si contano sulle dite di una mano. Nel 1920 passa professionista e vince il Mondiale dei “medi”, diventando famosissimo. Nel 1924 si ferma ad Alessandria d’Egitto dove consegue il Mondiale dei “medio-massimi” e diventa CT della Nazionale di lotta e pesi: con lui alla guida gli egiziani conquistano pure ori olimpici. Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, considerato nemico, gli vengono confiscati i beni e rinchiuso in un campo di concentramento. Terminato il conflitto, torna ad allenare gli egiziani che riprendono a vincere
[2] Quirino Toccaceli, nato a Roma il 25.12.1916. Vincitore della “Coppa Italia” 1937 da dilettante, tra i suoi principali successi il tricolore Indipendenti 1942, Circuito Valle del Liri 1945-1946 e Milano-Mantova 1947
[3] Adolfo Leoni, nato a Gualdo Tadino (PG) il 13.01.1917 ma reatino d’adozione. Strepitoso Campione del Mondo tra i dilettanti nel 1937, ottimo velocista, vanta 71 successi da “pro” (in 15 stagioni, 1938-1952) tra cui la “Sanremo” 1942, il tricolore 1941, ben 17 tappe al “Giro d’Italia” ed una al “Tour” oltre a “Giro del Veneto” 1939, “Giro dell’Emilia” 1942 e 1946, Giro del Piemonte 1949
[4] Cino Cinelli, nato a Montespertoli (FI) 09.02.1916. Buon velocista, nelle sette stagioni da professionista (1938-1944) coglierà 18 successi tra cui “Lombardia” 1938 e “Sanremo” 1943, allo sprint su vari compagni di fuga. Al suo attivo anche tre tappe al “Giro d’Italia” dove ha indossato 7 maglie rosa. Tra i suoi successi anche “Giro di Campania” 1939 e “Giro del Piemonte” 1940. Al termine dell’attività, diventerà imprenditore nel settore ciclistico ed ancora oggi la “Cinelli” è ditta primaria nella fornitura di accessori per l’attività agonistica ed amatoriale
[5] Olimpio Bizzi, nato a Livorno il 01.08.1916. Valido protagonista del ciclismo italiano per 17 stagioni da “pro” (1936-1952). La gemma della sua carriera è il tricolore 1938, vinto allo sprint davanti a Bartali. Tra le sue 38 vittorie anche “Toscana” 1937 e 1943, “Tre Valli” 1937 e 1939, “Trofeo dell’Impero” 1937, “Giro del Marocco” 1950-1951 e 13 tappe al “Giro d’Italia” oltre il tricolore dell’Inseguimento nel 1939
[6] Cesare Del Cancia, nato a Buti (PI) il 06.05.1915. Vincitore a sorpresa della “Sanremo” 1937 grazie ad una fuga solitaria di 72 km. 11 i suoi successi nella categoria maggiore tra cui “Milano-Torino” 1936 e “Giro dell’Emilia” 1937. Perde gli anni migliori causa la guerra: dopo il conflitto tenta il rientro, ma non ottiene risultati rilevanti
[7] Nato a Montespertoli (FI) 08.01.1915, è fratello maggiore di Cino. In due stagioni da “pro”, si aggiudica la “Coppa Zucchi” 1936 ed il “GP Pasqua” a Roma nel 1937
[8] I quattro sono Rigoni, Latini, Gentili e Saponetti
[9] Alle semifinali difatti non accedono i vincitori dei quarti, ma bensì i quattro migliori tempi realizzati