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BERTONI Sergio

Pisa 23.09.1915 / La Spezia 15.02.1995

1936. Calcio. MEDAGLIA D’ORO

bertoni1Nato nel rione di Porta Nuova, inizia a giocare a calcio nella compagine della sua città, approdando in prima squadra intorno ai vent’anni. Nel 1935-36 gioca in serie B ed è lì che lo adocchia il CT Pozzo che sta cercando di allestire la squadra olimpica non senza difficoltà. Il regolamento difatti esclude i professionisti e soprattutto coloro che abbiano già giocato in Nazionale; oltre tutto bisogna essere iscritti all’Università. Bertoni lo è, difatti gioca nella Nazionale Universitaria da cui Pozzo attinge a piene mani. E’ in campo pure nella prima partita di preparazione, disputata il 21 maggio 1936 a Venezia contro l’Ungheria “dilettanti”. Sotto pioggia e vento, vinciamo 2-0 e la compagine, che gioca in maglia nera anzichè azzurra, sembra già a buon punto. Bertoni entra perciò nella lista dei 22. Può fare comodo: alto e ben piazzato (180cmx79kg), è un valido attaccante che sa trovare la porta in ogni condizione. Il ritiro collegiale preolimpico si tiene a Merano, dall’8 luglio. Pozzo, coadiuvato da Angelo Mattea, assembla col solito impeto gagliardo una squadra cui dà la sua impronta ferrea e determinata. Gli azzurri (o i neri...) segnano caterve di gol ad alcune squadre minori che fungono da sparring partner: 18-1 al Bolzano, 7-1 allo Spezia e 9-1 al “fascio italiano” di Berlino, raggiunta in treno con partenza da Verona il 27 luglio. I nostri sembrano pronti anche se molti, stampa compresa, appaiono piuttosto scettici alla vigilia. Bertoni però ha accusato un infortunio e si allena tra alti e bassi. Il torneo olimpico di calcio si gioca interamente a Berlino, nei vari stadi della città. Al via 16 nazioni, con eliminazione diretta. L’Italia esordisce alle 17.30 del 3 agosto contro gli Stati Uniti, al “Poststadion”, situato nel sobborgo di Moabit, nella parte nord-occidentale della capitale tedesca. Arbitro il tedesco Weingartner, spettatori 9mila. Bertoni, ancora alle prese con l’infortunio, è in panchina. La partita sembra scontata, ma gli azzurri la affrontano con poca determinazione e gli americani non sono poi così sprovveduti come si pensava. Così il primo tempo termina 0-0. La sfuriata di Pozzo negli spogliatoi sembra avere effetto ed i nostri tornano in campo grintosi e dinamici, ma al 53°, a seguito di un brutto fallo di Piccini si genera un parapiglia generale. L’arbitro, un po’ a caso, espelle proprio Rava che in questo modo stabilisce un record poco esemplare: è difatti il primo azzurro mai espulso in una gara internazionale. Sembra un brutto colpo per gli azzurri, ma passano appena due minuti e segna Frossi. Gli americani tentano inutilmente di realizzare il pareggio, i nostri controllano ed alla fine, soffrendo un po’ troppo, vinciamo 1-0. Mai visto Pozzo infuriato coi suoi giocatori come nei giorni che seguono quel primo match. La strigliata però funziona. Il 7 agosto, al “Mommenstadion” di Grunewald (periferia occidentale di Berlino), affrontiamo il Giappone che a sorpresa ha eliminato i quotati svedesi (3-2). Bertoni entra titolare, al posto di Scarabello. Non è ancora perfettamente a posto, ma Pozzo lo butta nella mischia anche per saggiarne la forma. Di fronte ad 8mila spettatori e con arbitro proprio uno svedese, Olsson, stavolta non la prendiamo sottogamba e strapazziamo i nipponici 8-0. Biagi ne segna quattro (32°, 57°, 81° e 82°), Frossi tre (14°, 75° e 80°) mentre chiude il conto Cappelli (89°) che poi si infortuna malamente causa l’inutile e proditorio fallo di un avversario. Entriamo dunque nei quarti a vele spiegate. Bertoni mantiene il suo posto anche se qualche dolorino rimane. Il 10 agosto tocca alla Norvegia ed il gioco si fa duro: gli scandinavi difatti hanno portato in pratica la lora Nazionale maggiore. Si gioca all’Olympiastadion di fronte a ben 95mila spettatori, arbitra l’ungherese Hertzka. Cominciamo bene ed al 15° Negro ci porta in vantaggio. Il primo tempo si chiude 1-0, ma i norvegesi sono tosti e pareggiano con Brustad al 58°. Il risultato non cambia, si va ai supplementari ed al 96° decide tutto Frossi che si sta rivelando il nostro goleador. La difese regge l’assalto finale scandinavo e ci guadagnamo il passaggio del turno. Siamo già andati al di là di ogni aspettativa, ma Pozzo tiene sulla corda i nostri, cerca di gasarli psicologicamente, di non farli mollare. A sdrammatizzare l’attesa ci pensa niente meno che Jesse Owens, l’eroe afroamericano di quei Giochi con 4 medaglie d’oro (100, 200, 4x100 e lungo), il quale al Villaggio Olimpico è diventato amico degli azzurri con cui passa le serate a suonare la chitarra, cantare e ballare. La vigilia passa così senza troppo stress ed il 15 agosto i nostri sono pronti a giocarsi l’oro con la temibile Austria. Si rigioca ovviamente all’Olympiastadion, arbitra il tedesco Bauwens di fronte a 85mila spettatori. Incontro equilibrato e teso, non si sblocca: il primo tempo finisce 0-0. Ci pensa, guarda caso, ancora Frossi che al 70° porta in vantaggio l’Italia. Qualcuno pensa che sia fatta, ma l’Austria è forte, si riversa in attacco e pareggia dieci minuti dopo con Kainberger. Si va, di nuovo, ai supplementari. Pozzo rincuora i nostri da par suo, li stimola per l’ultima volta all’impresa: il morale è alto, nessuno trema., la “squadra” non molla. Si torna in campo col piglio vincente e dopo due minuti segna, ovviamente, Frossi. Poi è tempo solo di resistere e la difesa non tradisce. Il risultato non cambia: Italia-Austria 2-1, medaglia d’oro! Il bronzo va alla Norvegia che supera 3-2 la Polonia nella “finalina”. Il sogno s’è realizzato: una squadra di universitari, molti dei quali non avranno carriere eccezionali, ha vinto i Giochi. Il momento è talmente storico che...non si ripeterà più. Bertoni in questo contesto è stato grande protagonista, giocando tre partite su quattro, nonostante l’infortunio ne abbia rallentato la forma, ma ha dato il suo contributo fondamentale all’attacco, esaltato dal funambolico Frossi con cui s’è integrato a meraviglia. Dopo i Giochi, la carriera di Bertoni non decolla, ma Pozzo lo tiene in grande considerazione al punto da inserirlo pure nella rosa dei Mondiali francesi del 1938 dove peraltro non gioca. Passa quindi al Genoa, ma è sfortunato: ad inizio stagione 1938-39 un brutto infortunio in un’amichevole con lo Slavia Praga, con frattura di tibia e perone, ne mina il rendimento. Rimane comunque coi rossoblu sino al 1946, disputando 135 partite e realizzando 23 gol, ottenendo un buon quarto posto nel 1938-39 e 1941-42. Torna pure in nazionale, nel 1940: il 14 aprile a Roma contro la Romania (2-1), il 5 maggio a Milano contro la Germania (3-2 con un gol) ed il 1 dicembre a Genova contro l’Ungheria (1-1). Nel dopoguerra insiste, ma in squadre di seconda fascia: Brescia (33 presenze e 6 reti, con retrocessione), Modena (ottimo quinto posto nel 1947-48, ma retrocesso l’anno seguente, con un totale di 58 presenze e 7 gol), per finire la carriera nel 1949-50 allo Spezia in serie B. Proprio a Spezia fissa la sua residenza, allenando a più riprese la squadra cittadina negli anni ’50, a cavallo di Serie C e IV Serie.