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BERETTA Amilcare

Milano 15.03.1886 / Milano 12.11.1959                         

1908. Nuoto. Eliminato Primo Turno 100 m dorso e 200 m dorso

1920. Pallanuoto. 11° p.m.

Inizia la sua attività sportiva già a 8 anni come ginnasta in erba nella gloriosa “Forza e Coraggio” milanese e subito impara a nuotare nel Naviglio Grande sotto la guida del padre, nuotatore incallito. Leggenda vuole che, ancora bambino e grazie alla sua abilità natatoria, riesca a salvare una persona che sta affogando nel Naviglio Pavese. Passa poi alla “Canottieri Olona” nelle vesti di timoniere ed infine approda alla “Rari Nantes Milano”, dove continua a nuotare ed a gareggiare, distinguendosi nelle prove di resistenza a stile libero che in quegli anni, mancando le piscine, si svolgono in fiumi, laghi, mare e, nella metropoli meneghina, sul Naviglio Grande davanti a centinaia di appassionati spettatori. Beretta nuota generalmente a rana, lo stile che nell’800 va per la maggiore, ma poi passa con disinvoltura all’over ed al cosiddetto “braccetto”[1], alternandoli anche in gara a seconda delle circostanze: si tratta di stili ancora lontani dal crawl[2]. Il suo primo piazzamento significativo è il 5° posto nel “GP Zuccone”, gara di 250m nel Naviglio, ottenuto nel 1899, all’età di soli 13 anni. L’anno seguente é 4° in una gara per “giovanetti” al Bagno di Diana. Sorprende tutti, data la giovane età, piazzandosi secondo nella “gara popolare” organizzata dalla “Gazzetta” sul Naviglio nel 1901. Nel 1902 va ancora meglio, battendo ben 84 concorrenti sullo stesso Naviglio. In quell’anno si cimenta anche a livello nazionale: é 7° nei tricolori del Miglio (1852 m) ad Arona e 2° nel Campionato “Alta Italia” dei 1000, battuto da Bardelli[3]. L’anno seguente Beretta coglie diversi secondi posti: al Campionato Italiano di Arona nel Miglio dietro al genovese Rossi[4] ed al Campionato Lombardo sui 7500m, disputato sul Naviglio, da Bonirola a Restocco, alle spalle del forte Albertini[5] che lo supera pure nel Campionato Ticino a Pavia sui 3000m. In quel 1903 Beretta primeggia comunque nel titolo di resistenza “dell’Alta Italia” tra i “Rari Nantes[6]”, disputato sui 1000m, ed in una gara sui 200m al Bagno di Diana a Milano. Nel 1904 Beretta vince la “Traversata del Ticino” a Pavia, superando nel finale il suo omonimo pavese, con cui talora viene confuso a livello statistico, ed il “Campionato del Po” a Cremona sui 2000m mentre è terzo a Venezia nelle prove internazionali organizzate da “La Gazzetta dello Sport” sui 100m e 1000m, dominate dall’imbattibile Albertini che vince pure il “Campionato Alta Italia” in cui Beretta abbandona.

Nel contempo Beretta si specializza nel dorso[7] di cui è il primo campione italiano in assoluto in quello stesso 1904, a Lecco, sui 100m. In quegli anni poi manca raramente nel “cimento invernale[8]”, una breve nuotata nel Naviglio che ha una particolarità: viene effettuata in gennaio, con la temperatura prossima allo zero! Nel 1905 bissa il tricolore sul dorso, dimostrandosi a Bracciano il miglior interprete nazionale della disciplina, aggiungendo anche l’anomalo titolo sui 100m “di fianco” (specialità poi abolita e dove era giunto 2° la stagione precedente alle spalle del “solito” Albertini). In quello stesso 1905 Beretta torna anche allo stile libero ed è secondo, dietro alla sua “bestia nera” Albertini e con un arrivo incerto[9], nei tricolori di “stadio”, distanza di 185m e la più breve del programma di quegli anni, nonché 3° nel “Campionato Alta Italia” di resistenza. Nella stagione fa sua anche la “Traversata del Ticino” a Vigevano dove, per un tratto, i nuotatori sono costretti ad uscire dall’acqua e correre a piedi. Vince pure una gara su 80m al Bagno di Diana a Milano. Nel 1906 sparisce dalla cronache, ma per un motivo ben preciso: militare nel 20° Fanteria, è di stanza a Napoli dove comunque non manca di allenarsi e dare spettacolo al bagno Eldorado Lucia, siglando tempi di rilevanza nazionale. L’allenamento partenopeo però non gli basta a primeggiare nel Campionato Militare dell’Esercito dove, a La Spezia, giunge secondo dietro al quotato ligure Semorile. Torna a nuotare, e su alti livelli, nel 1907 quando prima si aggiudica i 100m nel “GP Italia” a Novara e poi vince a Milano una prova sui 150m organizzata dalla sua Rari Nantes, quindi è primo a Bergamo sui 300m. Sempre tra i migliori, vince pure il “Campionato Lombardo” (nel Naviglio), ma subisce qualche sconfitta di troppo come sui 50m a Milano dallo sconosciuto Firpi e nel “Campionato del Mediterraneo” a Savona sui 300m dove, in testa nelle prime fasi, è bloccato da una congestione, alquanto atipica per un nuotatore della sua esperienza. Altre difficoltà ai tricolori individuali di Salò: nello “stadio” si trova invischiato nella mischia iniziale, cerca un varco al largo ma va fuori rotta, perde terreno e si ritira. Poi è al centro di un caso nella nuova specialità che debutta proprio in quell’occasione, la staffetta 3x200 sl: la sua squadra, la RN Milano, composta anche da Amatore e De Barbieri, è prima sul traguardo ma proprio Beretta ha danneggiato Vecchié della RN Spezia che sporge reclamo. Salomonicamente la Giuria assegna il titolo a pari merito anche se ai milanesi va l’apposito trofeo, il cosiddetto “scudo Garibaldi”, una scultura del noto artista Giuseppe Cantù[10], nuotatore e dirigente appassionato della FIRN.

Dopo aver vinto, quasi per divertimento, la staffetta 2x300 m sl, col compagno Rossi, alle Terme di Milano, il giorno di Natale si batte a Parigi nella “Traversata della Senna”, nei pressi del Ponte Alessandro. In una giornata fredda e grigia, 10 impavidi nuotatori si affrontano da una riva all’altra del fiume, di fronte a 5mila spettatori entusiasti. Nuotando un ottimo over, lo stile in cui emerge ritmicamente dall’acqua solo un braccio alla guisa di un remo mentre l’altro sta sempre immerso, Beretta prende subito la testa e vince con diverse lunghezze di vantaggio, tra l’incontenibile euforia dei compatrioti che lo portano in trionfo. Schiantato il francese Meister, campione in carica, secondo è il belga Maes e terzo l’inglese Bignell: il trionfo più grande della carriera per Beretta, accolto a Milano come un eroe. Meister se la lega al dito e chiede la rivincita sullo stesso percorso: il 2 febbraio 1908, con temperatura dell’acqua di 4°C (!), Beretta è battuto dal francese che però non ne migliora il primato ottenuto l’anno precedente. Nella stagione olimpica Beretta si conferma comunque tra i nostri migliori nuotatori. Sull’amato Naviglio vince la gara d’esordio sui 150m e poi stabilisce un tempo da primato sui 300m “sul petto” ovvero a rana, nuotando in 3’05”. Impossibile non selezionarlo per i Giochi di Londra dove le prove si disputano nella smagliante piscina realizzata nello stadio di White City, costruito per l’occasione: è la prima volta che le gare olimpiche natatorie non si effettuano in acque libere, ma per Beretta si rivelano un mezzo disastro. Il 15 luglio difatti è 4° (su 4) nella batteria dei 200 dorso vinta dall’ungherese Toldl. Il giorno seguente ripete il risultato: è 3° (su 3) nel primo turno dei 100 dorso. E’ anche sfortunato perché passano i primi due che sono il danese Dam (poi argento) ed il britannico Haresnape (bronzo), due atleti fortissimi. Riesce a superare non senza difficoltà la poco brillante esperienza londinese: nel “Campionato Lombardo”, sul Naviglio Grande, va subito in testa ma poi cede e si ritira. “Risorge” un mese dopo nei tricolori disputati ad Omegna, sul Lago d’Orta, dove si aggiudica il titolo nello “stadio” anche se è nuovamente al centro di vibranti polemiche. La prova per il titolo difatti viene ripetuta dopo una prima gara in cui Beretta è stato ostacolato da Baiardo, poi squalificato. Tra i due volano colpi proibiti, in acqua e fuori ma la giuria espelle solo Baiardo, tra le proteste della sua “Mameli” che abbandona in massa le gare. Beretta poi si impone nella ripetizione della gara e guadagna un tricolore sul quale pende però più di una macchia. Nella stessa manifestazione è 2° nella staffetta 3x200 sl. Continua i suoi alti e bassi fino al termine della stagione, perdendo l’ennesima sfida con Meister in un 50m a Belgirate, sul Lago Maggiore. Conclude con risultati alterni: vince la consueta gara alle Terme di Milano, sei giri della piscina per un totale di 108m, ma si ritira nella “Coppa di Natale” a Nizza, 100m in mare, dove si trova subito a disagio nelle onde. Nel 1909 passa alla neonata società “Ninfea” di cui è il principale esponente: ottiene il primo successo coi nuovi colori il 22 giugno nella “doppia traversata” del Naviglio. Sembra però aver perso lo smalto dei giorni migliori. Gareggia poco, complici anche beghe federali[11], e nella “Challenge Gazzetta”, sui 100m a La Spezia, chiude solo terzo (vince il grande rivale Baiardo), consolandosi però col successo nei 100 dorso.

Nel 1910 non va tanto meglio. Beretta trova in Massa un avversario insuperabile che lo batte in velocità ed a niente vale tentare di utilizzare anche il più moderno crawl: Massa (che nuota ancora l’over) gli è superiore. Beretta, come suo costume, non demorde: nell’importante riunione internazionale di Grado, a luglio, è secondo nei 100, battuto solo dal grande ungherese Halmay che vince pure i 50 dove Beretta chiude terzo. Battuto (da Sinigaglia) anche nel “Campionato Milanese” sul Naviglio, Beretta è secondo pure nei tricolori “di fiume” (disputati sul Naviglio a Milano) sia nello “stadio” (ovviamente alle spalle di Massa) che nella 3x200 sl. A fine stagione coglie un buon successo nei 100 ad Intra, ma su un campo di partenti ridotto per qualità e quantità. Dopo un’annata avara di vittorie, seguendo il suo spirito combattivo, inizia a praticare il pugilato che proprio nei primi anni ’10 sta affermandosi in Italia, grazie anche all’efficace propaganda portata avanti dalla “Gazzetta”. In estate però il richiamo dell’acqua è troppo forte: a luglio difatti Beretta, tesserato per lo “Sport Club Italia”, si aggiudica il “Campionato Lombardo” dei 100 m sul Naviglio e ad agosto è primo a Ponte Tresa sulla stessa distanza nella “Coppa Ceresio”. Tuttavia è evidente che nel nuoto ha dato il meglio di sè, ma non gli manca certo l’esperienza in acqua che decide di mettere a frutto proprio nel 1912, annata olimpica: sempre attento alla tecnica e studioso scrupoloso, dà alle stampe un interessante manuale dal titolo “L’arte di nuotare bene”, sotto lo pseudonimo di Leandro Po, omaggiando evidentemente il grande fiume. Bloccato da atleti più forti di lui e complici le ristrettezze economiche della spedizione natatoria azzurra ai Giochi (solo Massa e Baiardo vengono inviati a Stoccolma), Beretta si dedica soprattutto al pugilato dove la sua conformazione fisica (1,67m per 70kg di peso-forma) sembra adatta anche a questo sport. A giugno fa il suo esordio sul ring, al Teatro Alfieri di Milano, in una sorta di Campionati Italiani non ufficiali. Vince il primo incontro per ko, contro Polli, poi supera ai punti Regondi e Gandini, conquistando la prima posizione nella categoria dei medio-leggeri, venendo osannato per la velocità e la precisione dei colpi. Ma in piena estate torna in acqua: il 7 luglio infatti, mentre a Stoccolma si svolgono i Giochi, Beretta vince il Campionato Lombardo di velocità sui 100m, peraltro davanti a quel Bellezza che sarebbe dovuto andare in Svezia[12].

Un risultato dunque ancora di alto livello, confermato dal bel 2° posto che Beretta ottiene sui 100 a Nizza (dietro il compagno Cova) nella “Coppa di Francia” che, grazie ai vari piazzamenti, viene assegnata alla sua squadra, lo “Sport Club Italia”. Una settimana dopo, è ancora da quelle parti, a Montecarlo, dove si piazza 5° nei 100 sia a stile libero che a dorso oltre a gareggiare per la prima volta in un match di pallanuoto, col Genoa, sconfitto 3-2 da una rappresentativa della Costa Azzurra. Nell’inverno tra il 1912 e 1913 Beretta torna alla boxe e ad aprile partecipa ad un grande torneo di dilettanti a Milano: domina l’inglese Corbett, costringendolo al ritiro dopo 4 rounds e poi supera ai punti Pedroletti e Galimberti, dimostrandosi ottimo interprete della disciplina. Dopo essere stato starter di alcune gare natatorie meneghine, alla fine non resiste ed il 31 agosto Beretta si rituffa in acqua: con i compagni dello “Sport Club Italia” (Cova, Camagni e Bellezza) si aggiudica la Coppa Guscetti, una staffetta di 20 km sul Naviglio Grande. Mentre aspetta di ricevere il cambio dal compagno, trova pure il tempo di salvare un bambino che sta affogando. E’ questa però l’unica sua gara di nuoto della stagione. Ormai difatti è tutto concentrato sul pugilato dove diventa professionista: apre anche una scuola di boxe nei locali dello “Sport Club Italia”, nella palestra di Via Cesare da Sesto a Milano, nella zona di Porta Ticinese. Sostiene anche diversi incontri, pure con pugili stranieri, talora più pesanti di lui, ottenendo anche alcune vittorie: contro il francese Gerretty, lo statunitense Mac Lear e pure atleti di colore (MacVea, Scanlon). Si tratta però più di esibizioni, talora dal risultato combinato, che di matches veri e propri: sono necessari alla propaganda della boxe nel nostro paese e Beretta, già noto per i suoi trascorsi natatori, in questo ambito riveste un ruolo importante. La sua costante applicazione dà comunque buoni frutti: il 18 gennaio 1914 Beretta batte il concittadino Sala per k.o.t. al terzo round ed ottiene una sorta di titolo italiano dei pesi medi anche se il genovese Garassini contesta vibratamente questa assegnazione, lanciandosi in una forte polemica[13]. Intanto Beretta, quasi per divertimento, il 1 febbraio si tuffa nel Naviglio e torna agli antichi amori e splendori, vincendo una prova sui 100, con la temperatura dell’acqua che oscilla sui 5°C, tra gli applausi generali per tutti i coraggiosi nuotatori. Quindi, a furor di popolo e di stampa, incontra Garassini il 23 marzo a Genova, e vince ai punti, potendosi dunque fregiare del titolo italiano, stavolta senza discussioni.

Ma le polemiche non lo abbandonano anche perchè ci si butta a capofitto: l’altro pugile Pilotta, infortunato, non può incontrare il francese Eustache il quale si lagna e denigra l’intero movimento pugilistico italiano. Beretta si infila nel mezzo e, seppur inferiore di peso e categoria, lancia la sfida al francese che accetta. Il milanese è salutato come il salvatore dell’onore patrio anche se l’avversario pare superiore alla sua portata, e non solo per il suo peso maggiore. L’incontro si svolge in un gremitissimo Teatro Del Verme, a Milano, il 13 aprile. Si tratta comunque del primo incontro internazionale “ufficiale” in Italia e l’attesa è enorme. Beretta però non ha scampo e subisce una dura lezione dal forte francese, più esperto e scaltro di lui: troppo ancorato al suo destro, con scarso uso del sinistro, come gli viene rimproverato dai critici, Beretta si arrende dopo sette durissimi rounds. Gli ci vogliono diversi mesi per riprendersi e trascorre tutta l’estate senza gareggiare, neppure nel nuoto. Torna sul ring l’11 ottobre, superando il colored statunitense Mac Vea per abbandono al quarto round. Beretta viene definito pugile “forte, scientifico ed agile”. Ma non riesce a frenarsi ed un mese dopo, il 7 novembre, affronta un’altra sfida difficile e combatte col medio-massimo Spalla cui rende ben 7 kg di peso. Perde ai punti e capisce che deve limitarsi ai confronti con avversari della sua categoria anche se lo spettacolo non è mancato ed i tifosi sono sempre con lui. Il 19 novembre però subisce un grave incidente: mentre sta seguendo un corso di perfezionamento nella scuola di tipografia, la sua mano sinistra finisce schiacciata dentro una pressa. Perde la terza falange del dito medio, con un mese di prognosi. Poteva andare peggio, ma ovviamente di pugilato per un po’ non se ne parla. Rientra sul ring, un po’ avventatamente e seguito dal grande campione Pilotta, il 6 febbraio quando concede la rivincita a Garasssini, a Genova. Beretta non sta bene: nei giorni di vigilia s’è procurato una distorsione al braccio sinistro, con interessamento della mano, e tenta il tutto per tutto nei primi rounds, scaraventandosi all’attacco, sapendo di non poter resistere molto. Ma il braccio fa troppo male, probabilmente ha subìto un ulteriore colpo e nella quarta ripresa Beretta è costretto ad arrendersi[14]. Perde il titolo e lascia il pugilato attivo, rimanendo però in questo sport come arbitro.

La Prima Guerra Mondiale tronca la sua attività agonistica: prima caporale e poi sottotenente di fanteria, combatte in prima linea, nella zona del Monte San Michele. Viene ferito leggermente già nel 1915 e poi l’anno seguente, il 21 giugno quando, sul Monte Cimon, una pallottola gli attraversa l’inguine sinistro, sfiorando per pochi centimetri la spina dorsale. Rischia la morte, ma rimane al suo posto finchè esausto viene trascinato via dai compagni, medicato in un ospedale da campo e trasferito poi in un nosocomio a Rovigo. Per il suo ardimento è premiato con la Medaglia d’Argento al Valor Militare in quanto, come recita la menzione, “purchè ferito gravemente, continuava nella sua missione fino a raggiungere l’obiettivo”. Trascorre praticamente i primi sei mesi del 1917 in convalescenza a casa: ai primi di maggio trova pure il tempo ed il modo di salvare una persona che sta annegando nelle acque turbolente dell’Olona. La statistica, da lui compilata con tanto di testimoni ufficiali per ogni evento, segnala che si tratta del suo 38° salvataggio. Il 22 luglio, sul Naviglio, va in scena una grande sfida, sia pure amichevole e tutt’altro che ufficiale (non è riconosciuta dalla FIRN), organizzata in maniera estemporanea al termine della “Gara Cantù”, vinta dal’emergente De Micheli. Sulla breve distanza di 50m un Beretta ancora acciaccato per le ferite di guerra supera a stento un poco motivato Massa, alla ricerca della forma migliore e soprattutto del pass federale che gli consenta di tornare alle gare dopo la sua parentesi sudamericana. Beretta guarisce perfettamente e, terminata finalmente la guerra, nonostante i 33 anni suonati, si rituffa in acqua ma stavolta vira verso la pallanuoto: nel 1919, a metà agosto, partecipa al Campionato Italiano di Como con la “RN Milano” anche se il suo comportamento in acqua, forse dovuto a certe reminiscenze pugilistiche, è giudicato dai critici “troppo vigoroso” e talora controproducente ai fini generali di squadra. Comunque i milanesi impattano 1-1 la prima partita col Genoa, poi battono 6-1 lo SC Italia, con Beretta che realizza due gol. Lo SC Italia però si ritira ed è necessaria un’altra partita della RN col Genoa, in pratica la finale, per assegnare il tricolore. I liguri hanno preso bene le misure ed il 17 agosto, al termine di un match molto spigoloso e col lago agitato da un forte vento, vincono 4-0. Il Genoa vince anche, sia pure 1-0, la rivincita “amichevole”, disputata al Bagno Ticino di Milano il 5 settembre. Beretta è in acqua e poco prima è tornato all’antico amore del nuoto, finendo terzo in una prova sui 50m, superato da Massa e Frassinetti.

Nel 1920 Beretta coltiva il sogno di partecipare ad un’altra edizione dei Giochi, non certo nel nuoto quanto nella pallanuoto. Tuttavia, anche in questo sport, in molti cercano la chance olimpica e la FIRN fa disputare un apposito torneo di selezione al termine del quale la Commissione Tecnica incaricata[15] sceglierà gli uomini da portare ad Anversa. Le partite si svolgono il 10 e 11 luglio e si disputano in una località inconsueta, addirittura sulle Alpi Marittime, a Millesimo, in Val Bormida, sulle alture di Savona. Qui difatti esiste una delle rare piscine olimpioniche italiane (dimensioni 50x20 m), realizzata dai munifici proprietari della SIPE che nei pressi ha un’importante fabbrica. La vasca è situata in un complesso sportivo all’avanguardia che rappresenta una specie di “cattedrale nel deserto” e vi confluiscono tutti i più forti nuotatori e pallanotisti italiani. Beretta è ancora nella RN Milano di cui rappresenta un po’ il faro e la chioccia. La sua squadra si comporta bene: batte 4-1 la “Mameli”, con Beretta che segna un gol, e 2-1 la “Liguria WP” ma perde in finale col Genoa 2-0. Beretta ha ben figurato, con la solita grinta ed abnegazione, è esperto e navigato: il suo nome figura nella lista dei selezionati in Nazionale sotto la guida del CT Ernesto Ghiorzi. Il ritiro collegiale di rifinitura si svolge a Sturla e Beretta appare come il più carico e pimpante. Anche ad Anversa è tra i più combattivi, ma non andiamo lontano. Al torneo prendono parte 12 nazioni e si svolge allo “Zwemstadion”, una sorta di “stadio del nuoto”, situato nella zona sud di Anversa, al confine coi sobborghi di Hoboken e Wilrijk, ricavato in un canale la cui acqua ha una temperatura non certo adeguata. E proprio l’acqua fredda sarà alla base di un clamoroso episodio nella prima partita dei nostri, contro la Spagna, che si gioca il 22 agosto alle 11 di mattina. La temperatura dell’acqua non supera i 12°C e molti giocatori sono restii a scendere in campo, ma alla fine si gioca. I nostri attuano una tattica difensiva, con molti falli e riescono a contenere le sfuriate spagnole: i tempi regolamentari si chiudono sull’1-1. E qui accade il patatrac. Olivari e Burlando sono semi-assiderati dal freddo, non riescono a proseguire. Beretta, al contrario, fedele al suo temperamento pugnace, è il più sollecito a voler riprendere il gioco, seguito dai fratelli Boero, e si piazza in porta. L’arbitro non sta tanto a guardare e ordina la ripresa del match seppur i nostri siano in chiara inferiorità numerica. Si tuffa pure Lungavia, ma gli spagnoli segnano e la partita termina come da regolamento. I nostri finiscono dunque nel girone di consolazione che assegna le medaglie di argento e bronzo ma al primo turno, il 25 agosto alle 11 di mattina, perdiamo 5-1 contro la Grecia e siamo estromessi definitivamente. Chiudiamo all’11° posto a pari merito con la Cecoslovacchia. Certo, non una bella figura. L’oro (per la terza volta consecutiva) va alla Gran Bretagna davanti a Belgio e Svezia. Rientrati in Italia, il 12 settembre è la volta della finale per il Campionato Italiano che si svolge a Rapallo, nello specchio di mare del porto, gremitissimo di tifosi liguri poco disciplinati. La RN Milano batte lo Sturla 4-2 e Beretta segna due reti dei suoi, rivelandosi il trascinatore della sua compagine che guadagna il tricolore meritatamente, con un gioco definito “moderno” e su cui ha influito l’esperienza olimpica.

L’anno seguente si dedica ancora alle specialità acquatiche: il 19 giugno a Montecarlo si ritira nella prova dei 500m vinta da Massa e giunge 4° nella gara dei tuffi, sport che ancora mancava al suo vasto repertorio. Nel Principato vince comunque la staffetta con la RN Milano. Quindi torna alla pallanuoto, ma con scarsi risultati. La RN Milano non è più difatti lo squadrone dell’anno precedente: nel Campionato Alta Italia, con Beretta in campo, perdono 6-0 con la Doria e 1-0 con lo Sturla, venendo esclusi dalla finale per i tricolori. Beretta ha 35 anni e si avvia al capolinea della sua lunga militanza agonistica. Nel 1922 continua saltuariamente a giocare a pallanuoto, perno fondamentale della RN Milano: il 30 luglio la sua squadra supera 4-0 la “Mameli” e Beretta segna due gol, ma la compagine rimane esclusa dalle finali di Campionato. Beretta è in acqua anche nel torneo che si tiene il 27 agosto nella piscina milanese di Via Argellati, ma la RN Milano perde 2-1 col Genoa e 2-0 con la Doria, segnalandosi soprattutto per il gioco scorretto attuato in acqua, con comportamenti anche molto violenti che provocano sanzioni disciplinari. La RN Milano, vessata dalle squalifiche, non partecipa dunque alle finali di Campionato. Nonostante i 37 anni Beretta non molla. Nel 1923 alterna ancora nuoto e pallanuoto. Il 26 agosto nella piscina di Via Argellati vince i 60 dorso, i 60 rana ed i 60 “over” mentre è secondo sui 60 sl, battuto da Drepama. In un match di pallanuoto la RN Milano viene nettamente sconfitta, 4-0, dalla Doria. Il 1924, stagione olimpica, lo vede sempre impegnato con la pallanuoto: tra la fine di maggio ed i primi di giugno, con la sua RN Milano, disputa la “Coppa Esperia” nel bacino di carenaggio del porto di Genova. Nella prima partita i milanesi superano 1-0 la “Mameli” ed in semifinale domano 4-3 lo Sturla in un match combattutissimo e deciso ai supplementari. In finale però i meneghini sono battuti di misura, 1-0, dalla RN Partenope. Beretta gioca con la consueta grinta: potrebbe sperare anche in un posto in Nazionale per i Giochi, se non altro per la sua esperienza, ma i suoi 38 anni sono un fardello pesante ed il CT Boero non lo prende in considerazione. Beretta comunque insiste: il 6 e 7 settembre a Salò disputa con la RN Milano le finali del campionato “Alta Italia”. I milanesi vincono 2-1 con la Triestina, e Beretta segna il gol decisivo, ma perdono 3-1 con l’Andrea Doria: anche in questa partita Beretta riesce a realizzare una rete, la prima dell’incontro, ma la rimonta genovese non lascia scampo e dunque i meneghini escono di scena. Beretta s’è dimostrato comunque ancora ottimo giocatore e forse, col senno di poi, la sua grinta ed esperienza avrebbero fatto comodo ai Giochi. Ormai prossimo ai 40 anni, non molla, mantenendo il suo carattere scanzonato ed anticonformistico: quando si reca a Roma, dove ha coltivato numerose amicizie, trova ancora il tempo di sguazzare nel Tevere e non manca di farsi notare. Infatti è entrato nella cosiddetta “tribù della tintarella”, un gruppo di scapigliati fiumaroli capitolini che nuotano e prendono il sole completamente nudi, suscitando sconcerto ma anche ilarità. In questo contesto Beretta è chiamato da tutti “Leandro” e, come suo costume, non è dei più tranquilli. Nel 1925 insiste con la pallanuoto, ma non solo. Il 21 giugno, nella nuova piscina milanese di S. Cristoforo, gestita dalla “Canottieri”, giunge secondo sui 100 “over”, superato dal compagno Lué. Una settimana dopo, è a Barcellona, per un confronto tra la RN ed il catalano “Club Natacio”: i meneghini perdono ai punti, con Beretta che viene sconfitto nella staffetta e nella pallanuoto (4-6). Beretta e compagni però hanno preso bene le misure ai catalani e nella rivincita, due giorni, dopo impongono un bel pareggio (3-3). Nel viaggio di ritorno i meneghini si fermano a Marsiglia dove affrontano una selezione locale, vincendo 5-2. Nel 1926 non molla lo sport: buon arbitro di pallanuoto, bandiera della RN Milano, il 28 novembre vince una prova natatoria di 40m nella piscina della YMCA a Torino, a pari merito col padrone di casa Micheli. Poi però anche lui si arrende all’età e finalmente abbandona l’attività agonistica. Campione nazionale di tre sport diversi, Beretta è riuscito a cogliere un centinaio di successi in totale e, soprattutto, a compiere una quarantina di salvataggi di persone che stavano affogando, primato di cui giustamente andrà sempre fiero: un grande personaggio, uno sportsman nel puro senso della parola, non sempre ricordato a dovere.


[1] In questo stile, nuotato “sul ventre”, viene dato un colpo di braccia ogni colpo di gamba a forbice (o a rana)

[2] Il crawl, quello che oggi noi chiamiamo “stile libero”, nasce in Australia nei primi anni del ‘900, per merito di Harry Wickham che prende spunto dal nuoto degli indigeni delle Isole Salomone. Sarà introdotto in Europa più tardi e deve il nome al fatto che con questa nuotata gli atleti sembrano quasi “strisciare” sull’acqua. To crawl in inglese significa appunto strisciare

[3] Il milanese Arturo Bardelli all’epoca ha solo 15 anni. Già l’anno prima, a 14 anni, aveva vinto il Campionato Lombardo. In quel tempo i nuotatori, ma in genere tutti gli atleti, iniziano la loro attività ai massimi livelli da adolescenti

[4] Enrico Rossi, nato a Genova il 16 luglio 1881. Specialista di grandi distanze, al suo attivo il titolo italiano nel Miglio (1903) e tre successi nella massacrante Abbiategrasso-Milano (1906-1907-1913). Due volte Campione Ligure (1903 e 1906), è tra i primi italiani ad ottenere buoni risultati all’estero: 4° nella Traversata di Parigi del 1906. Morto nella Prima Guerra Mondiale, combattendo sul Carso, il 23 maggio 1917

[5] Mario Albertini, pavese, il più forte nuotatore italiano nel primo lustro del ‘900. 8 titoli italiani (tre nello “stadio”, 4 nel Miglio ed uno “sul fianco”), 5 volte Campione Lombardo ed un Campionato del Mediterraneo (1905) i suoi principali successi

[6] Il termine deriva da un verso latino dell’Eneide di Virgilio: rari nantes in gurgite vasto ovvero “rari nuotatori nel vasto gorgo”. Nel senso “moderno” e “sportivo” del termine, “rari” assume il significato di “scelti”

[7] In quel periodo il dorso rappresenta in pratica una “rana alla rovescia”

[8] Il cimento invernale è una tradizione milanese, iniziata il 27 gennaio 1895 per merito della Canottieri Olona. Ha un’unica quanto importante regola: non può svolgersi quando la temperatura dell’acqua è superiore ai 10°C

[9] I due nuotatori sono distanti, scegliendo rotte diverse. I giudici, lontani dal traguardo, non distinguno bene i partecipanti. Il pubblico applaude Beretta, ma la giuria assegna la vittoria ad Albertini

[10] Nato a Casorate Primo nel 1864. Scultore, personaggio estroso ed originale, repubblicano e garibaldino, artista bohemien appartenente alla Scapigliatura. Precursore del nuoto e canottiere provetto, è tra i fondatori della Rari Nantes Milano. Creatore del “cimento invernale” nel 1895. Nuotatore indefesso, organizzatore e grande dirigente, Presidente della FIRN dal 1903 al 1912. Celebre il suo attraversamento del Lago Maggiore completamente vestito in abiti borghesi e la sua sfiancante “maratona natatoria” da Cuggiono a Restocco, circa 36 km, durata oltre 6 ore nel 1900. Muore il 3 settembre 1916 durante una nuotata nel Ticino, probabilmente causa un malore improvviso

[11] L’assurdo regolamento della Federazione difatti prevede che una società possa essere affiliata ufficialmente soltanto dopo un anno di esistenza. Dunque nel 1909 la “Ninfea” non può essere affiliata ed i suoi soci non possono gareggiare, ad esempio, nei tricolori ed in numerose prove federali

[12] Il milanese Virgilio Bellezza, 2° nelle selezioni olimpiche sui 400m sl, in un primo momento viene inserito nella squadra azzurra per i Giochi, ma poi la Federazione gli nega il viaggio per motivi economici

[13] Nel 1913 Garassini ha vinto un apposito torneo per il titolo, al quale Beretta non ha partecipato. Non essendo stato sconfitto sul ring, Garassini contesta l’assegnazione del campionato a Beretta, peraltro in una gara riconosciuta dalla FAI (Federazione Atletica Italiana). Il caos sull’ufficialità del titolo, cui entrambi i contendenti sentono di aver diritto, nasce dal fatto che manca ancora in Italia una vera e propria Federazione della boxe che possa dettare regole chiare ed univoche. La FIP (Federazione Italiana Pugilato) sarà fondata ufficialmente solo nel marzo 1916

[14] Le radiografie evidenziano la frattura del metacarpo, forse già preesistente prima del combattimento

[15] Costituita da tre tecnici: Ernesto Ghiorzi (vincitore del Campionato di pallanuoto col Genoa nel 1912 come portiere), Giancarlo Massola (vincitore del Campionato di pallanuoto col Genoa nel 1913) e Giuseppe Odetti


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