BALDO Giuseppe
-
Piombino Dese (PD) 27.07.1914 / Montecatini Terme (PT) 31.07.2007
1936. Calcio. MEDAGLIA D’ORO
Centrocampista difensivo, mediano di buon impatto e sostegno, dal rendimento sempre affidabile, già a 18 anni è in prima squadra nel Padova ed esordisce in Serie A, totalizzando nel 1932/33 dodici presenze e 2 gol. L’anno seguente gioca 33 partite e segna una rete, ma i patavini chiudono al 16° posto e vengono retrocessi. Nel 1934/35 va ancora peggio e precipitano pure in Serie C. Baldo però è stato tra i migliori e si guadagna l’ingaggio alla Lazio dove nel 1935/36 totalizza 29 presenze nel Campionato concluso al settimo posto. Viene così notato dal CT Pozzo che, non senza difficoltà, sta allestendo la squadra per i Giochi dove devono essere scelti calciatori “dilettanti” (sulla carta) e che non sono mai stati in Nazionale. Pozzo attinge a piene mani dagli Universitari tra i quali appunto figura pure Baldo[1], titolare nella prima partita di preparazione, disputata a Venezia il 21 maggio 1936 contro l’Ungheria “dilettanti”.
Sotto pioggia e vento, vinciamo 2-0 e la compagine, che gioca in maglia nera anzichè azzurra, sembra già a buon punto. Baldo figura poi tra i convocati per il tradizionale ritiro collegiale preolimpico, tenuto a Merano dall’8 luglio. Pozzo, coadiuvato da Angelo Mattea[2], assembla col solito impeto gagliardo una squadra cui dà la sua impronta ferrea e determinata. Gli azzurri (o i neri...) segnano caterve di gol ad alcune squadre minori che fungono da sparring partner: 18-1 al Bolzano, 7-1 allo Spezia e 9-1 al “fascio italiano” di Berlino, raggiunta in treno con partenza da Verona il 27 luglio. I nostri sembrano pronti anche se molti, stampa compresa, appaiono piuttosto scettici alla vigilia. Il torneo olimpico di calcio si gioca interamente a Berlino, nei vari stadi della città. Al via 16 nazioni, con eliminazione diretta. L’Italia esordisce alle 17.30 del 3 agosto contro gli Stati Uniti, al “Poststadion”, situato nel sobborgo di Moabit, nella parte nord-occidentale della capitale tedesca. Arbitro il tedesco Weingartner, spettatori 9mila. La partita sembra scontata, ma gli azzurri la affrontano con poca determinazione e gli americani non sono poi così sprovveduti come si pensava. Così il primo tempo termina 0-0. La sfuriata di Pozzo negli spogliatoi sembra avere effetto ed i nostri tornano in campo grintosi e dinamici, ma al 53°, a seguito di un brutto fallo di Piccini si genera un parapiglia generale. L’arbitro, un po’ a caso, espelle Rava che in questo modo stabilisce un record poco esemplare: è difatti il primo azzurro mai espulso in una gara internazionale. Sembra un brutto colpo per gli azzurri, ma passano appena due minuti e segna Frossi. Gli americani tentano inutilmente di realizzare il pareggio, i nostri controllano ed alla fine, soffrendo un po’ troppo, vinciamo 1-0. Mai visto Pozzo infuriato coi suoi giocatori come nei giorni che seguono quel primo match. La strigliata però funziona. Il 7 agosto, al “Mommenstadion” di Grunewald (periferia occidentale di Berlino), affrontiamo il Giappone che a sorpresa ha eliminato i quotati svedesi (3-2).
Rava è regolarmente al suo posto: in quel tempo difatti non vige la regola per cui all’espulsione scatta automaticamente un turno di squalifica. Di fronte ad 8mila spettatori e con arbitro proprio uno svedese, Olsson, stavolta non la prendiamo sottogamba e strapazziamo i nipponici 8-0. Biagi ne segna quattro (32°, 57°, 81° e 82°), Frossi tre (14°, 75° e 80°) mentre chiude il conto Cappelli (89°) che poi si infortuna malamente causa l’inutile e proditorio fallo di un avversario. Entriamo dunque nei quarti a vele spiegate. Il 10 agosto tocca alla Norvegia ed il gioco si fa duro: gli scandinavi difatti hanno portato in pratica la lora Nazionale maggiore. Si gioca all’Olympiastadion di fronte a ben 95mila spettatori, arbitra l’ungherese Hertzka. Cominciamo bene ed al 15° Negro ci porta in vantaggio. Il primo tempo si chiude 1-0, ma i norvegesi sono tosti e pareggiano con Brustad al 58°. Il risultato non cambia, si va ai supplementari ed al 96° decide tutto Frossi che si sta rivelando il nostro goleador. La difese regge l’assalto finale scandinavo e ci guadagnamo il passaggio del turno. Siamo già andati al di là di ogni aspettativa, ma Pozzo tiene sulla corda i nostri, cerca di gasarli psicologicamente, di non farli mollare. A sdrammatizzare l’attesa ci pensa niente meno che Jesse Owens, l’eroe afroamericano di quei Giochi con 4 medaglie d’oro (100, 200, 4x100 e lungo), il quale al Villaggio Olimpico è diventato amico degli azzurri con cui passa le serate a suonare la chitarra, cantare e ballare. La vigilia passa così senza troppo stress ed il 15 agosto i nostri sono pronti a giocarsi l’oro con la temibile Austria. Si rigioca ovviamente all’Olympiastadion, arbitra il tedesco Bauwens di fronte a 85mila spettatori. Incontro equilibrato e teso, non si sblocca: il primo tempo finisce 0-0. Ci pensa, guarda caso, ancora Frossi che al 70° porta in vantaggio l’Italia. Qualcuno pensa che sia fatta, ma l’Austria è forte, si riversa in attacco e pareggia dieci minuti dopo con Kainberger. Si va, di nuovo, ai supplementari. Pozzo rincuora i nostri da par suo, li stimola per l’ultima volta all’impresa: il morale è alto, nessuno trema, la “squadra” non molla.
Si torna in campo col piglio vincente e dopo due minuti segna, ovviamente, Frossi. Poi è tempo solo di resistere e la difesa non tradisce. Il risultato non cambia: Italia-Austria 2-1, medaglia d’oro! Il bronzo va alla Norvegia che supera 3-2 la Polonia nella “finalina”. Il sogno s’è realizzato: una squadra di universitari, molti dei quali non avranno carriere eccezionali, ha vinto i Giochi. Il momento è talmente storico che...non si ripeterà più. Baldo in questo contesto è stato grande protagonista, giocando tutte e quattro le partite, dando sicurezza all’intero reparto di centrocampo. La sua medaglia è più che meritata. Dopo i Giochi, Baldo continua la sua carriera nella Lazio di cui diviene un perno fondamentale: nel 1936-37 i biancocelesti chiudono all’ottimo secondo posto dietro il Bologna. Nel 1941 Baldo si laurea in Economia e l’anno seguente chiude la sua carriera agonistica. Apre poi un’ottima carriera dirigenziale in ambito sportivo: nel 1943 è nominato segretario della Federcalcio dove rimane sino al 1946. Poi assume vari importanti incarichi in ambito Totocalcio e CONI. Se ne va a 93 anni appena compiuti, ultimo degli eroi di Berlino a spegnersi. La sua città natale gli ha intitolato lo stadio comunale.
[1] Frequenta difatti a Roma la Facoltà di Economia dove è appena entrato
[2] Nato a Santhià il 21.10.1892. Calciatore di ottimo livello per venti stagioni, tra Casale e Juventus, attaccante con all’attivo pure 5 presenze in Nazionale ed una rete. Dal 1927 passa poi ad allenare, con Casale, Atalanta e Messina dove si trova quando viene scelto da Pozzo in persona per il ruolo di “secondo”. Continuerà poi ad allenare sino al dopoguerra, anche squadre di primo piano come Napoli, Torino e Juventus (1945-46)