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ARNOLDO Adriano

Venezia 20.03.1881 / deceduto

1920. Tiro alla Fune. 5°

Un vero e proprio “gigante” per l’epoca: 192cm di altezza per 95kg. S’indirizza presto verso gli sport di fatica e quando sente parlare della possibilità di partecipare ai Giochi nel Tiro alla Fune, pensa di cogliere l’opportunità. Le selezioni si tengono a Genova, l’11 luglio, guidate dal Prof. Marchisio[1], sotto l’egida della FAI (Federazione Atletica Italiana[2]), in varie prove: un test consiste nel trainare, da soli, una slitta del peso di circa 100kg mentre nello sferisterio dello Zerbino si sviluppano vere e proprie gare di tiro alla fune, per squadre di tre elementi. Vince la “Fratellanza Savonese” battendo in finale 2-0 la “Colombo” di Genova. La squadra di Arnoldo, i Pompieri di Venezi, che vede in gara anche Vianello e Seguso, chiude al quarto posto. Ma Arnoldo, coi suoi 95kg di peso, è tra gli atleti più pesanti in gara e nella selezione conta proprio anche la forza bruta che ogni concorrente riesce ad esprimere. Il Prof. Marchisio non ha dubbi e premia Arnoldo con l’inserimento nella lista della Nazionale. I tiratori, o “funisti”, come talora vengono definiti, si ritrovano per un collegiale di preparazione ai primi di agosto, a Savona. Tra loro emerge un forte cameratismo e, istigati da Tonani, si sviluppano forti sentimenti socialisti al punto che, durante il viaggio in treno per Anversa e pure all’arrivo in stazione, i nostri cantano a squarciagola “Bandiera Rossa” tra l’imbarazzo generale degli altri componenti la spedizione.

Chiassosi e provocatori, con mugugni e proteste continue, i tiratori di fune si fanno notare anche nella sede della nostra delegazione, una scuola requisita per l’occasione, dove gli atleti dormono in camerate[3], che diventa in pratica la prima “Casa Italia” della storia[4]. La gara di tiro alla fune, specialità inserita nei Giochi fin dal 1900, si svolge all’Olympisch Stadion ed inizia il 17 agosto. Partecipano solo 5 nazioni. Il 18 agosto l’Italia è subito e nettamente sconfitta dai Paesi Bassi, che vincono rapidamente le due manches: la prima termina dopo 1’11”, la seconda addirittura dopo solo 43”. Un fiasco colossale, che porta i nostri a rinunciare addirittura a proseguire il torneo che peraltro ha uno svolgimento macchinoso per l’attribuzione delle medaglie per i piazzati. L’oro va alla Gran Bretagna, da sempre specialista della disciplina, argento per i Paesi Bassi e bronzo al Belgio. I nostri, perduto l’unico incontro disputato, chiudono mestamente all’ultimo posto, quinti. Certamente, non una prova brillante. Di tiro alla fune ai Giochi, peraltro, non se ne parlerà più, e non solo a livello italiano[5]. Analogamente, non si parlerà più neanche di Arnoldo.

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Stoccolma 1912. Gli azzurri del tiro alla fune in azione ai Giochi: tra loro anche Arnoldo


[1] Teotimo Marchisio, nato a La Spezia il 25.04.1868. Ginnasta e dirigente della Pro Italia, si trasferisce poi a Genova dove diventa istruttore e DT della “Colombo”

[2] In quel tempo è la Federazione che si occupa anche di lotta e sollevamento pesi, non di atletica leggera

[3] I soli tennisti, noblesse oblige, dormono in albergo: non a caso tra loro è presente anche l’unica donna della spedizione, Rosetta Gagliardi

[4] L’edificio si trova in Avenue de Belgique e vede annessi ristorante, sala stampa ed altri uffici vari

[5] Il tiro alla fune difatti uscirà dalle specialità olimpiche: l’ultima edizione in cui viene disputato è proprio questa del 1920