ARGENTO Valentino
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Napoli 1901 / Philadelphia (USA) 08.09.1941
1924. Scherma. 4° Fioretto a Squadre
Esponente della fervida “scuola napoletana”, inizia a segnalarsi intorno ai vent’anni di età. E’ comunque solo nel 1923 che coglie il suo primo successo importante, nella “Coppa Russomando” a Napoli, dove vince il fioretto, è secondo nella sciabola (superato solo da Durante) e sesto nella spada. Dimostra dunque di saperci fare con tutte le armi, come conferma anche a Cercola alla fine di agosto: primo nel fioretto, 2° nella spada (battuto da Gazzarini) e terzo nella sciabola dietro Amati e De Vecchi. Il 30 dicembre nella Sala Maddaloni, a Napoli, durante una prestigiosa riunione, batte col fioretto 10-9 l’olimpionico Terlizzi (oro ad Anversa) tra l’entusiasmo generale. Vittoria importante, per morale e significato, che lo fa annoverare di colpo tra i più forti fiorettisti italiani. Come tale affronta il 1924 col sogno olimpico nel cuore. Per questo partecipa sin da subito alle apposite selezioni, la prima delle quali si tiene alla Farnesina, a Roma. Probabilmente esagera perchè si cimenta nelle tre armi e riesce, non senza fatica ed un pizzico di fortuna, ad entrare nella lista dei 30 “probabili azzurri” in ciascun settore. Ma, è evidente, non è Nadi e già nella seconda selezione, il 16 e 17 aprile a Bologna, rimane in gara solo nel fioretto. La prova decisiva si tiene il 28 maggio nelle sale della “Società del Giardino” a Milano: Argento si difene bene, pur non brillando eccessivamente. Chiude il girone, stravinto da Puliti, all’ottavo posto, sufficiente comunque a fargli guadagnare la convocazione in azzurro, sia pure soltanto per la prova a squadre come indicato dal CT Flauto. Galvanizzato dall’evento, Argento finisce secondo nel fioretto, alle spalle dell’imbattibile Puliti, nel torneo che si svolge il 5 giugno a Palazzo Affaitati a Cremona, dimostrando di aver meritato Parigi. Il 24 giugno si conferma, vincendo nel fioretto la “Coppa Russomando” a Napoli: è pronto per i Giochi.
Le gare olimpiche di scherma si svolgono al Vel d’Hiv, il famoso Velodromo d’Inverno della capitale francese, teatro di numerose competizioni ciclistiche di primo piano. Argento gareggia nel fioretto a squadre cui prendono parte 12 nazioni. Esentati dal primo turno, i nostri scendono in pedana il 28 giugno nei quarti di finale ed è spettacolo: nella loro poule battono 16-0 l’Ungheria, 12-4 la Svizzera e 13-3 l’Austria. Argento è in squadra contro la Svizzera, vincendo due incontri (con E. Fitting 5-2 ed Empeyta 5-4) e perdendone altrettanti, con F. Fitting (5-2) ed Antoniades (5-4). Poi rimane in panchina sino alla fine del torneo. Il giorno seguente, in semifinale, gli azzurri se la devono vedere con Belgio e Danimarca, ma poichè i danesi sono sconfitti sia dai nostri che dal Belgio, l’incontro tra quest’ultimo ed i nostri non viene disputato in quanto entrano in finale le prime due compagini. Il 30 giugno è finale, in un girone a quattro, con Francia, Ungheria e lo stesso Belgio. La medaglia sembra praticamente scontata anche se la Francia fa paura. In effetti incontriamo subito proprio i transalpini e sono scintille. I nostri perdono diversi incontri e si va sull’1-3 quando tocca a Boni contro lo stesso Gaudin: i due arrivano sul 4-4 e succede il patatrac. Il giudice ungherese Kovacs attribuisce la stoccata decisiva a Gaudin. Boni non ci sta, inveisce e protesta, offende il giudice che chiede la traduzione delle sue parole a Italo Santelli, CT degli ungheresi. Segue la protesta ufficiale del giudice che chiede scuse immediate. Nasce un parapiglia, l’intera squadra italiana brontola ed urla a squarciagola, Boni si rifiuta di porgere le scuse, ben spalleggiato da tutti i nostri, dirigenti compresi. Alla fine, dopo un breve conciliabolo, gli azzurri decidono di abbandonare clamorosamente e lasciano lo stadio, cantando “Giovinezza”. Non possono che essere classificati che quarti. L’oro va alla Francia, probabilmente superiore tecnicamente ai nostri, argento per il Belgio, bronzo all’Ungheria. Abbiamo buttato al vento una medaglia, per orgoglio e spirito patriottico. Inoltre nessuno dei nostri disputa il torneo individuale di fioretto. Rimane però una figura non proprio adamantina per gli italiani: qualcuno ipotizza che abbiano preferito l’onore alla sconfitta sul campo. Argento ha disputato quindi un solo incontro, per una partecipazione olimpica che in pratica non ha lasciato segno.
Dopo i Giochi, continua a gareggiare, e non solo col fioretto: il 28 settembre difatti vince il torneo di spada a Catania ed il 10 febbraio 1925 è secondo, ancora con la spada, nelle lussuose sale del Grand Hotel di Napoli, superato solo dall’altro olimpionico Cuomo. Il 12 aprile altra piazza d’onore, stavolta col fioretto, nel torneo di Tripoli, alle spalle di Bertinetti. Ritrova un bel successo nella “Coppa Flegrea” di spada, disputata il 14 ottobre alla “Pro Bagnoli” e dominata senza perdere un assalto. Il 14 dicembre è a Milano, al Teatro Del Verme, per un’attesissima esibizione in cui è presente anche il redivivo Nedo Nadi. Argento col fioretto supera 8-6 il “vecchio” Bertinetti. Si ripete il 26 febbraio 1926 a Torino quando, ancora col fioretto, batte 8-6 Mezzalama. Due giorni dopo invece, all’Hotel Continental di Milano e con la stessa arma, è superato 10-7 dal rampante Guaragna. Argento è poi grande protagonista dei campionati campani che si tengono a Napoli il 26 aprile: vince il fioretto ed è secondo nella spada e nella sciabola, battuto rispettivamente da Piutti e De Vecchi, risultando il migliore del torneo nelle tre armi. Si rivede in piena estate: il 1 agosto finisce al terzo posto il prestigioso torneo di sciabola ad Ostenda e vinto da Bini. Nel 1927, tra il 10 e 13 gennaio, gareggia nel “Trofeo Città di Napoli”, disputato nella Sala Maddaloni: chiude 6° nel fioretto, 11° nella spada e 12° nella sciabola. Il 9 ottobre conquista a Napoli il campionato campano di spada. Questo però è il suo ultimo risultato importante. Nel 1928 manca la qualificazione olimpica ed in pratica sparisce di scena, pur continuando a calcare le pedane. Diventa poi un quotato insegnante e nel 1937 tenta l’avventura americana: si stabilisce a New York, poi a Philadelphia ed a Betlehem, dove allena le compagini della “Leigh University”. Muore improvvisamente per un malore ad appena 40 anni di età.