Ugo Frigerio vince a ritmo di musica. Il fanciullo concede il bis nella marcia 3000 metri
Il 21 agosto del 1920, a soli tre giorni dalla conquista del primo titolo olimpico nella storia della marcia italiana, Ugo Frigerio concesse il bis sulla distanza dei 3000 metri. Una vittoria indimenticabile, non solo per la straordinaria prova dell’azzurro, ma anche per il modo in cui si aggiudicò la sua seconda medaglia d’oro. Il 18enne milanese, figlio di due fruttivendoli, sbaragliò la nutrita schiera di avversari, costituita, principalmente, dal blocco anglosassone. Il regolamento prevedeva un turno di qualificazione e la relativa finale.
Ventidue gli atleti in gara, che il 20 agosto si sfidarono in due batterie di qualificazione formate da undici marciatori l’una. I primi sei qualificati approdavano alla finale del giorno successivo. Nella prima batteria, in programma al mattino, Frigerio, senza troppi patemi, s’impose con il tempo di 13’40”2, davanti al sudafricano Cecil McMaster (13’48”5’) e allo statunitense Richard Remer (13’54”1). Passarono il turno anche l’altro statunitense Winfred Rolker e i britannici William Hehir e Charlie Gunn (bronzo nei 10.000 metri).
Nell’altra batteria, invece, l’azzurro Donato Pavesi vinse in 13’46”8, sull’australiano George Parker (13’47”9) e sullo statunitense Thomas Maroney (13’52”1). Più indietro, poi, il britannico Charles Dawson, il danese Niels Pedersen e il belga Jean Seghers. L’indomani, nell’attesa finale in programma al Kielstadion, Frigerio, si presentò alla partenza con un foglio in mano e si diresse verso il direttore della banda, che aveva clamorosamente sbagliato l’inno al termine della gara dei 10.000 metri.
Il marciatore azzurro, convinto che il direttore si doveva far perdonare il maltolto, gli diede quel foglio, o meglio uno spartito, con le note di una musica che la banda avrebbe dovuto eseguire nel corso della finale. Una sorta di marcetta per scandire il ritmo gara. Quello di Frigerio fu un assolo: controllò fino a metà gara e poi staccò Parker; mentre, per la seconda volta consecutiva, l’altro azzurro, Pavesi, veniva squalificato. Nel corso della gara, sollecitò il pubblico ad incitarlo, ma soprattutto, trovò il tempo per fermarsi brevemente a “redarguire” la banda, che a suo dire non aveva scandito il ritmo.
Ripartì involandosi verso il traguardo, dove trionfante, con il suo classico grido di “Viva l’Italia”, si laureò campione stabilendo il nuovo record olimpico con il tempo di 13’14”2. Una volta superato il filo di lana, si esibì in una serie di capriole di gioia, che suscitarono l’ilarità del pubblico, ma soprattutto l’entusiasmo degli italiani presenti. Chiuse la gara con 5”4 su Parker e 8” su Remer.
Una vera e propria marcia trionfale, che Achille Beltrame - visto l’eco suscitato dalle due clamorose vittorie del fanciullo di Anversa - volle immortalare sulla copertina della Domenica del Corriere. Un tributo doveroso, per una pagina epica dei Giochi della VII Olimpiade.