Seminario sui modelli di leadership, Mornati: “Incontro fortemente voluto sulla strada verso Parigi 2024”
L’aula 6 della Scuola dello Sport, al Centro di Preparazione Olimpica ‘Giulio Onesti’ del CONI a Roma, ha ospitato il seminario intitolato “Modelli di leadership per la gestione di atleti e collaboratori”.
L’evento, organizzato dall’Istituto di Medicina e Scienza dello Sport del CONI e rivolto a direttori tecnici, staff tecnici e sanitari, è stato aperto dal saluto di Carlo Mornati, Segretario Generale del CONI, responsabile Ufficio Sport e Capo Missione Parigi 2024: “Abbiamo fortemente voluto questo incontro nel percorso di avvicinamento ai Giochi Olimpici. Il rapporto con gli atleti di alto livello presenta necessità diverse da quelle di dieci, venti o trent’anni fa. Lo sport è schematico, i concetti sono quelli, ma il modo in cui arrivano fa la differenza”.
Nel corso dell’incontro è stato trattato il tema del Modello S.F.E.R.A. e le varie sfaccettature della leadership. Primo relatore ad essere intervenuto Giuseppe Vercelli, psicologo, psicoterapeuta, consulente dell’Istituto di Medicina e Scienza dello Sport del CONI e responsabile Area Psicologia Juventus FC: “Per lavorare sulla leadership dobbiamo lavorare innanzitutto su noi stessi. L’applicazione di questi principi su un atleta individuale è molto diversa rispetto al lavoro che si fa con una squadra. Le persone intelligenti preferiscono essere riconosciute piuttosto che guidate. Come facciamo a far sentire riconosciuti atleti e collaboratori? Con la fondamentale capacità di dare feedback specifici. Sono importanti le sensazioni di divertimento, gioia, passione, motivazione ed entusiasmo; la capacità di allenare il desiderio di affrontare la sfida che si presenta. Come dice Mauro Berruto, il campione è colui che sa fare bene le cose quando sono difficili”.
“Accendere i punti di forza è fondamentale soprattutto nei giocatori egocentrici – ha spiegato Alessandro Campagna, commissario tecnico della Nazionale maschile di pallanuoto –. Ad alcuni non bisogna far notare che stanno giocando male. La fiducia si porta in altri modi. Come allenatore di una Nazionale cerco di avere più informazioni possibile, ma il lavoro del mio staff è determinante. Il tempo in cui le cose vanno bene dura poco: bisogna stare attenti all’imprevisto che può generare un profondo cambiamento, non si può dare nulla per scontato. Ho ottenuto le migliori performance della mia carriera superando paura e problemi improvvisi: anche così si raggiunge la coesione del gruppo. In un evento come i Giochi Olimpici nella pallanuoto puoi perdere le prime due partite e vincere la medaglia d’oro: non si deve essere troppo negativi in caso di sconfitta né troppo euforici in caso di vittoria. Ci vuole equilibrio. Lo stile di leadership cambia: bisogna avere il coraggio di comunicare bene, di aggiornarsi. Il giocatore vuole vincere e deve capire che tu sei in linea con l’evoluzione del gioco. Bisogna empatizzare, entrare nel cuore delle persone, conoscere le loro debolezze e le loro incertezze. Essere come padri, a volte. Dopo il Covid le cose sono cambiare ulteriormente. Il nostro compito è prendere il meglio dei nostri atleti e portarlo al raggiungimento dell’eccellenza. Vi riporto una frase che ho letto a Wimbledon: se hai la fortuna di conoscere il disastro e il trionfo, trattali alla stessa maniera perché sono due impostori. Le medaglie che abbiamo vinto non le abbiamo vinte con la squadra più forte, ma con la squadra che ha reso al 100% delle proprie possibilità”.
Poi Elisa Pagliano, Dottoressa in psicologia specializzata in psicologia dello sport e della prestazione, consulente e formatrice: “Dal 2023 c’è stato un grandissimo incremento di interesse e audience per gli sport femminili di élite. Le differenze tra donne e uomini dal punto di vista anatomico e metabolico si riflettono sullo sport, comprendendo la sfera degli infortuni e dei problemi fisici. Esistono differenze a livello comunicativo? Ci sono similitudini, ma anche fattori diversi. Le donne danno maggiore rilevanza alla coesione sociale, preferiscono lo stile supportivo della leadership, affrontano più volentieri temi personali e sono maggiormente propense ad accettazione e self-disclosure”.
In chiusura Antonio Sacco, psicologo Genoa CFC, consulente e formatore: “Allenare è un’arte. Le scienze sono al servizio dell’artista. Un gruppo di lavoro nasce nel momento in cui vi è un obiettivo comune e condiviso da raggiungere, cercando il giusto equilibrio tra necessità individuali e di gruppo. Ci sono l’obiettivo sogno, l’obiettivo di risultato, l’obiettivo di prestazione e l’obiettivo di processo. Come si definisce un obiettivo? Va scelto un obiettivo sotto la responsabilità personale, va formulato in termini positivi, deve essere ecologico e verificabile sensorialmente. Poi un gruppo di lavoro di sviluppa con la definizione di una struttura che definisce la spina dorsale del team e ne permette il funzionamento. La struttura permette di definire i ruoli, i sistemi di ricompensa e le regole. Nel lavoro in gruppo si lavora in parallelo o in sequenza: il malfunzionamento di un pezzo ha effetto su tutto il processo. Nel lavoro di gruppo, invece, il coordinamento è orizzontale. Il funzionamento di un gruppo diventa efficace quando vengono definiti i meccanismi del lavoro, tenendo presente che non si può non comunicare”. (agc)