CONI: Petrucci scrive a McQuaid (UCI) sulle iniziative antidoping
Il Presidente del CONI Giovanni Petrucci ha inviato oggi una lettera al Presidente della Unione Ciclistica Internazionale Pat McQuaid sulle iniziative antidoping. La lettera è stata inoltrata anche ai Membri della Giunta Nazionale del CONI. L’argomento sarà, infatti, affrontato nel corso della prossima riunione della Giunta lunedì 25 giugno.
Questo il testo della lettera:
Egr. Presidente UCI
Pat McQuaid
L’esigenza di una particolare cooperazione internazionale nella prevenzione e repressione dell’uso di sostanze e metodi proibiti nello sport è stata sempre più avvertita almeno sin da quando il Consiglio d’Europa e successivamente la WADA hanno richiesto alle Organizzazioni Anti-Doping l’armonizzazione dei loro programmi.
Dal momento che il doping, fenomeno che mina lo sport e l’uomo nella propria essenza, accresce di vigore anche nella divergenza tra gli scopi e gli approcci delle diverse Organizzazioni Anti-Doping responsabili - e l’esperienza insegna che nessun intervento sul doping ha possibilità di efficacia se non esiste una zona di convergenza tra le sfere d’interesse delle Istituzioni coinvolte - è evidente che occorre operare in una unica e condivisa direzione.
Anche nel ciclismo l’attuazione di una serie di interventi comuni risulta pertanto auspicabile, nella consapevolezza che permetterebbe una maggiore rispondenza delle procedure al bene comune delle Organizzazioni sportive, che deve rimanere l’Atleta e la sua integrità.
In Italia tale esigenza è particolarmente avvertita, per il grande successo che il ciclismo riscuote e la grande passione popolare che suscita nel paese, come testimoniato dall’enorme seguito di pubblico che ha accompagnato l’ultima edizione del Giro d’Italia.
Le competizioni ciclistiche continuano ad essere tra le discipline sportive più amate dagli italiani e proprio per mantenere vivo questo sentimento così forte e diffuso il CONI intende avviare con l’U.C.I. una collaborazione proficua - già in atto con la Federazione ciclistica italiana - che possa tutelare in maniera più efficace la credibilità e i valori insiti in questo sport.
E’ infatti viva nell’opinione pubblica la sensazione, che traspare anche dai media, che da parte degli atleti sia in atto una gestione “scientifica” delle loro prestazioni, finalizzata a mantenere i livelli fisiologici riscontrabili dai controlli antidoping all’estremo limite consentito.
A ciò si aggiunge un ricorso sempre più frequente e diffuso alle esenzioni a fini terapeutici, che dà ormai l’immagine del ciclismo come un popolo di malati e dello sport più quale danno che come beneficio per la salute e l’integrità fisica.
Le iniziative assunte dall’UCI, anche in questi ultimi giorni, sono sicuramente apprezzabili ed è auspicabile che si dimostrino anche efficaci.
Peraltro la lotta al doping è un sistema nel quale chi non vuole continuamente ricorrere a colpi d’inchiesta, o peggio ancora di spugna, può solo affidarsi ad una nuova progettualità e ad un’azione comune e convergente da parte di tutti i soggetti coinvolti.
In particolare, a nostro parere, bisogna incidere sul sistema delle esenzioni a fini terapeutici, tenendo presente che prima viene l’integrità psico-fisica dell’Atleta e poi la performance agonistica. Ma soprattutto rigore e condivisione dei criteri per il rilascio di documentazioni che attualmente, in ipotesi, sembrano anche costituire, una facile esimente rispetto alla fattispecie penale vigente in Italia.
In ordine ai controlli Anti-Doping, consideriamo altamente utile la creazione di task force comuni, almeno negli eventi che si tengono sul nostro territorio nazionale, in considerazione che l’attuale sistema è insostenibilmente limitativo se non addirittura ostativo alla nostra riconosciuta capacità di disporre sessioni di prelievo, qualitativamente e quantitativamente apprezzabili.
Riteniamo inoltre basilare incidere sulla gestione dei risultati di Laboratorio, condividendo che almeno i presunti esiti avversi dell’ultimo Giro d’Italia - sui quali si impone un approfondimento unitamente agli altri valori riscontrati dai test italiani — qualora non fossero vere e proprie violazioni delle normative antidoping appaiono quanto meno come indici di preoccupanti anomalie. Situazioni che entrambe non possono essere affrontate facendo leva genericamente “sulle garanzie”, estremizzandone la logica fino a snaturarle e a stravolgerne il senso. Bisogna condividere tutti i dati disponibili e le valutazioni ultime, anche con la WADA.
Questi tre ambiti - delle esenzioni, dei controlli e della gestione dei risultati di laboratorio - sono strettamente connessi: sarebbe inutile continuare a intervenire solo su un versante e non, contemporaneamente, sugli altri, senza un discorso organico e una volontà risoluta.
Al tal fine auspichiamo al più presto un incontro di vertice tecnico, per definire, nel rispetto delle normative vigenti e dei principi di sovranità territoriale, le modalità di collaborazione, al fine di ottimizzare in sinergia le risorse e le professionalità, ove possibile senza sovrapposizioni.
Siamo quindi certi che l’Ud condivida questa nostra posizione — che porteremo a conoscenza anche della WADA - e voglia impegnarsi con noi, anche nel settore della giustizia sportiva, affinché prevalga, nei limiti umani, il giusto sull’ingiusto.
Confidando nel comune senso di responsabilità, resto in attesa di un Suo riscontro e Le invio i più cordiali saluti.
(Giovanni Petrucci)
Roma 22 giugno 2007
Questo il testo della lettera:
Egr. Presidente UCI
Pat McQuaid
L’esigenza di una particolare cooperazione internazionale nella prevenzione e repressione dell’uso di sostanze e metodi proibiti nello sport è stata sempre più avvertita almeno sin da quando il Consiglio d’Europa e successivamente la WADA hanno richiesto alle Organizzazioni Anti-Doping l’armonizzazione dei loro programmi.
Dal momento che il doping, fenomeno che mina lo sport e l’uomo nella propria essenza, accresce di vigore anche nella divergenza tra gli scopi e gli approcci delle diverse Organizzazioni Anti-Doping responsabili - e l’esperienza insegna che nessun intervento sul doping ha possibilità di efficacia se non esiste una zona di convergenza tra le sfere d’interesse delle Istituzioni coinvolte - è evidente che occorre operare in una unica e condivisa direzione.
Anche nel ciclismo l’attuazione di una serie di interventi comuni risulta pertanto auspicabile, nella consapevolezza che permetterebbe una maggiore rispondenza delle procedure al bene comune delle Organizzazioni sportive, che deve rimanere l’Atleta e la sua integrità.
In Italia tale esigenza è particolarmente avvertita, per il grande successo che il ciclismo riscuote e la grande passione popolare che suscita nel paese, come testimoniato dall’enorme seguito di pubblico che ha accompagnato l’ultima edizione del Giro d’Italia.
Le competizioni ciclistiche continuano ad essere tra le discipline sportive più amate dagli italiani e proprio per mantenere vivo questo sentimento così forte e diffuso il CONI intende avviare con l’U.C.I. una collaborazione proficua - già in atto con la Federazione ciclistica italiana - che possa tutelare in maniera più efficace la credibilità e i valori insiti in questo sport.
E’ infatti viva nell’opinione pubblica la sensazione, che traspare anche dai media, che da parte degli atleti sia in atto una gestione “scientifica” delle loro prestazioni, finalizzata a mantenere i livelli fisiologici riscontrabili dai controlli antidoping all’estremo limite consentito.
A ciò si aggiunge un ricorso sempre più frequente e diffuso alle esenzioni a fini terapeutici, che dà ormai l’immagine del ciclismo come un popolo di malati e dello sport più quale danno che come beneficio per la salute e l’integrità fisica.
Le iniziative assunte dall’UCI, anche in questi ultimi giorni, sono sicuramente apprezzabili ed è auspicabile che si dimostrino anche efficaci.
Peraltro la lotta al doping è un sistema nel quale chi non vuole continuamente ricorrere a colpi d’inchiesta, o peggio ancora di spugna, può solo affidarsi ad una nuova progettualità e ad un’azione comune e convergente da parte di tutti i soggetti coinvolti.
In particolare, a nostro parere, bisogna incidere sul sistema delle esenzioni a fini terapeutici, tenendo presente che prima viene l’integrità psico-fisica dell’Atleta e poi la performance agonistica. Ma soprattutto rigore e condivisione dei criteri per il rilascio di documentazioni che attualmente, in ipotesi, sembrano anche costituire, una facile esimente rispetto alla fattispecie penale vigente in Italia.
In ordine ai controlli Anti-Doping, consideriamo altamente utile la creazione di task force comuni, almeno negli eventi che si tengono sul nostro territorio nazionale, in considerazione che l’attuale sistema è insostenibilmente limitativo se non addirittura ostativo alla nostra riconosciuta capacità di disporre sessioni di prelievo, qualitativamente e quantitativamente apprezzabili.
Riteniamo inoltre basilare incidere sulla gestione dei risultati di Laboratorio, condividendo che almeno i presunti esiti avversi dell’ultimo Giro d’Italia - sui quali si impone un approfondimento unitamente agli altri valori riscontrati dai test italiani — qualora non fossero vere e proprie violazioni delle normative antidoping appaiono quanto meno come indici di preoccupanti anomalie. Situazioni che entrambe non possono essere affrontate facendo leva genericamente “sulle garanzie”, estremizzandone la logica fino a snaturarle e a stravolgerne il senso. Bisogna condividere tutti i dati disponibili e le valutazioni ultime, anche con la WADA.
Questi tre ambiti - delle esenzioni, dei controlli e della gestione dei risultati di laboratorio - sono strettamente connessi: sarebbe inutile continuare a intervenire solo su un versante e non, contemporaneamente, sugli altri, senza un discorso organico e una volontà risoluta.
Al tal fine auspichiamo al più presto un incontro di vertice tecnico, per definire, nel rispetto delle normative vigenti e dei principi di sovranità territoriale, le modalità di collaborazione, al fine di ottimizzare in sinergia le risorse e le professionalità, ove possibile senza sovrapposizioni.
Siamo quindi certi che l’Ud condivida questa nostra posizione — che porteremo a conoscenza anche della WADA - e voglia impegnarsi con noi, anche nel settore della giustizia sportiva, affinché prevalga, nei limiti umani, il giusto sull’ingiusto.
Confidando nel comune senso di responsabilità, resto in attesa di un Suo riscontro e Le invio i più cordiali saluti.
(Giovanni Petrucci)
Roma 22 giugno 2007