"Parole O_Stili" contro la violenza verbale nello sport
La violenza verbale legata agli incresciosi episodi registrati nell’ultimo weekend agonistico impone una seria riflessione collettiva. Si tratta di circostanze da condannare senza riserve, assolutamente antitetiche rispetto ai valori che caratterizzano il nostro movimento. Per questo è importante veicolare iniziative che rappresentano invece un manifesto chiamato a promuovere la vera essenza della cultura sportiva, modello di riferimento fuori e dentro ai campi di gioco.
Il progetto sociale di sensibilizzazione contro la violenza, “Parole O_Stili”, ha l'ambizione di essere questo: un'occasione per ridefinire lo stile con cui stiamo in Rete e per responsabilizzarci a scegliere con cura le parole che usiamo, proprio perché "le parole sono importanti".
Le parole hanno un potere grande: danno forma al pensiero, trasmettono conoscenza, aiutano a cooperare, costruiscono visioni, incantano, guariscono e fanno innamorare. Ma le parole possono anche ferire, offendere, calunniare, ingannare, distruggere, emarginare, negando con questo l’umanità stessa di noi parlanti. Ecco perché devono essere usate bene e consapevolmente, sia nel mondo reale sia in Rete. Se è vero che la Rete e i social network sono luoghi virtuali dove si incontrano persone reali, dobbiamo domandarci chi siamo e come vogliamo vivere e comunicare anche mentre abitiamo questi luoghi.
Sono dieci semplici principi di stile a cui ispirarsi per ristabilire un contatto diretto, sincero e fondato sui valori nobili dello sport, così da evitare un linguaggio ostile nel tifo e nella comunicazione. A orientare la declinazione del Manifesto della comunicazione non ostile per lo sport sono stati i contributi di oltre 100 fra atleti, club, squadre, federazioni, aziende, giornalisti e comunicatori legati al mondo dello sport.
- Virtuale è reale: Sport è dare sempre il meglio di sé. Per questo sia in gara, sia nella vita e nel mondo virtuale, sostengo i valori della correttezza, della condivisione e del rispetto.
- Si è ciò che si comunica. Da atleta, da tifoso o da commentatore, so che i miei discorsi dicono chi sono, e quanto credo nello sport che amo. Faccio sì che siano forti, leali, onesti e gentili.
- Le parole danno forma al pensiero. Cerco sempre parole giuste. Governo l’adrenalina e l’emozione con il rigore del mio pensiero. Controllo i toni perché lo spirito sportivo vinca anche nella sconfitta.
- Prima di parlare bisogna ascoltare. Mi alleno ad ascoltare. Ascolto l’allenatore, l’arbitro, i compagni. Ascolto le lodi, e ascolto le critiche. Ascolto il mio corpo. Ascoltando divento più forte e migliore.
- Le parole sono un ponte. Lo sport è un linguaggio che tutti capiscono e il messaggio dello sport è potente: faccio sì che sia positivo, pieno di speranza. Che ispiri le persone. Che le unisca.
- Le parole hanno conseguenze. Le mie parole hanno peso e valore: possono influire su molte persone rendendole peggiori o migliori. Dunque, anche in piena emozione agonistica parlo con misura.
- Condividere è una responsabilità. Sono responsabile dei contenuti che condivido. Esalto la sapienza tecnica, la bellezza, l’armonia, le storie che rincuorano. Condanno il tifo cieco, cattivo e ostile.
- Le idee si possono discutere. Le persone si devono rispettare. Nello sport non esistono nemici, ma solo avversari: li rispetto perché, senza di loro, non c’è gara. Rispetto regole, arbitri e giudici: sono i garanti della mia passione.
- Gli insulti non sono argomenti. Ricordo che lo sport è fair play: gioco leale. L’agonismo è confronto positivo, mentre l’insulto è debole, vigliacco, incivile. Aggredire è il contrario di competere.
- Anche il silenzio comunica. Il silenzio vince: è concentrazione e autocontrollo. Evito le parole vuote e inutili. Quelle violente non mi servono: so dimostrare la mia forza.