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Italia rischia l’eliminazione poi vince anche nella spada a squadre

100 anni fa i Giochi Olimpici ad Anversa
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Il programma del 20 agosto del 1920, ai Giochi della VII Olimpiade di Anversa, prevedeva la disputa del torneo di spada a squadre. L’Italia, reduce dal doppio trionfo nel fioretto, si apprestava a scendere in pedana, senza, però, i favori del pronostico. La spada, fino a quel momento, non aveva regalato particolari emozioni al nostro Paese. Francia e Belgio, infatti, avevano conquistato il titolo olimpico rispettivamente a Londra e a Stoccolma; mentre, l’Italia, si era dovuta accontentare del quarto posto nel 1908, senza poi gareggiare nel 1912.

La squadra azzurra era composta dai quattro livornesi Nedo e Aldo Nadi, Andrea Marazzi e Dino Urbani; dai veterani Abelardo Olivier e Giovanni Canova (42 e 40 anni); dagli “stranieri” Tommaso Costantino e Paolo Thaon de Revel, originari di Tunisi e Tolone; dal 29enne bresciano di Paitone, Antonio Allocchio e dal napoletano Tullio Bozza. La splendida cornice dei giardini di Palazzo Egmont, in stile tardo barocco, faceva da palcoscenico al torneo. Undici i paesi iscritti alla gara, suddivisi in due gironi - uno da cinque e uno da sei - con i primi tre classificati di ogni poule che si qualificavano per la finale.

Gli azzurri rischiarono l’eliminazione, preferendo schierare le seconde linee per far respirare i fratelli Nadi reduci dalle prove di fioretto. Tirarono soprattutto Allocchio, Canova, Marazzi e Bozza. Partirono forte con le vittorie sui campioni uscenti del Belgio (8-4), sulla Danimarca (10-5) e contro i Paesi Bassi, al termine di una sfida equilibratissima chiusa per 7-6. Seguirono il pari con la Svezia (6-6) e la sconfitta bruciante con il Portogallo (7-8). Il girone fu vinto dal Belgio (4 vittorie e 1 sconfitta), davanti al Portogallo e all’Italia (3 vittorie, 1 sconfitta e 1 pari). Nell’altro, invece, s’impose la Francia (4/0), su Svizzera (3/1) e Stati Uniti (2/2).

Nella finale a sei, dove l’Italia non sembrava godere dei favori del pronostico, scesero in pedana Nedo e Aldo Nadi, oltre a Costantino, Olivier, Urbani e Thaon de Revel. E tutto cambiò.

Nel primo match ci fu la vittoria risicata sulla Svizzera (8-7), cui seguì la netta rivincita sul Portogallo (12-3) e il successo sulla temibile Francia (9-7). Decisiva, quindi, la sfida con i padroni di casa del Belgio, guidati dal capitano Victor Boin, che aveva letto il giuramento degli atleti nel corso della cerimonia d’apertura. Gli azzurri con un secco 10-6 misero una serie ipoteca sul titolo. Restava da disputare, quindi, l’ultimo incontro con gli Stati Uniti, reduci da quattro sconfitte in altrettante sfide. Fu un match lampo, che si concluse con una stoccata capolavoro rifilata da un Nedo Nadi febbricitante ad Arthur Lyon.

Lo spadista statunitense, riconoscendo il gran gesto tecnico, depose l’arma ed omaggiò il “re di spade” issandolo sulle spalle. L’Italia vinse 1-0 e conquistò il suo primo titolo olimpico della storia, un trionfo che i giornali dell’epoca celebrarono con il “superbo” Nedo”, “il nervoso e guizzante” Aldo e “il calmo, veloce e corretto” Olivier. E pensare che il padre Giuseppe, bandì ai fratelli Nadi la spada, che definì una “prostituzione della scherma”. Nedo ed Aldo furono costretti a tirare in segreto, ma quella disobbedienza trasformò in oro quell’indimenticabile giornata di una squadra diventata leggendaria.

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