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Il decano Dick Pound interviene sulla Rule 50

CIO
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Il decano e membro CIO Richard W. Pound interviene sulla Rule 50 della Carta Olimpica.

"Libertà di espressione per gli atleti olimpici" 

Quando i critici tratteggiano le loro denunce con un mestichino o le schizzano su tela come Jackson Pollock, il rigore intellettuale viene spesso smarrito nel caos dell'opera. Allo stesso modo, quando la matrice operativa è basata sul "pronti – mirare – fuoco", non si presta sufficiente attenzione al contesto. Nell'impulso a colpire, viene sacrificata la precisione. 

Prendiamo ad esempio l'Articolo 50 redatto dal Comitato Olimpico Internazionale (CIO). L'articolo prevede che non sia consentito alcun tipo di manifestazione o propaganda politica, religiosa o razziale in alcun sito, luogo o altra area di interesse olimpico. Una parte di questa regola si applica alle premiazioni, vietando le dimostrazioni sul podio. Esiste una spiegazione semplice per tale regola, ma in alcuni ambienti questa è stata aspramente criticata come un'ingiustificabile incursione nei diritti di libertà di parola di cui godono gli atleti olimpici.

 

Guardiamo con ordine ai fatti.

 

  1. I Giochi olimpici sono un evento internazionale, che coinvolge attualmente circa 206 Comitati olimpici nazionali (e, per estensione, i governi), circa 40 Federazioni sportive internazionali e, per i Giochi estivi, circa 11.000 atleti. Sono tante le parti in causa, per non parlare dei fattori aggiuntivi come i mezzi di comunicazione, gli spettatori e i responsabili dell'organizzazione.

  2. Le relazioni internazionali tra i 206 paesi coinvolti sono molteplici e complesse.

  3. I Giochi olimpici, tuttavia, rappresentano anche la speciale manifestazione di un ideale: anche se il mondo nel suo complesso non funziona bene, esiste un'oasi in cui i giovani del mondo possono riunirsi per una competizione pacifica, libera dalle tensioni create da chi è più grande di loro, e che dovranno fronteggiare prima e dopo i Giochi. Naturalmente, la "bolla" dei Giochi non durerà, ma ogni volta che si celebrano i Giochi olimpici viene compiuto un piccolo passo avanti: se i Giochi possono funzionare, anche se solo per 17 giorni, forse anche il mondo potrebbe riuscirci, in futuro.

  4. Nel mondo attuale, esiste qualcuno in grado di offrire un esempio migliore di pace internazionale e di buona volontà su tale scala? Con una portata e un legame emotivo misurati in miliardi di persone?

Torniamo ora all'Articolo 50 e al furore fuorviante che lo circonda.

 

In primo luogo, non si tratta di un articolo nuovo e, in secondo luogo, è del tutto coerente con il contesto di fondo dei Giochi olimpici, durante i quali la politica, la religione, la razza e l'orientamento sessuale sono messi da parte. Le linee guida che hanno provocato tale furore sono state prodotte dagli atleti stessi, dopo ampie consultazioni. Sono gli atleti a rischiare di perdere il momento per il quale si sono allenati per tutta la vita a causa di una protesta sul podio.

 

Ogni individuo ha diritto all'opinione politica e alla libertà di espressione. Il CIO concorda pienamente con questo principio e ha chiarito che gli atleti restano liberi di esprimere le proprie opinioni nelle conferenze stampa, nelle interviste ai media e sui social media. Ma in una società libera i diritti possono implicare alcune limitazioni. L'Articolo 50 limita le occasioni e i luoghi di esercizio di tali diritti. Non lede i diritti stessi. Molte altre organizzazioni governative e sportive hanno stilato norme simili, volte a limitare le manifestazioni. È da ricordare, inoltre, che permettere le proteste sul podio significa accettare tutte le proteste, non solo quelle con cui si può essere d'accordo.

 

Come nel caso dei paesi, nessuna organizzazione è perfetta. Tuttavia, alcune di esse, come il CIO, si impegnano a definire e a rispettare principi e obiettivi ambiziosi. Il CIO si impegna a utilizzare lo sport per riunire le persone in contesti pacifici, per far sì che esso faccia parte del loro sviluppo generale, contribuendo a condividerne la voce in tutto il mondo. I Giochi possono dimostrare al mondo che ogni cosa è possibile, se c'è la volontà di farla accadere, temperata dalla buona volontà e dal rispetto reciproco.

 

L'Articolo 50 ricorda che, in occasione dei Giochi olimpici, la moderazione è un elemento di rispetto reciproco. È del tutto opportuno che il CIO, che ha creato i Giochi, stabilisca regole coerenti con i principi fondamentali alla base degli stessi. Non è arroganza, come hanno affermato alcuni critici, ma la convinzione che un mondo migliore sia possibile, grazie all'equilibrio dei diritti e delle responsabilità concomitanti.

 

Vivere in un mondo eterogeneo è il nostro destino. È nostro dovere introdurre un cambiamento, creare consenso sulla convivenza, in modo che questo rispetti, non condanni, la diversità e che accetti il diritto di essere diversi, comprendendo che non esiste un'ideologia perfetta o un paradigma unico per tutti. L'equazione umana è troppo ampia per una soluzione così artificiosa.

 

I Giochi olimpici non sono di per sé una panacea per tutte le sfide che ci attendono. Ma i principi che danno origine ai Giochi possono illuminare una strada volta a integrare i valori umanistici fondamentali. Evitare la vendetta, specialmente quella fuorviante, è un inizio ammirevole.

 

L'Articolo 50 della Carta olimpica codifica questo importante principio. Dobbiamo tutti ricordare ciò che abbiamo ereditato e, senza sacrificare alcun diritto alla libertà di parola, abbracciare l'esperienza speciale dei Giochi olimpici come elemento costitutivo di un futuro migliore.

 

Di Richard W. Pound, membro del CIO e decano del CIO

 

Foto IOC/Greg Martin

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