Abbagnale, Sartori, Galtarossa, Raineri vanno in progressione e battono i tedeschi nel 4 di coppia
Il 24 settembre del 2000 l’Italia conquistò la decima medaglia d’oro ai Giochi della XXVII Olimpiade di Sydney. Protagonista di quella splendida giornata fu il canottaggio. Nel quattro di coppia gli azzurri diedero vita ad una gara perfetta, dominando dall’inizio alla fine. Nell’incantevole cornice del bacino di Penrith, a sessantacinque chilometri da Sydney, l’equipaggio italiano poté finalmente esultare dopo una settimana massacrante di gare ed allenamenti.
Il Commissario Tecnico, Giuseppe La Mura, selezionò per la prova olimpica il 34enne veterano di Pompei Agostino Abbagnale; il laziale Alessio Sartori, di dieci anni più giovane; il padovano Rossano Galtarossa, che di anni ne aveva ventotto e il 23enne Simone Raineri, originario di Casalmaggiore. Abbagnale, Sartori e Galtarossa erano tre canottieri esperti, già campioni del mondo, a differenza del debuttante Raineri.
Tredici gli equipaggi iscritti alla gara, che si affrontarono al primo turno nella giornata del 18 settembre. Si qualificavano le prime tre imbarcazioni di ogni batteria, mentre, le quattro escluse, disputavano un turno di ripescaggio. L’Italia si aggiudicò la terza batteria in 5’45”67 (miglior tempo assoluto), precedendo la Svizzera e i vice campioni olimpici uscenti degli Stati Uniti. Germania ed Australia, quindi, s’imposero rispettivamente nella prima e seconda batteria. Cuba, Austria, Belgio e Cina, di contro, affrontarono il ripescaggio che qualificò le prime tre.
Quattro giorni dopo fu la volta delle semifinali: due batterie di sei equipaggi l’una, con le prime tre che conquistavano il pass per la finale. Gli azzurri, ancora una volta, furono inarrivabili. Vinsero la seconda batteria con il tempo di 5’44”08, stabilendo il record olimpico, senza concedere nulla ai Paesi Bassi e all’Ucraina. Nella prima batteria, invece, la Germania non aveva concesso scampo ai padroni di casa dell’Australia, già bronzo ad Atlanta quattro anni prima e alla Svizzera.
L’attesissima finale per il titolo, pertanto, metteva di fronte la favorita Germania, due volte sul gradino più alto del podio ad Atlanta e Barcellona, nonché campione del mondo uscente, e l’Italia, capace di vincere quattro delle ultime cinque edizioni dei Mondiali. Nel quartetto tedesco Andreas Hajek, Stephan Volkert e André Willms puntavano al loro terzo oro, a differenza di Marco Geisler, alla ricerca del suo primo titolo. Una grande sfida in cui Paesi Bassi ed Australia erano gli outsider.
La Germania partì subito forte, con un ritmo indemoniato, proprio per avvantaggiarsi sugli azzurri che facevano della regolarità la loro arma migliore. Al termine dei primi 500 metri i tedeschi conducevano con un vantaggio di settanta centesimi, che divennero settantacinque ai 1000 metri. Gli azzurri, però, proprio a metà gara, cominciarono a recuperare, aumentando vertiginosamente il ritmo dei colpi, che li porterà in testa nel giro di duecento metri. A tre quarti di gara l’Italia comandava con 70 centesimi di vantaggio, mentre, la Germania, pagò l’avvio sconsiderato cedendo clamorosamente nel finale. L’imbarcazione italiana s’involò così verso il traguardo precedendo di oltre due secondi i Paesi Bassi, che proprio negli ultimi metri riuscirono a superare la Germania. Un trionfo!
Galtarossa non stava più nella pelle e si alzò in piedi con le braccia al cielo per festeggiare quell’agognata vittoria inseguita da ben otto anni. L’emozione, poi, travolse il prodiere Abbagnale, che ad inizio anno fu convinto dalla moglie Romilda a continuare dopo una serie di problemi fisici: un sacrificio che gli valse il terzo titolo olimpico, impresa sfuggita persino ai suoi fratelli Carmine e Giuseppe. Sartori, inoltre, si prese un’enorme rivincita, con Galtarossa, dopo la grande delusione di quattro anni prima, quando si dovette accontentare della medaglia di legno. Incredulo, ma alle stelle, il debuttante Raineri, che al primo colpo vinse l’oro.
Per il canottaggio italiano fu il secondo titolo olimpico conquistato nella specialità, dodici anni dopo il successo di Gianluca Farina, Piero Poli, Davide Tizzano ed appunto Agostino Abbagnale a Seoul 1988.