A Senigallia dibattito sulla Promozione Giovanile. Malagò: c'è qualche problema ma noi unici al mondo
‘La Promozione Sportiva giovanile sul territorio’: è stato il tema del seminario organizzato dall’Ufficio Promozione e Territorio del CONI a Senigallia, in occasione del Trofeo CONI Kinder+Sport. All’appuntamento hanno preso parte i vertici dello sport nazionale, dal Presidente del CONI, Giovanni Malagò al Vice Presidente, Alessandra Sensini, al Segretario Generale Roberto Fabbricini, al Vice Segretario e Responsabile della Preparazione Olimpica, Carlo Mornati, dall’ad di Coni Servizi Alberto Miglietta ai rappresentanti delle Federazioni, dei Comitati Regionali e delle Scuole dello Sport, a partire da Marcello Marchioni, referente Nazionale per le Scuole Regionali dello Sport.
“Siamo un Paese strano, bellissimo in cui sappiamo benissimo chi ci tira da una parte e dall’altra -ha detto Malagò aprendo i lavori -. Ci sono rappresentanti di un certo mondo che dicono che la nostra missione dovrebbe essere la promozione dello sport. Un bambino e una bambina li devi levare da un computer, dalle cattive abitudini e li devi portare a fare attività sportiva e divertire. Poi hai Carlo Mornati, Capo della Preparazione Olimpica, e devi far sì che queste bambine e questi bambini vadano a vincere qualcosa di importante. In Parlamento c’è chi dice che il CONI si deve occupare solo della prima parte, poi ci sono altri signori che dicono che il CONI non sa fare il suo mestiere perché una federazione non è più competitiva. La Gran Bretagna, ad esempio, investe su chi può vincere, e a Rio 2016, solo in uno sport, il ciclismo su pista, ha vinto 12 volte le medaglie che aveva vinto 20 anni fa. Noi gestiamo, vigiliamo e supervisioniamo 386 discipline sportive diverse. In tanti sport siamo bravissimi fino a una certa età, 17-18-19 anni, poi non si capisce bene cosa accada. C’è una componente fisica, sicuramente, mentale, un aspetto tecnico, c’è un problema di regole? Ci sono molte componenti, fatta questa premessa, con tutti i problemi che ho riconosciuto, il Comitato Olimpico Nazionale Italiano è considerato il miglior comitato al mondo perché tutti riconoscono che quello che facciamo noi gli altri se lo sognano. Gli altri Comitati non parlano di territorio”.
Mornati, quindi, ha offerto una panoramica sullo sport di Alto Livello. “Il Presidente è stato estremamente puntuale nel segnalare i nostri punti di forza e le nostre debolezze – il suo intervento -. Organizzare seminari per direttori tecnici sul territorio è vincente perché lo sport lo fate voi. Il nostro è in assoluto il miglior sistema sportivo del mondo, ma noi non ce ne rendiamo conto. Ovviamente è perfettibile. Abbiamo armi mostruose ma poche cartucce e con quegli atleti facciamo dei miracoli perché facciamo lo sport senza la scuola. Eppure siamo nella Top Ten del medagliere olimpico, nella Top Ten a livello giovanile. Nel processo evolutivo dall’attività giovanile all’attività di alto livello siamo i migliori. C’è anche però il lato negativo: i numeri ci mettono in una grandissima difficoltà. A Rio abbiamo migliorato il trend rispetto al passato, e l’età media dei medagliati (27,21 anni) è stata la più bassa delle ultime edizioni, seconda solo a Los Angeles 84. Ad oggi, quest’anno, abbiamo vinto 23 medaglie ai mondiali, 33 medaglie a livello junior. È solo la nostra capacità di rigenerarci che ci dà questi numeri. Prendiamo medaglie in 18 specialità olimpiche diverse, ma il problema lo dobbiamo affrontare. Il problema più grande è il decremento demografico: nel 1996 c’erano 13 milioni di italiani tra i 20 e i 34 anni, la fascia più competitiva per il programmo olimpico. Quelli che andranno a Tokyo, saranno selezionati in un bacino inferiore di 4 milioni e mezzo. Se già prima, con i numeri risicati perché la scuola non vi aiuta, avevate tre ragazzi su cui puntare oggi ne avete uno. È un numero mostruoso è come se sparisse dall’oggi al domani Roma. Nessuno ha un comitato così ramificato nel territorio e se vogliamo pensare a Tokyo 2020 dobbiamo pensare lavorare da novembre, quando inizia la stagione junior”.
Cecilia D’Angelo, responsabile dell’Ufficio Promozione e Territorio del CONI, ha illustrato quindi le iniziative messe in campo per favorire l’attività motoria a livello giovanile. “Il lavoro che stiamo cercando di fare è proprio contro il drop out, non lasciando indietro nessuno e valorizzando il talento dei migliori per portarli magari a vincere qualche medaglia. La finalità dei nostri progetti è proprio questa. Gli obiettivi sono quelli di rispettare la crescita dei nostri ragazzi per aiutare a sviluppare le loro identità di persone che conserveranno uno stile di vita che li aiuti ad acquisire un bagaglio motorio ampio. Dobbiamo costruire ponti con la scuola, arrivare sul territorio, scuola per scuola affinché il dirigente scolastico si parli con le nostre società. I nostri centri CONI, gli EduCamp, i centri sportivi multidisciplinari, il Trofeo CONI diventa un momento del sano agonismo, una miniolimpiade. Vogliamo promuovere un’offerta sportiva varia affinché i ragazzi possano fare un’esperienza motoria varia, per poi orientarsi. C’è bisogno di fare sistema, qui oggi ci sono le persone che hanno il compito di mettersi insieme per programmare sul territorio l’attività sportiva. Le Scuole dello Sport devono aiutarci a fare sistema per poter programmare ad inizio anno le attività. I nostri Centri CONI sono un mettersi insieme. E anche con l’Istituto di Medicina e Scienza dello Sport abbiamo fatto squadra nella ricerca attraverso il TEM, il Test di Efficienza Motoria”.
Un test a cui sono sottoposti, nel villaggio Kinder+Sport di Senigallia, i ragazzi delle varie delegazioni presenti. A spiegarlo è stato Claudio Gallozzi, dirigente di Scienza dello Sport all’Istituto di Medicina e Scienza dello Sport del CONI. “In passato abbiamo tentato di approcciare l’età evolutiva con risultati non soddisfacenti perché l’età evolutiva è un mondo a parte con processi di sviluppo non sempre pronosticabili. Ma con i miei collaboratori siamo partiti per un percorso che ci sta portando a raccogliere i dati di una fascia età particolare e un obiettivo particolare: misurare la prestazione adolescente con un’ottica differente. Oggi c’è una scarsa pratica dell’attività motoria, in Italia l’attività motoria è in calo. Un ragazzo su quattro dedica al massimo un giorno alla settimana a giochi in movimento e il tempo dedicato ad altre attività statiche è in crescita. C’è un problema che sta nascendo: manca il gioco e i nostri ragazzi iniziano l’attività in forma generalmente strutturata. Ci sono ricadute nello sport di alto livello? Ci sono studi che parlano degli effetti della specializzazione precoce sull’alto livello e noi stiamo cercando di capirlo sottoponendo gli atleti nazionali il Functional Movement screen, un test che un bambino di 3-4 anni riesce a fare tranquillamente e in qualche caso, i risultati ci ha messo un po’ in allarme. C’è un problema nella capacità di gestione del proprio corpo. L’idea è di mettere in campo un test, il TEM (test di efficienza motoria) per valutare tutti questi aspetti, una metodologia specifica per i ragazzi partecipanti agli Educamp e ai Centri CONI. Vogliamo creare una fotografia delle abilità sia specifiche per sport sia per fasce d’età”.
Al seminario ha preso parte anche il tecnico Sandro Donati. “Esistono nessi tra l’attività motoria dei bambini e la preparazione degli atleti di alto livello? L’allenamento sportivo è un processo pedagogico educativo complesso che presuppone la scelte degli esercizi più adatti alla caratteristiche individuale e alle prospettiva di specializzazione sportiva del soggetto. C’è un trait d’union come la multilateralità, la ricchezza di mezzi tra l’allenamento giovanile e quello degli adulti. La multilateralità rende dunque più efficace l’allenamento nell’intera carriera dell’atleta e l’allenatore che si forma nella fascia giovanile è già predisposto e intuisce che la multilateralità ti consente di superare le barriere. Un sistema di attività multilaterale nei bambini apre strada all’aspetto ludico che non è disgiunto dall’aspetto educativo. La formazione giovanile così intesa può costituire una base nella successiva specializzazione sportiva, ma c’è anche un presupposto sullo stile di vita del bambino”.
La relazione di Cecilia D'Angelo
La relazione di Claudio Gallozzi