Il parere della Sezione Consultiva sul caso FIPM
La Sezione Consultiva del Collegio di Garanzia dello Sport ha pronunciato il seguente parere.
Visto il decreto di nomina del Presidente del Collegio di Garanzia, prot. n. 00012/14 del 17 settembre 2014; vista la richiesta di parere n. 4/2015, presentata dal Segretario Generale del CONI, dott. Roberto Fabbricini, in data 7 aprile 2017, ai sensi dell’art. 12 bis, comma 5, dello Statuto del CONI e dell’art. 56, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva; Visto l’art. 3, commi 2-4, del Regolamento di organizzazione e funzionamento del Collegio di Garanzia dello Sport, che definisce la competenza della sezione consultiva dell’organo de quo; esaminati gli atti e uditi il presidente e il relatore, prof. Marcello Molè e prof. Giovanni Bruno.
Con la richiesta in epigrafe indicata, il Segretario Generale del Coni richiedeva, ai sensi dell’art. 12 bis, comma 5, dello Statuto del CONI e dell’art. 56, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva, l’acquisizione del parere di questo Collegio di Garanzia sull’interpretazione dell’art. 18, comma 5, dello Statuto della Federazione Italiana Pentathlon Moderno (FIPM) (ultima versione del 4 dicembre 2014), rubricato «Partecipazione alle assemblee nazionali e diritto di voto», nella parte nella quale prevede che «La partecipazione con diritto al voto è riconosciuta:
a. hanno diritto ad un voto le associazioni e le società che abbiano maturato un’anzianità di affiliazione di dodici mesi precedenti la data di celebrazione dell’Assemblea, a condizione che, in ciascuna delle stagioni sportive concluse, comprese nel suddetto periodo di anzianità di affiliazione, abbiano svolto, con carattere continuativo, effettiva attività sportiva, ed a condizione che alla data di convocazione dell’assemblea partecipino all’attività sportiva ufficiale della Federazione. A tal fine è da considerarsi attività sportiva quella a carattere agonistico, promozionale e amatoriale svolta nell’ambito dei programmi federali».
In particolare, si rilevava, in punto di fatto, che
- in data 6 novembre 2016, si svolgeva l’Assemblea Nazionale Elettiva della FIPM;
- preso atto delle dimissioni irrevocabili dalla carica presentate da sei consiglieri federali, in data 17 marzo 2017, il Presidente della Federazione provvedeva a convocare una Assemblea Straordinaria Elettiva per il rinnovo degli organi federali centrali elettivi (secondo quanto stabilito all’art. 24, comma 4, e all’art. 14, comma 7, dello Statuto FIPM); - la data per lo svolgimento di tale Assemblea Straordinaria Elettiva veniva fissata per il 29 aprile 2017;
- dai numerosi esposti trasmessi al Coni da alcune società affiliate, emergeva che il numero degli ammessi all’elettorato attivo, per l’Assemblea del 29 aprile 2017, risultava pressoché dimezzato rispetto a quello degli ammessi all’elettorato attivo per la precedente Assemblea del 6 novembre 2016;
- in particolare, le società esponenti sostenevano che l’anno 2017 non dovesse essere considerato ai fini della valutazione della sussistenza dei requisiti ex art. 18, comma 5, dello Statuto FIPM, poiché, alla data del 17 marzo 2017, la stagione agonistica era appena iniziata (e comunque non si era conclusa) e l’attività federale era stata organizzata soltanto in alcune regioni.
Ciò considerato, si osserva che secondo quanto previsto dall’art. 18, comma 5, dello Statuto FIPM, presupposti fondamentali perché le società affiliate vengano ammesse a partecipare alle Assemblee nazionali della Federazione Italiana Pentathlon Moderno con diritto di voto sono, tra gli altri, che: a) queste abbiano svolto con continuatività attività sportiva in ciascuna delle stagioni sportive concluse comprese nel periodo di anzianità di affiliazione previsto; b) le stesse partecipino all’attività sportiva ufficiale della Federazione alla data di convocazione dell’Assemblea. Ciò è previsto in attuazione dell’art. 22, comma 2, dello Statuto del CONI, in virtù del quale «Gli statuti delle Federazioni sportive nazionali stabiliscono le modalità per l’esercizio dell’elettorato attivo e passivo degli atleti e dei tecnici sportivi, in armonia con le raccomandazioni del CIO e con i principi fondamentali emanati dal Consiglio Nazionale del CONI». L’art. 18, comma 5, Statuto FIPM risulta conforme, inoltre, a quanto già disposto dall’art. 4.1, comma 1, dei Principi Fondamentali degli Statuti delle Federazioni Sportive Nazionali e delle Discipline Sportive Associate, approvati dal CONI con deliberazione n. 1523 del 28 ottobre 2014, il quale affida, altresì, alle Federazioni il compito di stabilire i requisiti minimi di partecipazione per il riconoscimento del diritto di voto (comma 2). In particolare, la disposizione sulla quale è sorta una questione interpretativa risulta formalmente in linea con le richiamate superiori fonti normative. La problematica della verifica dei requisiti minimi di partecipazione richiede, tuttavia, un necessario controllo di coerenza con i principi fondamentali che informano il sistema sportivo. Più specificamente, si impone di verificare se l’applicazione dell’art. 18 dello Statuto FIPM fatta nella specie non contrasti con il principio di democraticità. Come è noto, il principio di democraticità è principio di ordine pubblico costituzionale che, con riferimento al sistema sportivo, è funzionale a realizzare la piena partecipazione dei soggetti (società e associazioni sportive, atleti, tecnici e ufficiali di gara) alle attività organizzative del sistema sportivo; esso caratterizza e giustifica ogni forma di associazionismo e, postulando la concreta ed effettiva partecipazione di tutti all’assunzione delle decisioni, è inscindibile dal principio di eguaglianza. Per garantire l’organizzazione democratica prevista dal CONI a fondamento del sistema, gli statuti associativi non devono consentire alcun arbitrario impedimento all’accesso di chi aspiri a farne parte, né prevedere restrizioni ingiustificate al libero esercizio del diritto di voto. Ogni eventuale limitazione all’accesso o alla partecipazione alla vita dell’ente deve avere una giustificazione valutabile positivamente dall’ordinamento sportivo e comparabile, per i fini specifici che esprime, con l’interesse che la persona, fisica o giuridica, ha di accedere o di manifestare la propria volontà, anche con l’esercizio del diritto di voto.
Una lettura assiologicamente orientata della clausola statutaria relativa alla partecipazione alle assemblee e all’esercizio del diritto di voto impone, pertanto, di farne un’applicazione che sia mirata alla massima realizzazione di quel principio di democraticità che deve reggere il funzionamento di qualsivoglia formazione sociale, comprese le società e associazioni a carattere sportivo, sempre attraverso un attento bilanciamento dei valori caratterizzanti una determinata fattispecie.
In quest’ottica, l’interprete deve verificare se l’esigenza alla base della limitazione del diritto di voto sia giustificata da valori prevalenti rispetto alla legittima aspettativa di partecipazione alla organizzazione del fenomeno sportivo. In questo contesto, è indiscutibile che l’effettività nello svolgimento dell’attività sportiva sia il presupposto sostanziale di partecipazione anche alla gestione delle attività del sistema, compresa quella di designare i propri delegati con l’esercizio del diritto di voto.
È, quindi, necessario delimitare, con criteri oggettivi ed univoci, quali siano i parametri su cui fondare la valutazione in ordine alla sussistenza della c.d. effettività nello svolgimento dell’attività sportiva. A tal fine, un indiscutibile rilievo assumono i principi di ragionevolezza e proporzionalità. Pertanto, si dovrà ritenere che la valutazione in questione non possa essere contestualizzata a periodi di tempo limitati rispetto al più generale calendario annuale di svolgimento della competizione sportiva. Ciò in quanto, da un lato, il riferimento al primo quadrimestre potrebbe creare irragionevoli disparità di trattamento con riferimento al contesto territoriale di effettivo svolgimento della competizione. Infatti, potrebbero verificarsi ipotesi, come quelle emerse nel contesto fattuale di riferimento del presente parere, in cui, mentre alcune Regioni hanno già svolto competizioni programmatiche, altre le hanno soltanto in fase di avvio. Dall’altro lato, considerare una prassi legittimante una interpretazione formalistica e restrittiva potrebbe avere ripercussioni irreparabili sulla più generale correttezza delle operazioni di voto, in quanto convocare assemblee straordinarie in specifici periodi di tempo potrebbe essere funzionale alla creazione di maggioranze o minoranze di blocco.
In concreto, a volerne ricomporre il formante funzionale, l’art. 18, comma 5, Statuto FIPM è inteso a evitare che la rappresentanza politica finisca per essere strumentalmente esercitata per il solo tempo connesso allo svolgimento dell’Assemblea elettiva. Sì che a decidere delle sorti delle elezioni siano società che, nei fatti, non prestano attività in ambito federale.
In questo senso, trova ragione la necessità di avere conto, oltre che dell’anzianità di affiliazione e della correntezza partecipativa, anche della continuatività e della effettività nello svolgimento dell’attività sportiva. Ne sono certamente indici l’attività svolta dalle singole società (o associazioni) nel corso della stagione sportiva ormai conclusasi; il numero di tesserati per la stagione sportiva precedente la data di convocazione; la partecipazione a gare ufficiali nella stagione in corso.
Questo vuol dire che è legittimo escludere dall’elettorato attivo le società che non abbiano rinnovato l’affiliazione per l’anno in corso, ovvero quelle che, sia pure regolarmente affiliate, siano rimaste inattive non partecipando ad alcuna competizione nella stagione precedente e/o non abbiano un adeguato numero di tesserati.
Per converso, un’interpretazione restrittiva e troppo formalista dell’art. 18, comma 5, Statuto FIPM, che condizioni in ogni caso l’attribuzione del diritto di voto anche alla circostanza di aver già intrapreso le attività sportive nell’anno in corso al momento della convocazione, deve ritenersi contraria al principio di democraticità sopra richiamato.
Le implicazioni applicative di tale astratta interpretazione comporterebbero un sacrificio del diritto di partecipazione alle decisioni della Federazione non accettabile (rectius, non ragionevole). La soluzione non consentirebbe, infatti, di aver riguardo per alcune rilevanti connotazioni del caso concreto.
In particolare, nella fattispecie, la soluzione non consentirebbe di considerare l’obiettiva impossibilità delle singole società di svolgere attività nei primi due mesi e mezzo del 2017 – atteso che la stagione sportiva è ancora agli esordi e l’attività federale, per il periodo, è stata organizzata soltanto in alcune regioni – e la circostanza che l’assemblea programmata per il 29 aprile 2017 ha natura straordinaria e, come tale, non è preventivabile ai fini della programmazione sportiva.
Per questi motivi il controllo sul requisito dell’effettività dell’attività sportiva deve essere svolto facendo riferimento alla stagione da ultimo conclusa, non potendosi operare una valutazione limitata al primo quadrimestre di quella in corso di svolgimento.