"NATIONAL COLLEGIATE ATHLETIC ASSOCIATION V. ALSTON ET AL. (Corte Suprema degli Stati Uniti, 21 Giugno 2021)" di Stefano Bastianon

Titolo/Oggetto

 NATIONAL COLLEGIATE ATHLETIC ASSOCIATION V. ALSTON ET AL.

Estremi provvedimento

Corte Suprema degli Stati Uniti, 21 Giugno 2021

Massima

Le regole della NCAA che limitano i benefici economici legati all'istruzione che le Università e i Colleges membri della NCAA possono offrire agli studenti-atleti costituiscono illecite restrizioni della concorrenza ai sensi del § 1 dello Sherman Act, poiché, da un lato, gli studenti-atleti hanno assolto il loro onere probatorio dimostrando che le restrizioni in questione hanno prodotto effetti anticoncorrenziali significativi all'interno del mercato rilevante, mentre, dall’altro lato, la NCAA è riuscita a dimostrare che solo alcune delle regole contestate erano indispensabili per preservare il dilettantismo e quindi migliorare la scelta del consumatore, mantenendo una distinzione tra sport universitario e sport professionistico.

Keywords

Studenti-atleti – NCAA - Benefici economici legati all'istruzione – Concorrenza – Restrizione.

Commento/Sintesi

Nel mese di maggio 2014 Shawne Alston, ex-running back dei West Virginia Mountaineers negli anni 2009-2012, unitamente all’ex-giocatrice di pallacanestro dei California Bears Justine Hartman ed altri studenti-atleti hanno citato in giudizio la National Collegiate  Athletic Association (NCAA) davanti alla Corte distrettuale sostenendo che le regole della NCAA che limitano i benefici economici che le Università e i Colleges possono riconoscere agli studenti-atleti costituiscono illecite restrizioni della concorrenza ai sensi dello Sherman Act.

 

Nella propria decisione la Corte distrettuale ha respinto la domanda degli studenti-atleti relativa alle regole della NCAA che limitano le borse di studio concesse per meriti sportivi all'intero costo della frequenza e che limitano i compensi e i benefici non correlati all'istruzione. Secondo la Corte distrettuale, infatti, tali regole ben possono essere considerate degli accordi sulla fissazione dei prezzi, ma devono essere ritenuti ragionevoli alla luce della possibilità che pagamenti analoghi a quelli previsti a livello professionale potrebbero offuscare la distinzione tra sport universitario e sport professionistico e quindi influenzare negativamente la domanda dei consumatori.

 

Per contro, la Corte distrettuale è giunta a una conclusione diversa per i limiti ai benefici economici legati all'istruzione, come le regole che limitano le borse di studio per la scuola di specializzazione o la scuola professionale, i pagamenti per il tutoraggio accademico o gli stages retribuiti. Secondo la Corte, in nessun caso tali benefici legati all'istruzione possono essere confusi con lo stipendio di un atleta professionista, sottolineando, al contrario, che i destinatari sono studenti e non lavoratori.

 

La decisione è stata impugnata da entrambe le parti.

 

Secondo gli studenti-atleti la Corte distrettuale non sarebbe andata abbastanza a fondo della questione ed avrebbe dovuto vietare ogni limitazione dei vantaggi economici imposta dalla NCAA, compresi quelli "non legati all'istruzione", come le restrizioni sulle dimensioni delle borse di studio per meriti sportivi e dei premi in denaro. Per contro, la NCAA ha sostenuto che la Corte distrettuale si sarebbe spinta troppo oltre indebolendo la sua politica su compensi e benefici legati all'istruzione.

 

La Corte di appello del nono circuito ha confermato interamente la sentenza della Corte distrettuale, evidenziando che quest’ultima era riuscita a trovare il giusto equilibrio nella creazione di un sistema in grado di prevenire un danno anticoncorrenziale agli studenti-atleti e nel contempo preservare la popolarità degli sport universitari.

 

La sentenza della Corte di appello è stata impugnata davanti alla Corte Suprema soltanto dalla NCAA. In primo luogo, la NCAA ha fatto valere che le corti di merito avrebbero errato nell’assoggettare le restrizioni in questione ad una approfondita analisi in termini di rule of reason sul presupposto che, poiché all’interno di una lega sportiva un certo grado di cooperazione è indispensabile per poter offrire il prodotto, tali restrizioni avrebbero dovuto essere ritenute automaticamente non illegittime sulla base di una rapida valutazione (c.d. quick look o twinkling of an eye). Secondo la Corte Suprema, per contro, sebbene non sia in discussione il fatto che alcune restrizioni siano necessarie per consentire ad una lega sportiva di funzionare correttamente, ciò non significa che ogni forma di cooperazione interlega lo sia.

 

Invero, se una quick look sarà spesso sufficiente per approvare le restrizioni "indispensabili per poter offrire il prodotto (ad esempio, in sede di elaborazione del calendario sportivo)”, ciò non esclude in altri casi la necessità di procedere ad una valutazione più completa potrebbe essere appropriata. Si veda, ad esempio, Chicago Professional Sports Ltd. Partnership v. National Basketball Assn., 95 F. 3d 593, 600 (CA7 1996) secondo cui "proprio come la capacità dei franchise di McDonald's di coordinare il rilascio di un nuovo hamburger non implica la loro capacità concordare gli stipendi per gli addetti allo sportello, così la capacità delle squadre sportive di concordare un contratto televisivo non deve necessariamente implicare la capacità di fissare gli stipendi per i giocatori”. Sotto tale profilo ad avviso della Corte Suprema, le regole della NCAA che fissano i salari per gli studenti-atleti rientrano perfettamente nella categoria di restrizioni che necessitano di una completa e puntuale analisi in termini di rule of reason. Nel caso di specie, infatti, si tratta di verificare se e in quale misura tali restrizioni nel mercato del lavoro della NCAA producano benefici sul mercato di consumo che possono essere raggiunti utilizzando mezzi sostanzialmente meno restrittivi. E tale questione presenta domande complesse che richiedono più di un battito di ciglia per rispondere.

 

In secondo luogo, la NCAA ha evidenziato che, a suo avviso, la decisione della Corte Suprema nel noto caso Board of Regents (NCAA v. Board of Regents of the University of Oklahoma, 468 U.S. 85 (1984) avrebbe espressamente approvato le restrizioni della NCAA sui compensi degli studenti-atleti. Tale motivo di ricorso viene fermamente contestato dalla Corte Suprema la quale sottolinea come, in Board of Regents non sia stata affatto analizzata la liceità delle restrizioni della NCAA sui compensi degli studenti-atleti; in quella pronuncia, infatti, la Corte Suprema ha affrontato il tema dei limiti imposti dalla NCAA in materia di trasmissione televisiva degli incontri sportivi, limitandosi a riconoscere il ruolo fondamentale della NCAA nel preservare la tradizione del dilettantismo negli sport universitari come completamente coerente con gli obiettivi dello Sherman Act senza che un tale obter dictum possa assumere una significato vincolante in questa sede.

 

In terzo luogo, la NCAA ha sostenuto che l’analisi in prospettiva di rule of reason sarebbe inadatta perché le Università e i Colleges membri della NCAA non sono imprese commerciali, ma piuttosto istituzioni che perseguono l'obiettivo (non commerciale) dell'istruzione universitaria. A tale proposito, tuttavia, la Corte Suprema ricorda che da tempo è stata riconosciuta l’assoggettabilità della NCAA allo Sherman Act e che qualsiasi argomento secondo cui le caratteristiche speciali del settore in cui opera la NCAA dovrebbero esentarla dal diritto antitrust deve essere indirizzato al Congresso (cfr. Nazionale Soc. of Professional Engineers v. United States, 435 U. S. 679, 689) e non alla Corte Suprema. Quest’ultima, infatti, pur riconoscendo apertamente che il dibattito nazionale intorno allo sport amatoriale dei Colleges è molto importante, non si reputa competente a risolvere tale dibattito, posto che il compito della Corte Suprema è soltanto quello di riesaminare la decisione della Corte di appello attraverso la lente del diritto antitrust. E da questo punto di vista, la Corte Suprema ritiene corretta la decisione di merito.

 

A margine di quanto sin qui illustrato, si segnala che nella concurring opinion redatta dal giudice Kavanaugh è stato chiaramente evidenziato il fatto che anche le restrizioni imposte dalla NCAA ai compensi degli studenti-atleti non relativi all’istruzione sollevano seri dubbi di compatibilità con la normativa antitrust e che da questo punto di vista “the NCAA is not above the law”. Da questo punto di vista, l’opinione del giudice Kavanaugh conferma e ribadisce le peplessità già espresse dal giudice Hamilton in relazione alla pronuncia Berger v. NCAA (162 F.Supp.3d 845 (2016), secondo cui le argomentazioni che stanno alla base della consolidata giurisprudenza che esclude la natura di lavoratori subordinati degli studenti-atleti dovrebbero valere soltanto nel caso di studenti-atleti privi di una borsa di studio e coinvolti in attività sportive che non generano alcun ricavo (c.d. non revenue-sports), e non anche nel caso di sport amatissimi dal pubblico americano quale il basket e il football maschile della Division I.

 

Nel primo caso, infatti, gli studenti-atleti non possono esser considerati dei lavoratori subordinati esattamente come tutti gli altri studenti coinvolti in attività universitarie diverse dallo sport (quali, ad esempio, il giornalismo, il teatro, la musica, ecc.); per contro, con riferimento ad altre tipologie di sport caratterizzati da una forte valenza economica, il giudice Hamilton si è mostrato decisamente più cauto in quanto “in questi sport, la realtà economica e la tradizione dello sport amatoriale possono non convergere. Questi sport generano milioni di dollari per i Colleges e le Università. Le borse di studio sportive sono limitate ai costi di frequenza. Se prendiamo la realtà economica come guida della nostra riflessione, come credo si debba fare, credo ci sia spazio per un approfondimento del dibattito sullo status di questi atleti, possibilmente sulla base dei dati di fatti e non soltanto sulla base di sterili memorie difensive”. Vi è più di un motivo, pertanto, di ritenere che la lunga battaglia degli studenti-atleti americani a tutela dei propri diritti non sia ancora conclusa.

Autore

Prof. Avv. Stefano Bastianon

 

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