RAPPORTI TRA MISURE DI PREVENZIONE E DASPO; STADIO E LUOGHI DI PUBBLICA RIUNIONE (nota a Cass. Pen., Sez. II, 31/03/2022 Cc. (dep. 06/05/2022), n. 18264)

Titolo

RAPPORTI TRA MISURE DI PREVENZIONE E DASPO; STADIO E LUOGHI DI PUBBLICA RIUNIONE

Estremi provvedimento

Cass. Pen., Sez. II, 31/03/2022 Cc.  (dep. 06/05/2022), n. 18264 - Pres. Mantovano Alfredo - Relatore/Estensore: Minutillo Turtur Marzia.  Imputato: B.V. - PG Zacco Franco. (diff.) – Rigetta, Corte Appello Milano, 05.11.2021

Massima

In tema di misure di prevenzione personali, in presenza di un'effettiva e puntuale motivazione, ed a prescindere dalla disciplina specifica di cui alla legge 13 dicembre 1989, n. 401, il ricorso alle prescrizioni facoltative di cui all'art. 8, comma 5, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, finalizzate a conformare la misura in modo personalizzato, consente di disporre legittimamente il divieto di frequentazione dello stadio e di avvicinamento a zone limitrofe durante lo svolgimento di manifestazioni sportive quali luoghi aperti al pubblico e non di pubblica riunione.

Keywords

SICUREZZA PUBBLICA – PRESCRIZIONI FACOLTATIVE EX ART. 8 CO. 5 D. LGS. N. 159/2011 – STADIO - LUOGHI APERTI AL PUBBLICO - DASPO - ART. 6, CO. 2, L. N. 401/1989.

Commento/Sintesi

Con sentenza della Seconda Sezione Penale della Suprema Corte, n. 18264 del 2022, è stato rigettato il ricorso proposto avverso il decreto della Corte di Appello di Milano, col quale – a conferma della precedente decisione assunta dal Tribunale di quella città – era stata applicata la misura di sicurezza della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per anni due e mesi sei, con obbligo di soggiorno nel comune di residenza e – aggiuntivamente – con divieto di accesso allo stadio e di avvicinamento allo stesso (entro il raggio di 2 chilometri) durante lo svolgimento di manifestazioni sportive.

 

Impugnando tale provvedimento per cassazione, il ricorrente, mediante un unico motivo di ricorso, deduceva violazione di legge sotto un duplice profilo.

 

Anzitutto, era denunziata la violazione dell’art. 8 del D.lgs. n. 159/2011 in relazione alla prescrizione integrativa di non accedere allo stadio durante lo svolgimento di qualsiasi manifestazione sportiva, e di non avvicinarsi comunque allo stesso ad almeno 2000 metri di distanza. Per il ricorrente essa sarebbe stata illegittimamente adottata, atteso che lo stadio, se il divieto dev’essere inteso ai sensi del comma 4 del decreto menzionato, non è qualificabile come esercizio pubblico, né come locale di pubblico trattenimento, anche ai sensi dell'art. 80 TULPS. Inoltre, per il ricorrente tale prescrizione altro non sarebbe che un DASPO e, dunque, un divieto di accesso alle manifestazioni sportive, che, invece, è regolato dalla L. n. 401 del 1989.

 

In sintesi, la doglianza si riferisce al fatto che, una volta operata la scelta di adottare nei suoi confronti la misura di sicurezza secondo le previsioni del D. lgs. n. 159/2011, non si sarebbe potuto aggiungervi un divieto di avvicinamento allo stadio e alla frequentazione di manifestazioni sportive, che in tale normativa non sarebbe previsto.

 

La Suprema Corte di Cassazione, con la decisione in commento, rigettando il ricorso, ha avuto occasione di affrontare sia la problematica della corretta interpretazione della norma in questione, sia quella del rapporto tra essa e la misura del DASPO, che è contemplata da una diversa e specifica disposizione di legge.

 

E, quindi, passando in rapida rassegna le fonti citate: quanto al provvedimento adottato in via principale, esso era stato emesso dal Tribunale di Milano ai sensi dell’art. 6 del D.Lgs. n. 159/2011 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136.), il quale prevede che  alle persone indicate nell'art. 4, quando siano pericolose per la sicurezza pubblica, può essere applicata, nei modi stabiliti negli articoli seguenti, la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza. L’art. 8, comma 5, del decreto in parola dispone, poi, che: “ Inoltre, può imporre tutte le prescrizioni che ravvisi necessarie, avuto riguardo alle esigenze di difesa sociale, e, in particolare, il divieto di soggiorno in uno o più comuni o in una o più regioni, ovvero, con riferimento ai soggetti di cui agli articoli 1, comma 1, lettera c), e 4, comma 1, lettera i-ter), il divieto di avvicinarsi a determinati luoghi, frequentati abitualmente dalle persone cui occorre prestare protezione o da minori”.

 

Il DASPO di cui all’art. 6 della L. n. 401 del 1989 consiste, come noto, in una misura finalizzata ad evitare la verificazione di violenze in occasione di avvenimenti sportivi in generale, con la quale il questore non solo può disporre il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive (comma 1), ma anche contemplare prescrizioni aggiuntive (comma 2), quali l’obbligo di presentazione alla autorità di polizia nel corso della giornata in cui si svolgono le manifestazioni per le quali opera il divieto di cui al comma 1. In tali casi la misura interdittiva del comma 1 diviene una vera e propria misura di prevenzione personale (cfr. Cass. Pen. Sez. III, 30/01/2020 n. 23435).

 

Si prospettava, pertanto, non peregrino il dubbio avanzato dal ricorrente circa la correttezza interpretativa dell’adozione di una misura praticamente coincidente col DASPO nell’ambito del distinto quadro normativo della L. n. 159/2011 (si noti come anche il Procuratore Generale avesse chiesto l’accoglimento del ricorso, ritenendolo fondato).

 

Tuttavia, nel caso di specie la Seconda Sezione Penale ha precisato, in linea con la decisione delle Sezioni Unite, n. 46595 del 28/03/2019, ric. A., che il giudice di prevenzione ha la possibilità “di imporre tutte le prescrizioni che ravvisi necessarie avuto riguardo alle esigenze di difesa sociale ai sensi del D.lgs. n. 159 del 2011, art. 8, comma 5”. In tal senso, si è chiarito che tale previsione "deve essere valorizzata in quanto permette al giudice della prevenzione di dettare prescrizioni specifiche con una motivazione adeguata che le giustifichi alla luce della pericolosità del soggetto e dei conseguenti pericoli per la società", sicché "quando ciò sia giustificato, la prescrizione aggiuntiva potrebbe riguardare anche la partecipazione a riunioni che non sono pubbliche riunioni nel significato ristretto che in questa sede è stato attribuito all'espressione".

 

In tal senso, si è evidenziato come: "il ricorso alle prescrizioni facoltative di cui al D.lgs. n. 159 del 2011, art. 8, comma 5, ha il vantaggio di configurare la misura di prevenzione in maniera personalizzata sul soggetto, tenendo conto dei motivi che la giustificano; inoltre, permette un contraddittorio pieno già in sede di applicazione della misura, con le impugnazioni previste".

 

Il giudice della prevenzione ha così la possibilità di determinare concreti elementi di fatto, che concorrono a delineare la misura di prevenzione imposta, mediante prescrizioni specifiche di cui l'art. 8, proprio al fine di garantire l'effettività della tutela preventiva, onde scongiurare la commissione di futuri reati. Da ciò consegue che la prescrizione deve essere sostanzialmente funzionale alla misura, impedendo che ne sia vanificata la forza con un sostanziale annullamento di fatto della stessa. In tal senso permane l'attualità delle indicazioni fornite dalla Corte Cost. con la sentenza n. 27 del 1959, secondo la quale “occorre calibrare sulla pericolosità del soggetto le singole prescrizioni, realizzando così un sottosistema finalizzato alla tutela della pubblica sicurezza calibrato ad personam”.

 

Quanto all’ulteriore, e non meno interessante, aspetto affrontato in sentenza, circa la critica mossa dal ricorrente in ordine all’erroneità della qualificazione dello stadio come “esercizio pubblico” e/o “locale di pubblico intrattenimento” (ex art. 80 TULPS), con conseguente impossibilità di ricondurre lo stesso nell’ambito dell’art. 4 del D.lgs. 159/2011, i Giudici di Piazza Cavour, pur nella consapevolezza del principio espresso dalle Sezioni Unite nella citata sentenza S.U. n. 46595/19, circa il fatto che la prescrizione di non partecipare a pubbliche riunioni, che deve essere in ogni caso dettata in sede di applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza ai sensi dell'art. 8, comma 4., D.lgs. n. 159 del 2011, si riferisce esclusivamente alle riunioni in luogo pubblico (agli imputati era stata contestata la violazione della prescrizione di non partecipare a pubbliche riunioni o a manifestazioni di qualsiasi genere, essendo stati sorpresi all'interno della struttura mentre era in corso un torneo internazionale di tennis), hanno aderito a quella interpretazione della nozione di "pubbliche riunioni" adottata dalla sentenza Sez. I, L.G., a conferma di un orientamento già affermato da Sez. I, n. 28964 del 11/3/2003, D'Angelo, Rv. 224925, con riferimento alla partecipazione del sorvegliato speciale ad una partita di calcio allo stadio, ribadito anche successivamente (Sez. I, n. 15870 del 11/03/2015, Carpano, Rv. 263320; Sez. I, n. 42283 del 24/10/2007, Pesce, Rv. 238113)”.

 

Proprio sulla scia della citata pronuncia “Sez. I L.G.” (Cass. pen. Sez. I, n. 28261 del 08/05/2018) la sentenza in commento, con le sopra menzionate  argomentazioni riguardanti la personalizzazione della misura - compresa la possibilità di inibire la partecipazione “a riunioni che non sono pubbliche riunioni” e al di là del significato ristretto del lemma -, ha, invece, ribadito che il divieto di partecipare a "pubbliche riunioni" riguarda qualsiasi riunione di più persone in un luogo pubblico o aperto al pubblico, al quale abbia facoltà di accesso un numero indeterminato di persone, indipendentemente dal motivo della riunione, potendosi ivi, dunque, ricomprendere anche gli stadi.

 

Gli strumenti per fronteggiare, in via preventiva e non solo repressiva, il fenomeno della tifoseria violenta, anche con riguardo alle fasi che precedono e seguono lo svolgimento delle gare, alla luce dell’interpretazione offerta dalla sentenza in commento, possono dunque considerarsi più ampie.

 

Infatti, ove ricorra un’accertata ed oggettiva condizione di pericolosità sociale dell’interessato, tali misure possono legittimamente contemplare - senza ricorrere all’adozione in via amministrativa della misura interdittiva del DASPO - anche prescrizioni facoltative “personalizzate”, con espressi divieti di avvicinamento a strutture sportive ed inibizione di loro frequentazione in occasione dello svolgimento delle gare.

Autore

Avv. Roberto Bertuol (Avvocato nel Foro di Trento e componente del Collegio di Garanzia dello Sport Paralimpico)

 

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