Il rilascio e il rinnovo di «concessioni» di impianti funiviari a uso turistico-sportivo previsto dalla legge prov. Bolzano n. 10 del 2018 al vaglio della Consulta

Titolo/Oggetto

S.M./CONI – U.I.T.S.  

Il rilascio e il rinnovo di «concessioni» di impianti funiviari a uso turistico-sportivo previsto dalla legge prov. Bolzano n. 10 del 2018 al vaglio della Consulta

Estremi provvedimento

Corte Cost. 29/05/2020, n. 103 – M. Cartabia (Presidente), F. Viganò (Redattore), R. Milana (Cancelliere)

Massima

Sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 45 della legge prov. Bolzano n. 10 del 2018, nella parte in cui non prevedono la necessità di una procedura a evidenza pubblica per il rilascio o il rinnovo di concessioni di impianti funiviari a uso turistico-sportivo.

La «concessione» appare, infatti, in questo caso come un provvedimento “autorizzatorio” di un'attività economica che, come tale, non rientra nell'ambito applicativo della direttiva 2014/23/UE e della Parte III del codice dei contratti pubblici.

Keywords

IMPIANTI FUNIVIARI - USO TURISTICO-SPORTIVO - CONCESSIONI - SERVIZIO PUBBLICO - SPORT

Commento/Sintesi

Con la sentenza del 29 maggio 2020, n. 103, la Corte Costituzionale affronta la questione di legittimità costituzionale dell’art. 44, comma 3, e dell’art. 45 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 11 luglio 2018, n. 10, in materia di rilascio o rinnovo di concessioni di impianti funiviari a uso turistico-sportivo, censurate per violazione dell’art. 117, comma 2, lett. e), Cost., in relazione agli artt. 30 e 164, comma 2, cod. contratti pubblici, e dell’art. 117, comma 1, Cost., in relazione agli artt. 3, 30 e 41 della direttiva 2014/23/UE. 

 

Nello specifico, veniva sollevata q.l.c. da parte del Tribunale regionale di giustizia amministrativa (TRGA), sezione autonoma di Bolzano, con ordinanza del 25 ottobre 2018. Il rimettente - investito dell’impugnazione da parte della AGCM di un provvedimento del 30 agosto 2017, adottato dall'assessore provinciale alla mobilità della Provincia autonoma di Bolzano, con cui era stata rinnovata ad una società per azioni la concessione di una linea di trasporto funiviario in servizio pubblico - lamentava la mancata previsione circa una procedura a evidenza pubblica per il rilascio o il rinnovo della concessione. L’impianto era, infatti, classificato come «ad uso sportivo o turistico-ricreativo», e insisteva su un terreno appartenente al patrimonio indisponibile della Provincia, dato a sua volta in concessione alla società che gestisce la funivia con separato provvedimento.

 

Per il giudice a quo, essendo il servizio offerto a una platea indifferenziata di utenti e rispondendo a un «interesse collettivo indispensabile nel contesto locale», nonché «all’interesse pubblico della Provincia alla promozione dello sport, del turismo e dell’economia di montagna», un tale contratto di concessione avrebbe avuto bisogno di una procedura di aggiudicazione mediante procedure a evidenza pubblica, poste a tutela della concorrenza dal Codice dei contratti pubblici, in adempimento di obblighi discendenti dal diritto dell’Unione europea.

 

Il rimettente dubita, allora, che gli artt. 44, comma 3, e 45 siano compatibili con i parametri costituzionali, proprio in ragione dell’esclusione - prevista da dette disposizioni - dei provvedimenti relativi alla costruzione e all’esercizio degli impianti a fune a uso turistico-sportivo dall’ambito di applicazione della disciplina dell’evidenza pubblica.

 

La Consulta dichiara, preliminarmente, l’inammissibilità delle questioni aventi ad oggetto l’art. 44, comma 3, per difetto di rilevanza: le modifiche introdotte con l’articolo intervengono in un momento successivo al provvedimento di rinnovo della concessione e hanno effetto soltanto per il futuro. Esse non possono, pertanto, trovare applicazione nel giudizio principale ai fini della valutazione della legittimità del provvedimento.

 

Rilevante è, invece, la questione sull’art. 45, vista la sua dichiarata efficacia retroattiva.

 

La Corte dichiara, tuttavia, l’inammissibilità delle censure sollevate in relazione agli artt. 49, 56 e 106 TFUE, per difetto di motivazione, mentre ne ammette l’ammissibilità con riferimento agli artt. 3, 30 e 41 della direttiva 2014/23/UE, ritenendo si possa evincere, da queste ultime disposizioni normative, la regola generale della necessaria previsione di procedure a evidenza pubblica per l’assegnazione di contratti aventi ad oggetto servizi pubblici. Nel merito, però, la Corte dichiara le questioni non fondate.

 

Per il Giudice costituzionale è, infatti, decisivo chiarire se la «concessione» di impianti a fune prevista dalla legge prov. Bolzano rientri tra i «contratti di concessione di lavori o servizi» – soggetti come tali all’obbligo di indizione di procedure a evidenza pubblica – o, invece, tra i provvedimenti autorizzatori, «comunque denominati», di attività economiche private semplicemente regolate dall’amministrazione, ma al di fuori di un rapporto sinallagmatico che crei «obblighi reciprocamente vincolanti» tra quest’ultima e il privato.

 

Sul punto, non può attribuirsi rilievo decisivo all’uso dell’espressione «concessione», essendo essenziale soltanto se si tratti di un provvedimento che, «comunque denominato», nella sostanza abbia contenuto autorizzatorio di un’attività economica privata, conformemente ai limiti e alle prescrizioni eventualmente fissati dall’amministrazione competente, ovvero istituisca un vero e proprio rapporto sinallagmatico con l’amministrazione medesima, con assunzione di obblighi di effettiva prestazione dell’attività oggetto della concessione, a sua volta qualificabile come «servizio pubblico».

 

Per la Consulta non può attribuirsi rilievo decisivo neanche all’espressa (auto)qualificazione degli impianti a fune come «servizio pubblico»: la qualificazione ha, infatti, la mera finalità di distinguere le funivie destinate a una generalità di utenti e quelle destinate, invece, a uso privato.

 

Secondo la Corte, infatti, la qualificazione in termini di «servizio pubblico locale di rilevanza economica», ai sensi della legislazione nazionale, o quella di «servizio di interesse economico generale», ai sensi della disciplina dell'UE, non dipendono tanto dalla natura dell'attività svolta, quanto dalla circostanza che l'ente pubblico abbia in concreto inteso assumersi la responsabilità dell'attività stessa a beneficio dei consociati; responsabilità che poi potrà essere svolta in proprio, ovvero attraverso affidamenti cosiddetti in house, o ancora delegandone l'esercizio a imprese private mediante contratti di concessione.

 

La concessione, nel caso in esame, appare come un provvedimento che “abilita” l’impresa richiedente alla realizzazione dell’opera (e poi al suo successivo esercizio) nel rispetto delle condizioni fissate: è, pertanto, un provvedimento nella sostanza “autorizzatorio” di un’attività economica che, come tale, non rientra nell’ambito applicativo della direttiva 2014/23/UE e della Parte III del codice dei contratti pubblici.

 

La Consulta, in conclusione, ricorda che la stessa Commissione europea, in materia di servizio di trasporto a fune per uso sportivo o turistico-ricreativo, ha espressamente affermato che tali impianti «non forniscono un servizio di interesse economico generale», posto che «non soddisfano esigenze fondamentali di carattere generale della popolazione, ma sono finalizzati a generare profitti per il tramite degli sport invernali»; rimarcando che tale conclusione non risulta negata dal fatto che la costruzione e il funzionamento degli impianti siano soggetti a concessione, essendo «prassi normale che un certo numero di professioni e di attività siano soggette ad una speciale autorizzazione e a determinati requisiti» (Comunicazione 2002/C 172/02, paragrafo 43).

Autore

Avv. Francesca Piergentili

 

Vai al provvedimento completo