Decisione del TRIBUNALE FEDERALE NAZIONALE SEZ. DISCIPLINARE N. 117/TFN/SD/2020/2021 DEL 8.3.2021 - GIURISDIZIONE SPORTIVA

Titolo/Oggetto

Decisione del TRIBUNALE FEDERALE NAZIONALE SEZ. DISCIPLINARE  N. 117/TFN/SD/2020/2021 DEL 8.3.2021

GIURISDIZIONE SPORTIVA

Estremi provvedimento

Corte Federale D’Appello Sezioni Unite - decisione N. RG 128/CFA/2020-2021–PST-0008/CFA/2020-2021 REGISTRO RECLAMI N. 105/CFA//2020-2021 REGISTRO DECISIONI – Mario Luigi Torsello (Presidente), G. Paolo Cirillo (Componente), Mauro Mazzoni (Componente), Carlo Sica (Componente), Federica Varrone (Componente Relatore)

Massima

Rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice sportivo la controversia di natura tecnica e disciplinare, ai sensi del D.L. n. 220/2003,  convertito nella L. n. 280/2003, secondo cui, ai sensi dell’art. 1, « la Repubblica riconosce e favorisce l’autonomia dell’ordinamento sportivo nazionale, quale articolazione dell’ordinamento sportivo internazionale facente capo al Comitato Olimpico Internazionale. Ai sensi dell’art.2, punto b), è riservata all’ordinamento sportivo la disciplina delle questioni aventi ad oggetto i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l’irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari ».

Keywords

GIURISDIZIONE SPORTIVA  - SANZIONE DISCIPLINARE

Commento/Sintesi

La sentenza della Corte Federale D’Appello, Sezioni Unite, n. 105 CFA/2020 – 2021, accoglie il reclamo proposto dalla Procura Federale, in persona del Procuratore f.f., avverso la decisione del Tribunale Federale Nazionale Sez. Disciplinare del 8.3.2021, per aver prosciolto il deferito, Sig. M. M., per evidente insufficienza probatoria dell’attività d’indagine.

 

La vicenda esaminata trae origine dall’atto di deferimento, con nota prot. 8862/448pf20-21/GC/blp, da parte della Procura Federale, al Tribunale Federale Nazionale Sez. Disciplinare, nei confronti del Sig. M. M., calciatore del Pisa SC1909, per violazione degli artt. 4, commi 1 e 28, commi 1 e 2, del Codice di Giustizia Sportiva, per violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza e per avere, alla fine del primo tempo della gara Pisa SC 1909 – Chievo Verona del 22 dicembre 2020, a seguito di un diverbio, utilizzato parole discriminatorie e, nello specifico, la seguente espressione: “la rivolta degli schiavi”, nei confronti del calciatore O. J. C. del Chievo Verona.

 

La decisione della Procura di deferire il Sig. M. M. era motivata dal fatto che, nel corso dell’attività d’indagine, erano state rinvenute varie prove che assumevano particolare valenza in riferimento a quanto era accaduto. Intorno al minuto 40° del primo tempo della gara Pisa SC 1909 – Chievo Verona del 22 dicembre 2020, successivamente ad un rilancio del portiere del Pisa, dopo che la palla era sopraggiunta nella zona destra del centrocampo, ove erano intenti a contendersi il possesso del pallone sia il calciatore O. del Chievo Verona sia il calciatore M. del Pisa, quest’ultimo aveva proferito la frase razzista, oggetto di deferimento, nei confronti del calciatore avversario.

 

Nel corso del giudizio di primo grado, il Sig. M. depositava memoria difensiva per mezzo della quale ricostruiva la fase di gioco ove era avvenuta la condotta contestata, anche grazie a numerosi fotogrammi estratti dalla registrazione della partita effettuata da DAZN, dimostrando la propria estraneità ad ogni espressione razzista e discriminatoria.

 

Oltre all’inammissibilità dell’esercizio disciplinare, il deferito deduceva l’incompetenza del Tribunale Federale Nazionale per violazione dell’art. 28 CGS e sulla base dell’assunto dell’art. 65, comma primo, CGS, pertanto l’inutilizzabilità di tutti gli atti probatori successivi al 18 dicembre 2020, poiché il procedimento era stato aperto in violazione dell’art. 118, comma 2, CGS, stante l’esistenza di una nota del collaboratore della Procura Federale che escludeva la commissione di un illecito, e dell’art. 122, comma quarto, considerato che le indagini erano state aperte in assenza di nuovi fatti o circostanze rilevanti.

 

All’udienza del 3 marzo 2021 il rappresentante della Procura Federale chiedeva l’accoglimento del deferimento e l’irrogazione della sanzione di dieci giornate di squalifica per il calciatore, Sig. M.

 

Il Giudice di prime cure proscioglieva il deferito, respingendo la richiesta avanzata dalla parte requirente, motivando che i comportamenti discriminatori richiesti dall’art. 28 CGS, con riferimento al caso di specie, non rilevavano con la fattispecie incriminatrice prevista dall’art. 61, comma terzo, del CGS (riguardante “fatti di condotta violenta” e comportamenti “concernenti l’uso di espressione blasfema”) e che, pertanto, non erano stati raggiunti sufficienti elementi probatori che attestavano il comportamento discriminatorio sanzionato.

 

Oltre a ciò, il Tribunale escludeva l’applicabilità dell’art. 65, comma 1, lett. a), del CGS non ritenendo sussistente il fondamento richiesto dalla norma, secondo cui la contestazione dei fatti deve avvenire «sulla base delle risultanze dei documenti ufficiali e dei mezzi di prova di cui agli artt. 61 e 62 o comunque su segnalazione del Procuratore Federale ».

 

Il Procuratore Federale, con tempestivo atto, proponeva reclamo avverso la decisione del Tribunale; successivamente si costituiva in giudizio il Sig. M., il quale presentava memoria difensiva nella quale, oltre a chiedere la conferma della decisione di primo grado, rinnovava le eccezioni di incompetenza del Tribunale e, di conseguenza, il rigetto del reclamo della Procura e, salvo pronuncia di colpevolezza, avanzava la pretesa dell’irrogazione della pena nel minimo di giustizia, con riconoscimento delle circostanze attenuanti.

 

La Corte Federale d’Appello, preliminarmente, riteneva opportuno ricostruire il quadro normativo, affermando che tra i principi fondamentali previsti dall’art. 2, comma quinto, dello Statuto della FIGC è sancito il principio di non discriminazione, che a sua volta trova fondamento nell’art. 28 del Codice di Giustizia Sportiva secondo cui «Costituisce comportamento discriminatorio, sanzionabile quale illecito disciplinare, ogni condotta che, direttamente o indirettamente, comporti offesa, denigrazione o insulto per motivi di razza, colore, religione, lingua, sesso, nazionalità̀, origine etnica, ovvero configuri propaganda ideologica vietata dalla legge o comunque inneggiante a comportamenti discriminatori». Tale norma ha il fine di sanzionare tutti i comportamenti discriminatori di ogni genere e tipologia, volti a negare il diritto di ciascuno ad essere riconosciuto quale persona libera ed eguale. Medesimi principi trovano fondamento oltre che nel Codice del CONI, anche nello Statuto della FIFA e della UEFA, ove viene considerata discriminazione ogni insulto alla dignità umana della persona o del gruppo, con qualsiasi mezzo, per ragioni riguardanti la razza, il colore della pelle, la religione, le origini etniche o per ogni altra ragione.

 

Alla luce di quanto sopra esposto, la Corte Federale d’Appello accoglieva il ricorso avanzato dalla Procura Federale, convenendo con la stessa che l’espressione “la rivolta degli schiavi” proferita dal Sig. M. integrasse gli estremi del comportamento discriminatorio, previsto e punito dall’art. 28 CGS, sussistendo un ragionevole grado di certezza e così irrogava al calciatore la sanzione della squalifica per dieci giornate effettive di gara.

 

La Corte, infine, nell’accogliere il reclamo, reputava inammissibili i motivi riguardo all’eccezione di incompetenza del Tribunale sollevati dal Sig. M.

Autore

Dott.ssa Ludovica Cohen

 

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