Seleziona la tua lingua

Image
images/atleti/olympiabolario/de_pra_piccola.jpg

DE PRÀ Giovanni

Genova 28.06.1900 / Genova 15.06.1979

1924. Calcio. Eliminato Quarti di Finale

1928. Calcio. MEDAGLIA DI BRONZO

depra grande Figlio di veneziani emigrati a Genova dall’Impero Austro-Ungarico, inizia a giocare a calcio per la strada, tra bambini. Un giorno si piazza in porta e non ne esce più, rivelando grandi doti. Teoricamente lo aspetta il lavoro del padre, in un cantiere navale, ma il calcio entrerà a vele spiegate nel suo destino. Le sue prime squadre sono compagini di quartiere come l’Alberese e la Serenitas, poi nel 1917 passa alla “Spes FC[1]”. Il suo primo Campionato ufficiale è datato 1919-20 ed anche la stagione successiva difende la porta dei bianco-celesti con cui in due anni gioca 24 partite in Prima Categoria, nel girone ligure. Viene notato da Garbutt, il mister del Genoa ed è tesserato per i rossoblu[2] dove prende il posto di Ricci. Titolare fisso, nel 1921-22 disputa 23 partite ed il Genoa giunge alla finale della Lega Nord dove è superato dalla Pro Vercelli[3]. De Prà mostra tutte le sue qualità, acuite nella primavera del 1922 da una sorta di stage con Scott[4], grande portiere del Liverpool, appositamente fatto venire in Italia da Garbutt. Scott in particolare gli insegna il piazzamento migliore per ogni situazione, dalle punizioni ai corner, ed una serie di trucchi del mestiere. Le lezioni servono perchè De Prà, che la stampa dell’epoca indica come “mani d’acciaio”, rasenta la perfezione: nel 1922-23, grazie anche alla sua sicurezza in porta, il Genoa non perde una partita, facendo nascere il primo mito di una squadra italiana imbattibile. De Prà gioca altre 23 incontri ed il Genoa nella finalissima supera agevolmente la Lazio, battuta 4-1 in casa e 2-0 nella capitale.

A fine Campionato, come premio per la vittoria, i rossoblu compiono una tournée in Sudamerica, non sfigurando: se perdono 2-1 con l’Uruguay, pareggiano 1-1 con l’Argentina, e stiamo parlando di nazionali. Nel 1923-24 la storia non cambia: il Genoa è sempre fortissimo e De Prà si mantiene su alti livelli di rendimento al punto che arriva anche l’esordio in Nazionale alla cui guida, dal febbraio 1924, è tornato Vittorio Pozzo nelle vesti di Commissario Unico. Le partite di preparazione ai Giochi non vanno troppo bene: il 9 marzo giochiamo con la Spagna a Milano e De Prà esordisce. Una partita indimenticabile. Gli spagnoli applicano un gioco duro, maschio come si diceva in quel tempo, in campo fioccano botte da orbi. Ne fa le spese anche De Prà che, coraggiosissimo, in uscita si tuffa più volte tra i piedi degli attaccanti iberici. Viene colpito più volte da calci che gli procurano forti contusioni al collo ed al bacino, all’altezza dell’attaccatura del femore. Zoppica, gli manca il fiato perchè è stato pure colpito al costato in qualche mischia furibonda. Dopo le cure sommarie del massaggiatore Pilotta[5], che trova pure il tempo di litigare con uno spagnolo e viene espulso dall’arbitro, De Prà resiste al suo posto, sia pur menomato. Salva a più riprese la porta, ricevendo applausi a scena aperta. Alla fine, stremato, si accascia e viene portato a braccia negli spogliatoi, ma abbiamo resistito: è 0-0. Lo stesso De Prà, con tanto di referto medico allegato, qualche giorno dopo tranquillizza tutti dalle colonne della “Gazzetta”: ematomi a collo e bacino, guaribili in una ventina di giorni. La seconda partita di preparazione va ancora peggio: il 6 aprile subiamo difatti una sonora batosta a Budapest contro l’Ungheria per 7-1, anche se in questo secondo caso ai nostri mancano i calciatori di Genoa (compreso De Prà) e Bologna che, strenuamente impegnate nella lotta per il Campionato, hanno preferito non inviare in azzurro i loro uomini.

Pozzo ha le idee ancora confuse ed organizza due match non ufficiali con squadre di club, terminati entrambi 1-1, contro i cechi del Makkabi di Brenn (composta esclusivamente da giocatori ebrei) ed il Wiener Amateur di Vienna. Alla fine il 3 maggio fornisce la lista dei 22 azzurri e De Prà, la cui splendida partita contro la Spagna è ancora negli occhi di tutti, è dentro. A Parigi sarà titolare fisso. Intanto col Genoa, a fine giugno, guadagna la finale della Lega Nord dopo due burrascose partite col Bologna[6]. Quindi si va ai Giochi. Al torneo di calcio partecipano 22 nazioni, col criterio dell’eliminazione diretta e ripetizione della partita in caso di parità dopo i tempi supplementari. Pochi lo sanno, ma questo torneo ha valenza, per la FIFA, di Campionato del Mondo. Sotto la supervisione di Pozzo, gli italiani fanno le cose per bene al punto che il CU si avvale della collaborazione di due allenatori di primo piano come gli inglesi Garbutt e Burgess, rispettivamente mister di Genoa e Padova. Ma non tutto fila per il verso giusto: l’alloggio scelto per i nostri, una lussuosa villa nei pressi della Porte Maillot, ha i letti...troppo piccoli. Si trova dunque in fretta e furia un albergo che può accogliere l’intera comitiva ma è situato nella zona di Pigalle dove certamente non mancano le “distrazioni”. Memore dei misfatti di Stoccolma, Pozzo esercita sui calciatori una ferra sorveglianza cui nessuno riesce a sottrarsi. I nostri sembrano in forma e c’è moderata fiducia intorno a loro, ma il sorteggio non è benevolo visto che ci presenta al primo turno la Spagna, guidata dal celebre Zamora in porta. Il 25 maggio alle 15.30, allo stadio di Colombes, di fronte a 19mila spettatori, arbitro il francese Slawick, affrontiamo dunque gli iberici, con De Prà tra i pali.

Come previsto, non è una partita facile, risulta maschia, come si diceva in quel tempo, ricca di contrasti, falli, mischie. Incontro equilibrato che solo un episodio può decidere. Non lo fa l’espulsione dello spagnolo Larraza, autore di un fallaccio. Gli iberici si rintanano in difesa. L’episodio arriva all’84’ e ci è favorevole. In piena area di rigore, nel tentativo di fermare l’avanzata di Magnozzi che sta per tirare a colpo sicuro, Vallana colpisce il pallone con violenza ma in modo scomposto e la sfera termina in rete. Autogol! Italia 1, Spagna 0. I nostri resistono al disperato assalto iberico e passano il turno, seppur con fatica e fortuna. Il 29 giugno tocca agli ottavi di finale e stavolta l’avversario appare più abbordabile, il Lussemburgo. Si gioca allo stadio Pershing, teatro dei “Giochi Interalleati” del 1919. Solo 4mila gli spettatori, per un incontro poco interessante. Si parte alle 14.15. Solo due cambi nel nostro undici: entrano De Vecchi e Baldi, escono Caligaris e Burlando, entrambi acciaccati. La partita si mette subito bene: il primo gol è di Baloncideri, 20’ dopo il fischio iniziale del francese Richard. Al 38’ raddoppia Della Valle ed i nostri controllano agevolmente la partita sino alla fine. Siamo nei quarti e qualcuno fa un pensierino alla medaglia. Il 2 giugno si gioca contro la Svizzera allo stadio Bergeyre di fronte ad 8mila spettatori, arbitra l’olandese Mutters. In campo gli stessi del match con la Spagna e dunque terza partita consecutiva per De Prà. Non sembra una partita impossibile, ma i nostri hanno perso intensità ed il primo tempo scorre via scialbo, con pochi sussulti, fermo sullo 0-0. Il rientro dagli spogliatoi è scoppiettante: al 47’ Sturzenegger sorprende gli azzurri e segna. Dopo cinque minuti pareggia Della Valle. Poi una disattenzione difensiva di Caligaris regala la palla agli svizzeri, un cross ed Abegglen, appostato in piena aria, di testa infila il 2-1. Proteste dei nostri per un fuorigioco che però non viene riscontrato dall’arbitro. È la rete decisiva: gli svizzeri si difendono con ordine, gli azzurri non recuperano e vengono eliminati. Gli svizzeri comunque saranno protagonisti di un grande torneo, ottenendo l’argento dopo aver perso 3-0 la finale contro i formidabili uruguaiani ai quali spetta il primo titolo di “Campioni del Mondo” (con tanto di stella sulla loro maglia, approvata dalla FIFA). Il bronzo va alla Svezia che, dopo il primo match chiuso 1-1, supera 3-1 i Paesi Bassi nell’apposito replay.

Per gli azzurri una partecipazione olimpica non eccezionale ma che permette al CU Pozzo e ad alcuni giocatori di accumulare una fondamentale esperienza che poi, col tempo, si riverbererà sull’intero movimento calcistico italiano. Un movimento che dopo i Giochi vede terminare il Campionato solo tra la fine di agosto ed i primi di settembre: il Genoa prevale sul Savoia dopo due partite comunque più incerte del previsto[7], ma guadagna comunque il bis. Per De Prà è il secondo ed ultimo Campionato[8]. Rimane nel Genoa: rossoblu fino al midollo, rifiuta il passaggio ad altre squadre nonostante allettanti proposte sotto il piano economico. Nel 1924-25 il Genoa punta deciso al tris, ma trova sulla sua strada l’ostacolo-Bologna che lo costringe ad uno spareggio infinito, tra mille polemiche e colpi di scena, concluso solo ai primi di agosto dopo cinque partite con la vittoria dei felsinei. Insostituibile numero uno, negli anni seguenti De Prà è colonna portante del Genoa che però non è più lo squadrone imbattibile di qualche anno prima: nel 1925-26 chiude 3° il girone eliminatorio, poi si piazza 4° e quindi 2°. Rimane un’ottima compagine ma lo scudetto resta un sogno. In quel periodo De Prà gioca in Nazionale 14 volte ma si profila la minaccia dell’emergente Combi. Il CT Rangone comunque lo considera ancora titolare alla vigilia dei Giochi 1928. Al torneo olimpico di calcio, con la formula ad eliminazione diretta, partecipano 17 nazioni e, data la complessità, è la prima competizione ad iniziare, addirittura il 27 maggio. Gli azzurri esordiscono il 29 maggio negli ottavi, contro la Francia e non è una partita facile. Si gioca alle 14 all’Olympisch Stadion di fronte a 2500 spettatori, arbitra il belga Christophe. De Prà è in porta ma per lui, come per tutti gli azzurri, l’inizio è sconvolgente: dopo 20 minuti siamo sotto 2-0 causa una doppietta dello scatenato Brouzes. La reazione dei nostri è veemente: al 21’ accorcia Rossetti ed al 39’ pareggia Levratto. All’ultimo minuto del primo tempo rovesciamo il risultato con Banchero. Si va al riposo sul 3-2. Dopo un quarto d’ora della ripresa Baloncieri mette il suo sigillo, ma c’è ancora da soffrire perchè un minuto dopo accorcia Dauphin. Manca mezz’ora alla fine ma i nostri controllano e vincono 4-3. Il 1 giugno altro incontro difficile e complicato: nei quarti affrontiamo la Spagna. Si rigioca all’Olympisch Stadion, stavolta con inizio alle 19, di fronte a 3388 spettatori paganti. Arbitra l’uruguaiano Lombardi (di chiare origini italiane). De Prà, che secondo il CT Rangone non è stato perfetto contro i transalpini, viene sostituito da Combi ed in pratica non giocherà più per l’intero torneo. La Spagna è avversario ostico: al 21’ passa in vantaggio con Zaldua. Si va al riposo sullo 0-1. Nella ripresa ci pensa ancora Baloncieri che pareggia al 63’. Il risultato non cambia, neanche dopo i supplementari.

In quel tempo non sono previsti i rigori e la partita si ripete tre giorni dopo, il 4 giugno, nella stessa sede, con inizio alle 14, davanti a 4770 spettatori. Arbitro l’olandese Boekman. Stavolta non c’è partita, la Spagna è annientata: vinciamo 7-1. Il primo tempo termina 4-0 per le reti di Magnozzi al 10’, Schiavio al 15’, Baloncieri al 18’ e Bernardini al 40’. La Spagna accorcia alla prima azione della ripresa con Yemo, ma nel finale i nostri dilagano: al 73’ segna Rivolta e poi Levratto chiude con una doppietta (82’ e 84’). Siamo in semifinale e la medaglia pare vicina. Il 7 giugno, all’Olympisch Stadion, con inizio alle 19, ci tocca però il fortissimo Uruguay, campione in carica. 15.290 spettatori, arbitra l’olandese Eijmers. Baloncieri (ancora lui) ci fa sognare e segna dopo 9’. Il sogno dura appena nove minuti perchè Cea pareggia. Gli uruguayani sono forti e tessono con abilità la loro trama offensiva: al 28’ Campolo ed al 31’ Scarone sembrano mettere la parola fine alla disfida. I nostri si rinfrancano nel riposo e ci provano: dopo un quarto d’ora della ripresa Levratto ci porta sul 2-3. L’impresa pare possibile, ma il risultato non cambia. L’Uruguay vince 3-2, ma non abbiamo demeritato. Siamo così relegati alla “finalina” per il bronzo dove troviamo il sorprendente Egitto. Sulla carta l’avversario sembra malleabile (ne ha presi sei dall’Argentina nell’altra semifinale). Si gioca il 9 giugno all’Olympisch Stadion, con inizio alle 16, arbitro il belga Langenus, spettatori paganti 6378. In effetti vinciamo facile anche se gli africani non sono così sprovveduti ed all’inizio ci fanno soffrire.

Dopo sei minuti segna Schiavio, ma dopo altri sei minuti pareggia Riadh. Al 14’ Baloncieri riporta avanti gli azzurri ma ancora Riadh pareggia due minuti dopo. Una doppietta di Banchero, al 19’ ed al 39’, indirizza la partita nel verso giusto. Schiavio, al 42’, e di nuovo Banchero, al 44’, chiudono i conti. La ripresa ha poca storia: Baloncieri (al 52’) e Schiavio (al 58’) arrotondano il punteggio, con El-Ezam (al 60’) a salvare la bandiera. Una tripletta di Magnozzi (72’, 80’ e 88’) fissa definitivamente il risultato in un clamoroso 11-3 che ci regala un bel bronzo, a dimostrazione della crescita internazionale sviluppata dal nostro movimento calcistico. L’oro va di nuovo all’Uruguay che così si laurea nuovamente “Campione del Mondo”: difatti, come quattro anni prima, anche questo torneo olimpico ha valenza di Mondiale, secondo quanto stabilito dalla FIFA. Ma che fatica per la “celeste”! La finale tra Uruguay e Argentina del 10 giugno termina difatti 1-1 ed è necessaria la ripetizione, tre giorni più tardi, che va agli uruguagi per 2-1. Quegli stessi uruguagi che due anni dopo, superando di nuovo i tradizionali rivali argentini, guadagneranno anche il primo “vero” Campionato del Mondo. Intanto l’Italia inizia ad emergere, rinfrancata dal bronzo olimpico, il primo alloro intercontinentale del nostro calcio. Per De Prà il massimo risultato col minimo sforzo: ha giocato una sola partita (peraltro l’ultima in azzurro) e si mette al collo una medaglia, ma in Nazionale ha ormai fatto il suo tempo, Combi gli è superiore. Difatti non difenderà più la porta azzurra. Continua invece nel Genoa sino al 1933, amatissimo da tutti, con cui coglie un’altra piazza d’onore nel torneo 1929-30. Per lui in rossoblu un totale di 262 partite in Campionato ed una condotta irreprensibile che lo porta ad essere considerato, ancora oggi, una pietra miliare nella storia della squadra di cui poi negli anni ’50 è stato anche stimato dirigente. De Prà incarna il “mito genoano” al punto che il 16 settembre 1979, pochi mesi dopo la sua morte, la medaglia di bronzo conquistata ad Amsterdam viene interrata dietro la porta della Gradinata Nord nello stadio di Marassi, all’esterno del quale gli è stata dedicata anche una via.


[1] Fondata nel 1913. Maglia celeste con ampia fascia orizzontale bianca nel cui centro è presente lo scudetto bianco-rosso di Genova. Squadra di secondo piano, gioca comunque tre Campionati di Prima Categoria a cavallo del 1920

[2] I colori della maglia sono gli stessi di oggi ma allora il blu era posizionato a destra

[3] Dopo lo 0-0 a Vercelli, la “Pro” vince il ritorno a Genova 2-1 e poi guadagnerà il titolo

[4] Elisha Scott, mitico portiere nordirlandese, nato a Belfast il 24.08.1894. Giocherà nel Liverpool per 20 anni, collezionando oltre 400 partite

[5] Eugenio Pilotta, nato a Milano il 03.10.1888. Nasce come pugile e conquista il titolo italiano dei “massimi” il 23 dicembre 1913 ai danni di Boine. Diventa popolare, si dedica anche alla lotta, ma scoppia la guerra e combatte in trincea come fante. Dopo il conflitto, intraprende l’attività di massaggiatore sportivo, uno dei primi in Italia, applicandosi in particolare con Girardengo. Poi segue anche la Nazionale di calcio ed atleti di vari sport, partecipando a diverse edizioni dei Giochi

[6] Le partite sono caratterizzate da violenti scontri, in campo e fuori. Il Genoa vince 1-0 in casa il 15 giugno. Sette giorni dopo il ritorno a Bologna è sull’1-1 quando, a circa cinque minuti dalla fine, dopo ripetute risse, si sviluppa un’invasione di campo e la partita è sospesa. Il Genoa ha partita vinta a tavolino 2-0 ed accede dunque alla finalissima

[7] 3-1 a Genova e 1-1 a Torre Annunziata

[8] Si tratta dell’ultimo Campionato anche per il Genoa che, da allora, non ha più vinto uno scudetto