Storia fantastica del ginnasta Zampori dall’orfanotrofio all’oro olimpico
Il 26 agosto del 1920 la ginnastica azzurra si confermò regina ai Giochi della VII Olimpiade di Anversa, con la straordinaria vittoria di Giorgio Zampori nel concorso generale individuale, a distanza di soli due giorni dalla conquista del titolo nella prova a squadre. Una leadership che ribadì i trionfi di otto anni prima a Stoccolma, dove gli azzurri oltre a trionfare nella prova a squadre, s’imposero con un magistrale Alberto Braglia nell’individuale, aggiudicandosi anche il bronzo con Serafino Mazzarocchi.
Giorgio Zampori, cresciuto nei Martinitt milanesi, cominciò a scoprire le sue qualità atletiche proprio nell’istituto benefico dove viveva e studiava. Iniziò giovanissimo l’attività ginnica ed affinò le sue capacità sotto la guida del maestro Guido Romano, diventando a sua volta istruttore. Tesserato per la Ginnastica Miani (divenuta successivamente U.S. Milanese), vinse la sua prima gara al Concorso Internazionale di Bellinzona. Nel 1909 si aggiudicò il bronzo mondiale agli anelli, cui seguiranno il titolo iridato nelle parallele e l’argento al cavallo con maniglie nel 1911.
Ai Giochi della V Olimpiade di Stoccolma, conquistò il titolo a squadre, mentre si dovette accontentare della “medaglia di legno” nell’individuale. L’anno successivo conseguì i titoli mondiali nel cavallo con maniglie, negli anelli e nelle parallele. Una carriera sportiva in grande ascesa, interrotta, purtroppo, dalla Grande Guerra, che lo vedrà in trincea da tenente mitragliatore sul Carso.
Al termine del conflitto riprese la sua attività di insegnante a Brescia e contemporaneamente i suoi allenamenti alla “Forza e Costanza”. Si presentò alla sua seconda Olimpiade a trentatré anni, da uomo maturo e da sportivo esperto, dal carattere taciturno e mai sopra le righe. Il suo grande obiettivo era quello di conquistare il titolo nel concorso generale, che gli era sfuggito nelle diverse competizioni iridate a cui aveva partecipato.
La gara si disputò nell’arco di una giornata e fu lunga ed articolata. I venticinque partecipanti dovevano affrontare otto esercizi su cinque pedane differenti: corpo libero, tre doppie esibizioni (liberi e obbligatori) alla sbarra, alle parallele e agli anelli, per poi concludere con il cavallo con maniglie. Ad ogni esercizio veniva assegnato un punteggio da zero a dieci, con ulteriori due punti per ogni esercizio completato, per un punteggio massimo di novantasei punti. L’azzurro, al termine di una prova massacrante, ma allo stesso tempo eccezionale, fu l’unico a superare quota ottantotto punti (88,35), che gli valsero il titolo olimpico.
Una vittoria sorprendente, davanti al grande favorito, il franco-ispanico Marco Torrés (87,62), due volte campione del mondo nel 1909 e nel 1913. La medaglia di bronzo andò al belga Félicien Kempeneers (86,25). Nei primi otto anche gli azzurri Luigi Maiocco e Luigi Costigliolo, rispettivamente al settimo e ottavo posto. Zampori fu indubbiamente uno dei grandi protagonisti dell’Olimpiade fiamminga, insieme a Nedo Nadi ed Ugo Frigerio. I loro nove ori rimpinguarono e non poco, il bottino azzurro; ma quel ginnasta, bresciano d’adozione, resterà per sempre nella storia dello sport italiano per quell’impresa grandiosa.