Casa Italia apre i battenti con le sue 'mirabilia'. Malagò: "è il nostro valore aggiunto"
C’è Casa Italia anche a Tokyo 2020. Nonostante la pandemia, l’hospitality tricolore, punto di riferimento del mondo olimpico da Los Angeles 1984 ad oggi, alza il sipario pronta ad accompagnare l’avventura a cinque cerchi degli azzurri impegnati ai Giochi Olimpici giapponesi. Casa Italia è stata allestita presso la "The Kihinkan - Takanawa Manor House", un edificio caratterizzato da un'architettura stile liberty di inizio del secolo scorso situato nel quartiere di Minato, a circa 10 chilometri dal Villaggio Olimpico e dal Main Press Centre. "Credo che in considerazione delle restrizioni che stiamo vivendo avere Casa Italia sia un vero valore aggiunto. Non potranno esserci le situazioni che conoscete ma si è fatto il massimo possibile", ha detto il Presidente del CONI, Giovanni Malagò, in occasione della cerimonia di apertura. Presenti il membro CIO, Ivo Ferriani, Presidente dell'IBSF e dell'Associazione delle Federazioni degli Sport Olimpici Invernali, Ivo Ferriani, i membri CIO onorari Franco Carraro e Mario Pescante, il Presidente dell'Associazione delle Federazioni degli Sport Olimpici Estivi Francesco Ricci Bitti e il Presidente della Federazione Internazionale Baseball e Softball, Riccardo Fraccari.
L'edizione giapponese di Casa Italia, realizzata come sempre sotto la regia del direttore Marketing e Sviluppo Diego Nepi Molineris, è dedicata alle Mirabilia italiane. Il termine è una citazione delle famose stanze delle meraviglie dove, tra il 1500 e il 1700, i collezionisti riunivano pezzi d'arte (artificialia) ed oggetti naturali (naturalia) conservandoli insieme e mostrandoli senza porre tra loro differenza o gerarchia. Tutti gli oggetti erano chiamati 'mirabilia', in altre parole cose meravigliose (foto Pagliaricci/Ferraro - GMT Sport).
Una Casa Italia vetrina del made in Italy, nel rispetto delle norme anti-Covid che renderanno meno possibili i contatti con gli atleti, tanto che i medagliati potranno andare a Casa Italia soltanto al termine della loro partecipazione ai Giochi. Un’edizione dei Giochi difficile, “ma bella – ha auspicato Malagò - dove ognuno di noi potrà dire io c'ero".