Lo sport piange Muhammad Alì, il Mito "nato" a Roma 1960. Malagò: il più grande di tutti i tempi

PUGILATO

CONINET1 20160604123917776

Muhammad Ali, "il più grande di tutti". E' eloquente che lo ricordino tutti, indistintamente, così. Generazioni di protagonisti che hanno abbracciato la sua aurea sportiva e non solo. Uomini, popoli, appassionati. Sono in tanti oggi a piangerlo. Per tutti è l'uomo che ha danzato nella storia, con la potenza di un fuoriclasse e l'eleganza di un artista. Un campione, dentro e fuori dal ring. Un esempio, un modello, semplicemente un Mito.

 

Destinato a lasciare una scia luminosa immortale, più forte di quel destino inevitabile che l'ha strappato alla vita terrena: erano le prime luci dell'alba, in Italia, quando la notizia della sua scomparsa ha fatto riavvolgere il nastro della gloria, squarciando il velo dei ricordi. Fino ad arrivare a Roma 1960, la magìa di una Olimpiade che l'ha consacrato stella di prima grandezza nel firmamento del pugilato.

 

Era scritto nelle pieghe di una storia fantastica che diventasse "Eterno", proprio come quella città in cui ha scritto la prima pagina della sua epopea, la stessa città che oggi sogna nuovamente di poter ospitare un'edizione della manifestazione a cinque cerchi. In principio fu Cassius Marcellus Clay, divenne infatti celebre con la vittoria della medaglia d'oro dei pesi mediomassimi a Roma del 1960. Cambiò il suo nome in Muhammed Ali nel 1964, dopo essersi convertito all'Islam. Divenne un simbolo per il movimento di liberazione dei neri negli Stati Uniti durante gli anni '60, anche per aver sfidato il governo americano, opponendosi all'arruolamento nell'esercito per motivi religiosi. E' stato sposato quattro volte e ha nove figli. Fu l'unico pugile al mondo a conquistare per tre volte il titolo di campione del mondo dei pesi massimi. Ali si ritirò nel 1981 dopo aver vinto 56 dei 61 incontri disputati.

 

Si è spento in un ospedale di Phoenix, in Arizona. Senza aver mai nascosto la malattia con la quale ha stoicamente combattuto fino alla fine. Con il coraggio e la dignità che sono proprie di un gigante della vita. Il morbo di Parkinson di cui soffriva non gli impedì di accendere la torcia olimpica nel 1996, ai Giochi di Atlanta. Il mondo dello sport piange una leggenda intramontabile. Commosso l'omaggio del Presidente del CONI, Giovanni Malagò. "A  Roma 1960 è cominciata la tua leggenda. Onore a te, Greatest of All Time".