Escluso il risarcimento per il danno patito dalla minore a seguito di caduta provocata da una compagna di squadra durante il riscaldamento (Tribunale di Lecce, 8 aprile 2021)

Titolo

Escluso il risarcimento per il danno patito dalla minore a seguito di caduta provocata da una compagna di squadra durante il riscaldamento

Indicazione estremi del provvedimento annotato

Tribunale di Lecce, 8 aprile 2021, giudice dott.ssa Piera Portaluri.

Massima

È esclusa la responsabilità ex art. 2048 cod. civ. quando un danno si verifichi a seguito di comportamento tipico e connaturato alla disciplina sportiva praticata.

 

Azioni connaturate al dinamismo del gioco praticato, anche qualora producano danno a terzi, non possono qualificarsi in termini di illecito, e rientrano nel fortuito, anche quando costituiscono evento prevedibile.

 

Il contenuto concreto delle cautele che devono essere adottate da parte di chi ha la responsabilità sulla condotta degli allievi va commisurato alla loro età e maturità.

Commento

Il Tribunale di Lecce è stato adito, quale giudice di appello, da parte dei genitori di un atleta minorenne la cui domanda risarcitoria era stata respinta in primo grado dal Giudice di Pace.

 

Gli attori avevano agito chiedendo il risarcimento dei danni (trauma distorsivo alla caviglia ed al piede) patiti dalla figlia a seguito di una caduta, intervenuta durante il riscaldamento che precedeva una partita di pallavolo Under 14, causata dal contatto con una compagna di squadra che stava palleggiando.

 

Parte appellante imputava alla società sportiva la mancata vigilanza e la omessa adozione delle dovute cautele, sì da fondare, ai sensi dell’articolo 2048 del codice civile, la propria pretesa risarcitoria.

 

Il giudice di secondo grado - dopo aver precisato che in materia è onere di parte attrice dimostrare il fatto illecito, mentre sulla parte convenuta, associazione sportiva, incombe l’onere di provare di non aver potuto evitare il danno, pur avendo predisposto le necessarie cautele - ha confermato la decisione impugnata, rilevando che detta responsabilità non consegue, sic et simpliciter, alla circostanza di aver fatto svolgere la gara sportiva nell’ambito della quale si verifica il danno, essendo necessario che esso “sia conseguenza di un comportamento colposo integrante un fatto illecito” e che, inoltre, risulti che la struttura, in relazione alla gravità del caso concreto, non abbia predisposto tutte le misure atte ad evitare danni.

 

Entra in gioco, quale esimente, la “scriminante sportiva”, che secondo pacifica giurisprudenza “considera lecita la condotta di gioco che ha provocato il danno, ove la stessa sia riconducibile al rischio sportivo connaturato al tipo di gara o di sport e si sia tradotta in un comportamento tipico e normale per quel tipo di disciplina” in un contesto nel quale, comunque, deve operare una valutazione complessiva della situazione, in relazione all’età del minore, alla maturità degli allievi, alle tutele predisposte per evitare danni.

 

Il postulato degli attori (genitori della danneggiata), secondo cui la società non avrebbe adeguatamente istruito le allieve sulla condotta da tenere durante il riscaldamento, affinché avesse luogo, con le atlete a debita distanza l’una dall’altra, è stato qualificato come “palesemente pretestuoso”.

 

Del tutto normale è che una giocatrice, durante la partita o nella fase di riscaldamento, mentre palleggia, possa spostarsi, cosicché l’urto spalla contro spalla, da cui è derivato poi il danno lamentato - concretizzazione del c.d. “rischio consentito” - rientra nella assoluta normalità, in carenza di qualsiasi volontarietà di arrecare danno ingiusto.

 

Nessuna responsabilità può essere posta in capo agli organizzatori, essendo risultato il campo consono all’attività, così come l’abbigliamento delle giovani atlete, né sussiste responsabilità dell’allenatrice, essendosi trattato di evento prevedibile, ma certamente non prevenibile.

 

Si afferma, infine, che il dovere di vigilanza incombente sulle strutture debba essere commisurato all’età e alla maturità che obiettivamente può pretendersi dagli allievi.

 

Al rigetto dell’appello ha fatto seguito la condanna degli attori al pagamento delle spese di lite.

Autore

Andrea Caranci, Avvocato in Roma

 

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