Attività sportive pericolose e risarcimento del danno: il caso della boxe dinanzi al Tribunale di Roma (Tribunale di Roma, sentenza n. 12921 del 25 settembre 2020)

Titolo/Oggetto

S.M./CONI – U.I.T.S.  

 Attività sportive pericolose e risarcimento del danno: il caso della boxe dinanzi al Tribunale di Roma

Estremi provvedimento

Tribunale di Roma, sentenza n. 12921 del 25 settembre 2020 – Giudice dott.ssa R. D’Urso

Massima

In caso di attività sportiva pericolosa, come la boxe, è dovuto il risarcimento del danno, se non sono state adottate tutte le misure idonee ad evitarlo. Per quanto riguarda la responsabilità dell’atleta antagonista, la sua condotta potrà ritenersi lecita quando seguirà le regole di gioco definite dai regolamenti e non supererà il “rischio consentito”.

Keywords

ATTIVITA’ SPORTIVA PERICOLOSA – RISCHIO SPORTIVO – RISARCIMENTO – ILLECITO SPORTIVO

Commento/Sintesi

Con la sentenza n. 12921 del 2020, il Tribunale di Roma ha affrontato il tema delle attività sportive pericolose, in merito alla richiesta di risarcimento per un infortunio avvenuto in una palestra nel corso di una lezione di boxe.

 

I genitori del minore danneggiato hanno chiamato in giudizio l’Associazione sportiva dilettantistica proprietaria della palestra, l’istruttore di boxe e l’atleta avversario nell’allenamento per ottenere la condanna degli stessi, in solido e nella misura della responsabilità accertata, al risarcimento dei danni fisici e morali.

 

In via preliminare, il Giudice ha ricordato che la boxe rientra nella categoria delle attività sportive pericolose, per le quali l’art. 2050 c.c. “detta un regolamento preciso”, imponendo il concorso di due condizioni per il risarcimento del danno: l'attività dev'essere pericolosa (“tale che in sé e per sé, cioè per la sua natura, ovvero per la natura dei mezzi adoperati, possa riuscire produttiva di danno”) ed è necessario che siano omesse tutte le misure atte ad evitarlo. Verificata l’esistenza delle due condizioni, il danneggiante potrà liberarsi solamente con l’inversione dell'onere probatorio.

 

Il Giudice, nell’analizzare il concetto di “rischio sportivo”, che coinvolge atleti, organizzatori di manifestazioni sportive, allenatori e preparatori, ricorda che tali soggetti hanno, nello svolgimento dell’attività sportiva, obblighi derivanti sia dai regolamenti federali, sia dai canoni di prudenza ex art. 2043 c.c. L'atto di autonomia privata di accettazione del rischio comporta “uno spostamento della soglia di responsabilità”.

 

Attraverso l’interpretazione dell’art. 2050 c.c., che specifica il concetto di attività pericolose, è possibile quantificare l'eventuale responsabilità per atti illeciti commessi dagli sportivi. Per quanto riguarda gli sport di contatto o violenti, come il pugilato, è necessario effettuare “un distinguo tra condotta dolosa o colposa”. La condotta è, infatti, colposa “nel momento in cui si ha una violazione palese di una regola di gioco ponendo in essere comportamenti violenti, ma che comunque sono inquadrabili in un contesto agonistico di gioco”, mentre è ritenuta dolosa “nel momento in cui si ha un avvenimento violento non contemplato nell'attività sportiva praticata”.

 

Il Tribunale sottolinea che, nel caso di illecito, l’atleta ne risponderà sia dal punto di vista sportivo, sia dal punto di vista dell'ordinamento statale (qualora l’ordinamento riconosca una particolare rilevanza della condotta lesiva). Si configura, quindi, l’illecito sportivo “quando l'attività sportiva è solo il mezzo per commettere volontariamente il danno nei confronti dell’avversario”.

 

Il Giudice evidenzia come il concetto di "rischio consentito" costituisce il parametro di giudizio per la determinazione della condotta lesiva. Per quanto riguarda la boxe, sport per sua natura violento, il metro di paragone per la valutazione del potenziale illecito sarà la normale diligenza tenuta dallo sportivo medio, che agirà nel rispetto del regolamento e dei principi di lealtà e prudenza: la condotta potrà ritenersi lecita quando seguirà le regole di gioco definite dai regolamenti e non supererà il rischio consentito.

 

Nel caso di specie, alcuna responsabilità è attribuita dal Tribunale all’atleta che ha sferrato il colpo durante l’allenamento, causando l’infortunio, avendo agito quale normale atleta antagonista nel rispetto delle regole dettate e riferibili al caso.

 

Per quanto riguarda il gestore dell'impianto sportivo, che mette a disposizione gli spazi per lo svolgimento dell’attività sportiva, egli “ha il compito di garantire la sicurezza delle persone, nonché l'idoneità dei luoghi ed ha, pertanto, l'obbligo di controllare tutte le attrezzature e di adottare le misure di sicurezza utili per evitare eventuali danni”. La responsabilità dello stesso costituisce un'ipotesi di responsabilità oggettivache risponde all'intento legislativo di privilegiare il danneggiato sul danneggiante con il limite del caso fortuito”.

 

Nel caso in esame, il Tribunale di Roma esclude tale limite, essendo l’evento verificatosi “prevedibile”, data la natura dello sport praticato e, ritenendo che l’infortunio si sia verificato in concorso di colpa tra il minore danneggiato e chi doveva garantire il rispetto delle misure di sicurezza, condanna in solido al risarcimento del danno l’istruttore e l’Associazione sportiva dilettantistica.

Autore

Avv. Francesca Piergentili

 

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