Il gestore di pista da sci è responsabile per la caduta dello sciatore provocata da accumulo di neve da innevamento artificiale. Cassazione civile sez. III, 19/05/2022, n.16223

Il gestore di pista da sci è responsabile per la caduta dello sciatore provocata da accumulo di neve da innevamento artificiale

Cassazione civile sez. III, 19/05/2022, n.16223

Rigetta, CORTE D'APPELLO SEZ.DIST. DI BOLZANO, 07/06/2019

Responsabilità civile - Cose in custodia - Obbligo di custodia - Pista da sci alpino - Responsabilità del gestore - Ostacolo costituente pericolo “atipico” - Nozione - Fattispecie.

La responsabilità ex art. 2051 c.c. del gestore di piste da sci alpino presuppone la sussistenza di un nesso causale tra la caduta dello sciatore danneggiato e la presenza di un pericolo "atipico" sulla pista, da intendersi come ostacolo difficilmente visibile e, pertanto, non facilmente evitabile anche da parte di uno sciatore diligente. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva ritenuto responsabile il gestore per la caduta di uno sciatore, provocata dalla presenza di un accumulo di neve derivante da innevamento artificiale, scarsamente visibile e di rilevanti dimensioni, tale da impegnare una parte considerevole della pista e, pertanto, non riconducibile al normale utilizzo della stessa).

FATTI DI CAUSA La Corte di Appello di Trento, Sezione distaccata di Bolzano, in riforma della sentenza emessa dal Tribunale della stessa città, ha condannato la società Grandi Funivie Alta Badia s.p.a. a pagare ad V.E. la somma di Euro 52.883,19, oltre interessi e rivalutazione, a titolo di risarcimento del pregiudizio conseguente all'incidente sciistico verificatosi in data (OMISSIS), allorché il danneggiato, mentre sciava su una delle piste gestite dalla società convenuta, era caduto, riportando lesioni personali. Per quel che ancora rileva, la Corte di Appello, dopo aver proceduto all'apprezzamento delle prove testimoniali - in base alle quali avrebbe dovuto ritenersi provato che l'incidente era stato causato da un cumulo di neve, formatosi in prossimità di un cannone sparaneve, dell'altezza di circa un metro e mezzo e talmente ampio da ricoprire una vasta porzione della pista e da non potere essere evitato da chi arrivava dalla posizione del sig. V. - ha ritenuto: I) che l'accertamento dell'esistenza, su un'ampia porzione della pista, di un cumulo di neve scarsamente visibile, induceva a ritenere sussistente un pericolo anomalo, determinato da un ostacolo atipico (in quanto non riconducibile al normale utilizzo della pista), che, ove non rimovibile, avrebbe dovuto essere oggetto di specifica segnalazione; II) che, in applicazione dei principi che governano la responsabilità per i danni da cose in custodia, ai sensi dell'art. 2051 c.c., dimostrata la sussistenza del predetto ostacolo, il danneggiato avesse assolto l'onere, a lui spettante, di provare il nesso causale tra lo stato della pista da sci (la cosa in custodia) e la caduta (l'evento dannoso); III) che, invece, la società gestrice della pista, quale custode della stessa - onerata di fornire la prova liberatoria del caso fortuito -, non aveva dimostrato l'eventuale comportamento imprudente dello sciatore, erroneamente individuato, nel primo grado di giudizio, nella supposta, ma non provata, velocità eccessiva da lui tenuta; IV) che, infine, ai fini della liquidazione della somma spettante a titolo di risarcimento del danno biologico conseguente alle lesioni riportate (consistite, secondo la CTU espletata, in esiti di rottura del legamento crociato, anteriore e posteriore, del ginocchio destro), doveva tenersi conto, in funzione della c.d. "personalizzazione", della rinuncia ad attività sportive e ricreative, oltre che ad incarichi professionali, cui il sig. V. era stato costretto in conseguenza dell'incidente. Propone ricorso per cassazione, sorretto da cinque motivi, la società Grandi Funivie Alta Badia s.p.a.. Non risponde l'intimato. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Il primo motivo ("violazione e falsa applicazione di norme di diritto con riferimento all'art. 116 c.p.c. - art. 360 c.p.c., n. 3 - omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti - art. 360 c.p.c., n. 5 - errata valutazione delle risultanze istruttorie") censura la decisione impugnata per aver ritenuto attendibili le dichiarazioni dei due testimoni indicati dall'attore, senza prendere in considerazione le deposizioni testimoniali (di diverso tenore) rese dai dipendenti della società, e per non avere esaminato le fotografie da questa prodotte in giudizio. La ricorrente deduce che, nel riferire sulle dimensioni del cumulo di neve, i due testimoni escussi su richiesta del danneggiato avevano reso dichiarazioni contraddittorie; che dalle diverse dichiarazioni rilasciate dai suoi dipendenti era emerso che il giorno dell'incidente nessuna situazione anomala era stata riscontrata sulla pista da sci; e che dalle fotografie versate in atti emergeva la situazione di piena visibilità della pista e di piena evitabilità degli eventuali ostacoli. 2. Il secondo motivo ("violazione e falsa applicazione di norme di diritto, con riferimento alla L.P. Bolzano n. 14 del 2010, art. 12 ed al D.P.G.P. di Bolzano n. 3 del 2012, art. 15 - art. 360 c.p.c., n. 3 - qualificazione erronea del cumulo di neve artificiale quale pericolo atipico") critica la sentenza di appello nella parte in cui ha ritenuto che il cumulo di neve che aveva determinato la caduta del sig. V. costituisse un "pericolo atipico" o un "ostacolo anomalo". La ricorrente deduce che tale qualificazione avrebbe dovuto escludersi alla stregua del chiaro disposto normativo contenuto nella L.P. Bolzano 23 novembre 2010, n. 14 art. 12, comma 4, (secondo cui "non sono considerati ostacoli, e spetta quindi all'utente l'onere di evitarli, cumuli di neve prodotta con innevamento programmato, modesti cumuli di neve creati dal passaggio degli utenti, eventuali discontinuità del manto nevoso causate da variazioni delle condizioni atmosferiche o dalla battitura, circoscritte zone di neve ghiacciata o irregolarità simili riconducibili al normale utilizzo delle piste") e nel Decreto Presidente della Provincia di Bolzano 12 gennaio 2012, n. 3, art. 15, comma 1 (per il quale "i pericoli atipici sono pericoli inaspettati o difficilmente evitabili anche per uno sciatore o una sciatrice responsabile lungo il tracciato sciistico"). 3. Il terzo motivo ("violazione e falsa applicazione di norme di diritto con riferimento agli artt. 2051 e 2697 c.c. - art. 360 c.p.c., n. 3 - nullità della sentenza e del procedimento per contrasto con gli att. 111 Cost., comma 6 e art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, per motivazione solo apparente e/o contraddittoria della sentenza - art. 360 c.p.c., n. 4 - mancata prova del nesso causale tra cosa in custodia ed evento dannoso") censura la decisione di merito nella parte in cui ha ritenuto che, fornita la prova della esistenza, nel punto in cui si era verificata la caduta, di un cumulo di neve scarsamente visibile e di dimensioni tali da occupare un'ampia porzione della pista, sarebbe stato dimostrato anche il nesso causale tra detto cumulo e la caduta stessa. La ricorrente deduce che con questa argomentazione la Corte territoriale, per un verso, avrebbe violato gli artt. 2051 e 2697 c.c. (ritenendo che la caduta del sig. V. fosse imputabile unicamente al cumulo di neve, senza che tale prova fosse stata in realtà fornita, giacché i testimoni avevano bensì veduto gli effetti del sinistro, ma non la sua origine, la quale avrebbe dovuto individuarsi non nella presenza di un ostacolo inevitabile, ma, ben al contrario, nella velocità eccessiva dello sciatore); per altro verso, avrebbe violato l'art. 132 c.p.c., n. 4, fornendo una motivazione meramente apparente e contraddittoria del proprio assunto. 4. Il quarto motivo ("violazione e falsa applicazione di norme di diritto con riferimento agli artt. 2051 e 1227 c.c. - art. 360 c.p.c., n. 3 - omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti - art. 360 c.p.c., n. 5 - nullità della sentenza e del procedimento per contrasto con l'art. 111 Cost., comma 6 e art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, per motivazione solo apparente e/o contraddittoria della sentenza - art. 360 c.p.c., n. 4, mancata considerazione del comportamento del danneggiato quale causa interruttiva del nesso causale tra la cosa in custodia e l'evento dannoso") critica la sentenza impugnata per avere omesso di riscontrare, nella condotta del sig. V., un contegno idoneo ad escludere il nesso causale tra la cosa oggetto di custodia e il danno da lui subito. La ricorrente deduce che il giudizio della Corte territoriale, secondo cui il danneggiato avrebbe proceduto a velocità moderata, sarebbe stato tratto da circostanze non pertinenti (l'ampiezza della pista e la circostanza che lo sciatore, al momento della caduta, avesse appena iniziato la discesa), senza considerare, invece, che proprio le modalità e le conseguenze della caduta dimostravano che egli procedeva, al contrario, ad una velocità eccessiva, la quale non gli aveva consentito di fermarsi tempestivamente dinanzi all'ostacolo o di effettuare manovre diversive, e che pertanto doveva considerarsi causa esclusiva del sinistro. 4.1. Gli illustrati motivi, che devono essere esaminati congiuntamente in ragione della loro reciproca connessione, sono in parte inammissibili in parte infondati. L'inammissibilità è addirittura manifesta con riguardo al primo motivo, espressamente volto a censurare la valutazione delle risultanze istruttorie, in base alle quali è stata accertata la sussistenza, sulla pista da sci, del cumulo di neve di rilevanti dimensioni e scarsamente visibile che aveva determinato la caduta del sig. V.. Questo motivo, infatti, nel criticare l'apprezzamento delle prove compiuto dalla Corte di appello (in ordine all'attendibilità delle dichiarazioni dei testimoni dedotti dall'attore; all'irrilevanza delle diverse dichiarazioni rese dai testimoni dedotti dalla società convenuta; all'omessa attribuzione di rilevanza alle fotografie prodotte in atti) omette di considerare che il predetto apprezzamento è attività riservata al giudice del merito, cui compete non solo la valutazione delle prove ma anche la scelta, insindacabile in sede di legittimità, di quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (Cass. 4 luglio 2017, n. 16467; Cass. 23 maggio 2014, n. 11511; Cass. 13 giugno 2014, n. 13485; Cass. 15 luglio 2009, n. 16499). La Corte territoriale, con valutazione incensurabile in questa sede, ha motivatamente ritenuto, da un lato, che, in base alle dichiarazioni dei testimoni di parte attrice, dovesse ritenersi dimostrato che la pista da sci era in gran parte occupata da un cumulo di neve alto circa un metro e mezzo, non facilmente visibile e di dimensioni talmente ampie da non potere essere evitato da chi arrivava nella posizione del sig. V.; dall'altro lato, che nessuna rilevanza, in senso contrario, potesse attribuirsi alle dichiarazioni dei dipendenti della società, i quali avevano soltanto supposto l'assenza di siffatto ostacolo sulla pista da sci, in ragione della mancata apposizione di segnalazioni al riguardo. In considerazione delle motivate e incensurabili valutazioni della Corte di merito, il motivo di ricorso in esame e', dunque, manifestamente inammissibile, in quanto tende a provocare dalla Corte di cassazione una lettura delle risultanze istruttorie diversa da quella fornita dal giudice di appello, il quale non ha omesso di prendere in considerazione le prove dedotte in giudizio, ma, sulla base di rilievi insindacabili in questa sede di legittimità, ne ha motivatamente vagliato l'attendibilità e la rilevanza, in funzione dell'accertamento delle circostanze di fatto poste a fondamento della decisione. 4.2. Inammissibili sono, altresì, il terzo e il quarto motivo, i quali, supponendo la violazione delle regole di ripartizione dell'onere della prova nella fattispecie di responsabilità per danno da cose in custodia (art. 2051 c.c.), disapprovano la sentenza impugnata, da un lato, per aver ritenuto dimostrato il nesso causale (della cui prova era onerato il danneggiato) tra la cosa in custodia (il cumulo di neve) e l'evento dannoso (la caduta dello sciatore) e, dall'altro lato, per avere omesso di riscontrare, nella condotta del sig. V. (del quale, lungi dal risultare la velocità moderata, sarebbe stata piuttosto dimostrata la velocità eccessiva), un contegno idoneo ad escludere il nesso causale tra l'evento e la cosa medesimi. In proposito va ricordato il principio - reiteratamente ribadito da questa Corte - secondo cui la violazione del precetto di cui all'art. 2697 c.c., si configura se il giudice del merito abbia applicato la regola di giudizio fondata sull'onere della prova in modo erroneo (cioè attribuendo l'onus probandi a una parte diversa da quella che ne era gravata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costitutivi ed eccezioni), non anche quando abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre (Cass. 5 maggio 2006, n. 19064; Cass. 17 giugno 2013, n. 15107; Cass. 21 febbraio 2018, n. 4241). Nel caso di specie, premesso che l'onere di dimostrare la derivazione causale del danno dalla cosa spettava al danneggiato, mentre il danneggiante era onerato della prova liberatoria della eventuale condotta dello sciatore avente efficienza causale esclusiva (rilevante quale caso fortuito ex art. 2051 c.c.) o non esclusiva (rilevante quale fatto colposo concorrente ex art. 1227 c.c., comma 1), il giudice del merito non ha operato un'indebita inversione di tali, ripartiti oneri probatori, ma ha ritenuto assolto il primo e non assolto il secondo. Il rilievo che, alla luce delle deposizioni dei testimoni (i quali avevano veduto il sig. V. nel momento successivo in cui era caduto a terra, ma non in quello precedente in cui aveva urtato sulla neve), la prova dell'imputabilità della caduta unicamente al cumulo di neve non potesse ritenersi fornita, attiene nuovamente a profili di merito e tende ancora, inammissibilmente, a suscitare dalla Corte di legittimità un diverso giudizio sulle circostanze di fatto nelle quali si era verificato l'evento dannoso. Analogamente, la circostanza che la Corte territoriale abbia tratto il giudizio (di fatto), secondo cui il danneggiato procedeva a velocità moderata, dalla ritenuta ampiezza della pista e dalla circostanza che il tragitto in discesa fosse appena iniziato, senza trarre dalle modalità e dalle conseguenze della caduta l'accertamento contrario della sussistenza di una velocità eccessiva, non conduce ad un difetto motivazionale della sentenza di merito, men che meno nella forma (l'unica ormai censurabile in sede di legittimità) dell'anomalia concretante violazione di legge costituzionalmente rilevante, coinvolgente il giudizio, non sulla mera sufficienza, ma sull'esistenza stessa della motivazione o sulla sua coerenza (Cass. Sez. un., 7 aprile 2014, nn. 8053 e 8054; Cass. 12 ottobre 2017, n. 23940; Cass. 25 settembre 2018, n. 22598; Cass. 3 marzo 2022, n. 7090). 4.3. Il secondo motivo, infine, è infondato. La Corte di merito, movendo dalla circostanza (oggetto di accertamento di fatto, insindacabile in sede di legittimità) che il cumulo di neve formatosi nel punto ove si era verificata la caduta, fosse scarsamente visibile e di dimensioni talmente rilevanti da invadere un'ampia porzione della pista, ha ritenuto che lo stesso integrasse un "pericolo anomalo" (o "ostacolo atipico") che il custode era tenuto a rimuovere o, almeno, a segnalare. Nell'operare questa qualificazione, la Corte territoriale non ha omesso di confrontarsi con la disciplina contenuta nella legge provinciale invocata dalla società ricorrente ma ha ritenuto che l'esclusione dei cumuli di neve prodotta con innevamento programmato dal novero dei cc.dd. "ostacoli atipici" abbia riguardo a quelli che, per le loro ridotte dimensioni, integrino piccoli ostacoli normalmente presenti sul tracciato, anche avuto riguardo alla circostanza che la norma invocata (L.P. Bolzano 23 novembre 2010, n. 14, art. 12, comma 4) li considera unitamente ai modesti cumuli di neve creati dal passaggio degli utenti, nonché alle eventuali discontinuità del manto nevoso causate da variazioni delle condizioni atmosferiche o dalla battitura e alle irregolarità riconducibili al normale utilizzo delle piste. La qualificazione operata dalla Corte territoriale è giuridicamente corretta e trova pieno fondamento non solo nella norma provinciale richiamata, ma anche nel diritto positivo statale. Già nell'elaborazione giurisprudenziale della L. 24 dicembre 2003, n. 363, art. 7, comma 2 (recante "Norme in materia di sicurezza nella pratica degli sport invernali da discesa e da fondo") la nozione di "pericolo atipico" era stata riscostruita sulla base di due criteri: quello, oggettivo, della normalità e visibilità e quello, soggettivo, della prevedibilità ed evitabilità da parte dello sciatore responsabile. Si consideravano, dunque, "tipici" gli ostacoli perfettamente visibili, nonché prevedibili ed evitabili da uno sciatore di media diligenza, comportanti un rischio (la cui accettazione deve ritenersi insita nell'uso della pista) connaturato alla pratica sciistica e all'ambiente in cui essa si svolge; si riteneva che rientrassero, invece, tra i pericoli "atipici" gli ostacoli "anormali" che lo sciatore non si attende di trovare sul tracciato della pista, difficilmente visibili e, pertanto, non prevedibili e non evitabili non soltanto da parte dello sciatore che omette di adottare le necessarie regole di prudenza, ma anche da parte dello sciatore diligente (Cass. pen., 30 settembre - 9 novembre 2015, n. 44796; Cass. pen., 15 febbraio-24 marzo 2017, n. 14606). Questa nozione è stata poi espressamente recepita dal legislatore statale, il quale, in attuazione della delega contenuta nella L. 8 agosto 2019, n. 86, art. 9, con il D.Lgs. 28 febbraio 2021, n. 40 ("Misure in materia di sicurezza nelle discipline sportive invernali"), ha, tra l'altro, abrogato gran parte della disciplina contenuta della L. n. 363 del 2003, tra cui i primi quattro commi dell'art. 7 citato. Il D.Lgs. in parola, infatti, definisce il pericolo "atipico" come il "pericolo difficilmente evitabile anche per uno sciatore o sciatrice responsabile lungo il tracciato sciistico" (art. 2, comma 1, lett. d)) ed obbliga i gestori a proteggere gli utenti da ostacoli presenti lungo le piste mediante l'utilizzo di adeguate protezioni degli stessi e segnalazioni della situazione di pericolo atipico (art. 11). Corretta, dunque, appare l'operazione qualificatoria in iure compiuta dalla Corte di merito, la quale, dopo aver accertato in facto (con apprezzamento insindacabile in sede di legittimità) che il cumulo di neve che aveva cagionato il danno subito dal sig. V. integrava un ostacolo scarsamente visibile, di rilevanti proporzioni, di inusitata grandezza (e pertanto non riconducibile al normale utilizzo della pista) e non evitabile da parte degli sciatori provenienti dalla direzione del danneggiato, ha coerentemente ritenuto che lo stesso integrasse un ostacolo atipico concretante un rischio esorbitante dal novero di quelli accettati dall'utente. Il secondo motivo di ricorso va pertanto rigettato. 5. Il quinto motivo ("violazione e falsa applicazione di norme di diritto con riferimento agli artt. 2056 e 2697 c.c. - art. 360 c.p.c., n. 3 - nullità della sentenza e del procedimento per contrasto con l'art. 111 Cost., comma 6 e art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, per motivazione solo apparente e/o contraddittoria della sentenza - art. 360 c.p.c., n. 4 - errata personalizzazione del danno con duplicazione risarcitoria in favore del danneggiato") disapprova la decisione di merito nella parte in cui, oltre al danno biologico in conformità ai parametri contenuti nelle cc.dd. "tabelle Milanesi", ha liquidato al danneggiato un importo aggiuntivo a titolo di "personalizzazione". Del tutto apoditticamente - secondo la ricorrente - sarebbe stato, infatti, ritenuto che, a causa delle lesioni personali riportate, il sig. V. aveva dovuto rinunciare ad attività sportive e ricreative, nonché ad incarichi professionali: da un lato, infatti, soltanto un testimone, amico del danneggiato, aveva genericamente riferito di non averlo più visto frequentare il circolo del tennis; dall'altro lato, la CTU medico-legale espletata aveva escluso ripercussioni delle menomazioni sulla sua capacità lavorativa specifica. 5.1. Il motivo è inammissibile. Valgono al riguardo le medesime considerazioni già compiute in relazione al primo motivo: nel criticare la valutazione delle dichiarazioni testimoniali assunte e dell'esito della consulenza medica espletata in ordine alle circostanze di fatto poste a base della operata "personalizzazione" del risarcimento del danno, la società ricorrente tende indebitamente a suscitare da questa Corte di legittimità un nuovo apprezzamento delle risultanze istruttorie diverso da quello compiuto dal giudice di merito e ad esso insindacabilmente riservato. 6. In definitiva, il ricorso proposto dalla Grandi Funivie Alta Badia s.p.a. deve essere rigettato. 7. Non si deve provvedere sulle spese del presente giudizio, non avendo l'intimato svolto attività difensiva. 8. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1 bis, ove dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi delD.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dallaL. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, ove dovuto. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 4 aprile 2022. Depositato in Cancelleria il 19 maggio 2022