Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, Decisione 19 aprile 2023 (dep. 8 maggio 2023), n. 40 - Presidente e Relatore Dott.ssa Gabriella Palmieri. Componenti Dott. Vito Branca, Dott. Dante D’Alessio, Dott. Massimo Zaccheo, Dott. Attilio Zimatore

L’art. 63, comma 1 lettera d), del Codice di Giustizia Sportiva della FIGC, il quale prevede la possibilità del Ricorso per revocazione “se è stato omesso l’esame di un fatto decisivo che non si è potuto conoscere nel precedente procedimento, oppure se sono sopravvenuti, dopo che la decisione è divenuta definitiva, fatti nuovi la cui conoscenza avrebbe comportato una diversa pronuncia”, non contrasta (e, come tale, non è disapplicabile) con l’art. 63, comma 2, del Codice di Giustizia Sportiva del CONI, che invece limita il Ricorso per revocazione alla sola ipotesi dell’errore di fatto “risultante incontrovertibilmente da documenti acquisiti successivamente per causa non imputabile all’istante”, tenuto conto che la più ampia previsione della norma federale è contenuta in un Regolamento approvato dalla Giunta Nazionale del CONI, ai sensi dell’art. 7, comma 5, lett. l), dello Statuto CONI, e risulta conforme anche ai principi di Giustizia Sportiva e alle regole dettate dal Codice della Giustizia Sportiva del CONI con Deliberazione n. 258 dell’11 giugno 2019.

 

Non sussiste mutamento del thema decidendum, né la ipotizzata mancata correlazione tra la contestazione mossa con l’atto di deferimento e la sanzione poi inflitta, nel caso in cui l’incolpazione sia relativa alla ritenuta alterazione delle evidenze contabili per effetto di numerose plusvalenze fittizie ed i nuovi elementi acquisiti, dei quali gli Organi della Giustizia Federale non disponevano nella precedente fase del giudizio, hanno arricchito in modo decisivo il quadro fattuale e ne hanno definito molto meglio i contenuti, dimostrando la fondatezza dell’originario deferimento che si basava sugli atti e i fatti, all’epoca, a disposizione degli organi della Giustizia Federale.

 

L’Organo giudicante può, motivandolo, non solo fornire l’esatta qualificazione giuridica dei fatti, ma infliggere la relativa sanzione, anche se di specie diversa rispetto a quella prevista dalla disposizione contestata nell’atto di deferimento (nel caso in esame è stata ritenuta la violazione dei principi di lealtà e correttezza di cui all’art. 4, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva della FIGC, a fronte della contestata violazione dell’ art. 31 comma 1, punibile con l’ammenda, nonché dell’art. 6 del medesimo Codice, posto che, in ogni caso, la Società deve rispondere per le azioni commesse dai propri rappresentanti e dirigenti).

 

È onere della società deferita, che invochi la causa di non punibilità o l’attenuante prevista dall’art. 7 del Codice di Giustizia Sportiva della FIGC, dimostrare che l’adozione del Modello Organizzativo e di gestione sia idoneo, in concreto, a prevenire i comportamenti quali quelli verificatesi e contestati e che, pertanto, valga a escludere (o ad attenuare) la responsabilità delle figure apicali o delle persone sottoposte a direzione o vigilanza ex artt. 6 e 7 del D.lgs. 8 giugno 2001, n. 231. A tale proposito, in sede di responsabilità disciplinare, l’effettiva partecipazione o l’effettiva consapevolezza dei componenti del Consiglio di Amministrazione con compiti di gestione societaria e non sportiva, con riferimento ad operazioni di natura prettamente sportiva, deve essere specificamente valutata anche in relazione al Modello Organizzativo adottato dalla stessa società.

*Il commento di Lucio Giacomardo, IL “CASO JUVENTUS” TRA QUESTIONI PROCESSUALI E LEALTÀ SPORTIVA, è pubblicato in Riv. dir. sportivo, 1/2023.   


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