CALCIO PROFESSIONISTICO E DISCRIMINAZIONI FONDATE SULLE TENDENZE SESSUALI di STEFANO BASTIANON

Da un punto di vista generale si può senz’altro affermare che lo sport rappresenta un settore economico, sociale e culturale caratterizzato ancor oggi da marcate disparità di genere. La più evidente ed apertamente riconosciuta di tali disparità è quella relativa alla minor rilevanza generalmente attribuita allo sport femminile rispetto a quello maschile. Seppur con alcune (rilevanti) eccezioni (si pensi, ad esempio, al nuoto sincronizzato e alla ginnastica ritmica, discipline sportive in relazione alle quali la partecipazione ai Giochi olimpici o alle grandi manifestazioni internazionali è riservata soltanto alle donne, oppure a una disciplina come il tennis ove la fama e il successo di atlete del calibro di Martina Navratilova, Chris Evert, Steffi Graff o le sorelle Williams non sono certamente inferiori a quelli di John McEnroe, Bjorn Borg, Ivan Lendl, Roger Federer o Rafael Nadal), lo sport maschile rappresenta nell’immaginario collettivo, e quindi anche in quello degli sponsor, dei  mezzi di informazione e degli organizzatori di eventi sportivi, il genere di riferimento. Piaccia o no, si deve prendere atto che, ancor oggi, alcuni sport sono appannaggio esclusivo degli uomini (Formula 1, motociclismo), mentre per altri sport la rilevanza delle competizioni femminili è decisamente inferiore rispetto a quella delle analoghe competizioni maschili (calcio, basket, ciclismo, pugilato, rugby).

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