Gaiardoni vince ancora nella velocità poi festeggia a Via Veneto

60 anni fa i Giochi Olimpici a Roma
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Che giornata incredibile quel 29 agosto del 1960. Ai Giochi della XVII Olimpiade il ciclismo azzurro sembrava non avere rivali, una squadra perfetta in grado di polverizzare gli avversari. Reduce dai trionfi nella 100 chilometri a squadre, nel chilometro da fermo, nel tandem e nell'inseguimento a squadre, il team azzurro era pronto ad affrontare le semifinali e le finali della prova di velocità su pista. Al Velodromo dell’EUR il grande sogno era quello di vedere Sante Gaiardoni e Valentino Gasparella incrociare le loro ruote nella finale per il titolo olimpico.

I due pistard azzurri, infatti, si erano qualificati, seppur con percorsi diversi, per le sfide decisive che avrebbero assegnato le medaglie. Una gara massacrante per i trenta partecipanti, iniziata il 26 agosto con la disputa di due turni preliminari e dei relativi ripescaggi. Per Gaiardoni quella giornata non fu semplicemente infinita, ma indimenticabile: superò al primo turno l’indiano Clyde Rimple, conquistò il titolo olimpico nel chilometro da fermo e quindi, si qualificò per i quarti di finale della velocità, a spese del sovietico Imants Bodnieks e del tedesco Günter Kaslowski.

Più tortuoso, invece, il cammino di Gasparella. Al primo turno s’impose nella sua serie contro lo spagnolo José Errandonea e l’irlandese Martin McKay; mentre, al secondo turno, si classificò terzo e fu costretto ai ripescaggi. Nei due turni supplementari, tuttavia, s’impose superando nella finale per la qualificazione il colombiano Mario Vanegas.

Gli azzurri erano due atleti titolati, anche se Gaiardoni aveva subito per anni una sorta di sudditanza nei confronti di Gasparella, che alla fine degli Anni Cinquanta era il campione indiscusso e a Roma godeva dei favori del pronostico. Il 25enne di Isola Vicentina, non solo aveva vinto l’oro nell’inseguimento a squadre ai Giochi di Melbourne 1956, ma per due anni consecutivi aveva tolto a Gaiardoni la possibilità di conquistare i titoli iridati nella velocità ai Mondiali di Parigi del 1958 e di Amsterdam del 1959. Due sconfitte brucianti, che sembravano aver minato psicologicamente il campione di Villafranca di Verona, che però, due settimane prima dell’inizio dei Giochi di Roma, riuscì finalmente a coronare il suo inseguimento al titolo iridato, superando in finale a Lipsia il belga Leo Sterckx.

La sfida tra i due pistard veneti, pertanto, prometteva spettacolo. Il 27 agosto fu la volta dei quarti di finale, che Gaiardoni e Gasparella superarono brillantemente, in due sole manche, superando rispettivamente il brasiliano Anésio Argenton e il francese Antoine Pellegrina.  Nelle altre due sfide il belga Sterckx superò il britannico Lloyd Binch e l’australiano Ronald Baensch ebbe la meglio sul tedesco August Rieke. Si arrivò così al grande giorno.

Nella prima semifinale Gasparella fu sconfitto a sorpresa - in tre manches - da Sterckx e così tutta la pressione gravò sulle spalle di Gaiardoni. Il ventunenne azzurro non deluse e superò Baensch al termine di tre manche: vinse la prima, cadde nella seconda, mettendo a repentaglio la sua gara - procurandosi fortunatamente solo alcune escoriazioni - e volò nella terza conquistando la sua seconda finale olimpica nel giro di quattro giorni. L’impianto era una bolgia, il pubblico non tratteneva l’emozione e l’attesa era grande per il remake della sfida iridata di un paio di settimane prima proprio tra Gaiardoni e Sterckx.

Nella prima manche l’azzurro s’impose con uno scatto bruciante a 300 metri dal traguardo, senza lasciare scampo all’avversario. Nella seconda, invece, la tattica la fece da padrona. Nella prima fase, con la tensione alle stelle, i due protagonisti sembravano studiarsi, con lo sguardo rivolto l’uno all’altro. Gaiardoni provò l’allungo, ma il belga lo superò involandosi verso il traguardo. A quel punto, l’azzurro lo raggiunse all’ultima curva e con una progressione impressionante lo superò tra le ovazioni del pubblico.

Un meraviglioso trionfo, condito dal bronzo di Gasparella, che si concluse a notte fonda in via Veneto, con gli amici Maurizio Arena e Walter Chiari, al grido: “Gaiardo! Gaiardo! Gaiardo!”.